Venosa, grazie alla vicinanza alla via Appia è sempre stata una città ricca e il parco archeologico che oggi possiamo ammirare non si risparmia in termini di opulenza e splendore: teatro, terme e domus (alcune delle quali conservano dei magnifici mosaici pavimentali) attendono il visitatore che può letteralmente immergersi in uno spaccato di agiata vita romana.
Qui, anche se i territori sono sempre stati a continuità di vita, la zona è stata gradualmente abbandonata, a partire dal basso medioevo a favore di quella che è l’attuale città di Venosa.
Poco distante ma sempre nell’area del parco archeologico troviamo un luogo che incarna questo processo di abbandono lento e progressivo: l’Abbazia della SS. Trinità che accoglie i visitatori con quattro facciate sovrapposte per dissolversi nell’incompiuto man mano che ci si muove fra le sue navate.
La parte più antica che prende il nome di chiesa vecchia è la parte concreta e tangibile dell’Abbazia ed è proprio come ce la si aspetta: a pianta romanica a tre navate, abside, cripta, a continuità di vita e quindi ricca di contaminazioni artistiche che si fondono insieme per innalzare al cielo la sua bellezza.
La sua navata centrale di ben 10 metri abbondanti di larghezza ci ricorda che nasce come basilica paleocristiana.
Prende vita nel corso del quinto secolo e viene fatta sorgere su un tempio pagano, probabilmente dedicato al dio Imene. A questo periodo appartiene la prima delle quattro facciate sovrapposte, le altre tre risalgono rispettivamente a: VII – X e XXII secolo.
Tutte le facciate sono parzialmente visibile e sono incorniciate da due leoni di pietra posti ai tue lati dell’Abbazia, cosa che rende ancora più caratteristico questo luogo.
Sul lato destro si trova la forestiera per accogliere i pellegrini il cui piano superiore è dedicato alla vita dei monaci.
Sempre appartenente al primo periodo è il battistero caratterizzato da due vasche.
Poi, ad un certo punto, dopo l’abside della chiesa vecchia: dove la pavimentazione cede il passo al manto erboso e il soffitto inesistente rende il cielo parte attiva dell’edificio, inizia quella che viene chiamata la chiesa nuova.
A differenza di molti altri luoghi di culto, dove l’abbandono o qualche evento storico segnano un’erosione quasi romantica, una cicatrice del tempo, la chiesa nuova non è mai stata finita.
L’idea di trasformare la basilica paleocristiana in una della più importante Abbazie del sud è degli Altavilla, i signori che regnano sulla zona per oltre un secolo.
Infatti è sotto le pressioni degli Altavilla che nel corso del XII secolo, i monaci benedettini che la abitano, iniziano i lavori di ampliamento.
Il nuovo progetto prevede oltre 2000 metri in più di calpestato, un ampio transetto e un coro triabsidato. Anche se, come di consuetudine, vengono utilizzati materiali di recupero provenienti proprio dal vicino sito romano, di cui abbiamo parlato. Questo progetto ha costi di realizzazione troppo elevati per i monaci, che presto esauriscono le risorse a loro disposizione.
Anche se incompiuta l’Abbazia della SS. Trinità al suo interno ospita inumazioni normanne di grande rilievo.
Vista l’incapacità da parte dei monaci benedettini che lo abitano di portare a termine i lavori in modo dignitoso, papa Bonifacio VII nel 1297 dismette il monastero e senza perdere troppo tempo lo riassegna, nel corso dello stesso anno, ai Cavalieri dell’Ordine dell’ospedale di San Giovanni di Gerusalemme (meglio noti come i Cavalieri di Malta).
Nemmeno i Cavalieri di Malta portano a compimento i lavori per la chiesa nuova ma lavorano sulla chiesa vecchia nonostante lascino l’Abbazia in favore di una sede più comoda: Palazzo Balì sito all’interno delle mura della città.
Appartengono a questo periodo (XIV-XVII sec.) gli affreschi che decorano i muri e i pilastri della chiesa, così come gli interventi sul portale e sul campanile.
È a partire dal 1897 che la sua importanza e la sua bellezza vengono finalmente riconosciute e diviene monumento nazionale.
Lavoro come grafica-creativa, illustratrice e content editor freelance.
Sono diplomata in grafica pubblicitaria e parallelamente ho studiato disegno e copia dal vero con Loredana Romeo.
Dopo il diploma ho frequentato beni culturali presso l’università di lettere e filosofia e parallelamente seguivo un corso di formatura artistica, restauro scultoreo e creazione ortesi per il trucco di scena.
A seguire l’Accademia Albertina di Belle Arti con indirizzo in grafica d’arte (che mi ha permesso di approfondire: disegno, illustrazione, incisione, fumetto).
Sono sempre stata interessata e assorbita dal mondo dell’arte in tutte le sue forme e dopo la prima personale nel 1999-2000 non ho mai smesso di interessarmi alle realtà che mi circondavano.
Nel 2007 ero co-fondatrice e presidente dell’Associazione Arte e Cultura Culturale Metamorfosi di Torino e in seguito ho continuato e continuo a collaborare con vari artisti e ad esporre.
L’amore per l’arte in tutte le sue forme, il portare avanti le credenze e le tradizioni familiari hanno fuso insieme nella mia mente in modo indissolubile: filosofia, letteratura, esoterismo, immagine e musica.