“Il blues è facile da suonare, ma difficile da provare.”
J.H.
Avrebbe compiuto 78 anni James Marshall “Jimi” Hendrix, l’indiscusso rinnovatore del rock e riformista nell’uso della chitarra elettrica. A chi, guardando una Fender Stratocaster, non viene in mente il geniale Hendrix? Jimi è ricordato come un pioniere per le future ere musicali, colui con cui ogni chitarrista ha dovuto confrontarsi, attraverso un’inimitabile fusione di R&B, blues, soul, funky e musica psichedelica. Ascoltando Hendrix ci si immerge in un mondo dove tecnica e regole non hanno più senso.
L’infanzia
Nasce a Seattle da James Allen Hendrix, di origini afro-native, e Lucille Jeter, di origine afroamericana, allora diciassettenne. Jimi non vive un’infanzia felice: il futuro pioniere nasce in un quartiere disagiato e in condizioni di povertà. All’età di nove anni vive la separazione dei genitori e viene affidato alla nonna paterna, l’unica in grado di garantirgli un po’ di stabilità. Nel 1958 la madre dell’allora quindicenne Jimi, muore. L’anno dopo, verrà espulso da scuola (probabilmente per motivi razziali).
La prima chitarra da mancino
In quegli anni travagliati Jimi riceve in regalo la sua prima chitarra elettrica, una Supro Ozark modello 1560, ma c’è un piccolo problema: la chitarra è per destrorsi, Jimi è mancino. La soluzione starà nel capovolgere la chitarra ed invertire il fissaggio della tracolla e le corde. Questa sarà una delle sue più grandi peculiarità, che avrà delle conseguenze non solo a livello pratico, ma anche sonoro: infatti rovesciando il lato della chitarra, la leva del vibrato e diversi potenziometri del tono e volume si ritrovano sopra le corde; in più le corde invertite fanno sì che nelle corde basse il timbro sia più chiaro, mentre nelle corde alte il suono più corposo. In questo modo la sua sperimentazione di suoni e la rivoluzione dell’uso della chitarra è senza fine.
Hendrix ed il successo
Dopo essere stato arrestato per furto d’auto, presta servizio militare come paracadutista nel 1961 e, terminato solo dopo otto settimane, riprende in mano il suo strumento. Nello stesso anno forma il suo primo gruppo musicale, i King Kasuals, iniziando a farsi conoscere soprattutto nei locali della zona di Jefferson Street, il cuore della comunità afroamericana di Nashville. In questi anni Jimi continua la sua ricerca sonora, sperimenta, fonde elementi rock, psichedelica e blues, fa largo uso del wah wah, di feedback e distorsioni. Il 1966 è l’anno di svolta per Hendrix, l’inizio della sua ascesa: una sera conosce Linda Keith, la fidanzata del tempo di Keith Richards, che lo presentò a Chas Chandler, allora bassista degli Animals. Chas rimane talmente affascinato dallo stile innovativo e allo stesso tempo aggressivo della rivisitazione del brano Hey Joe di Billy Roberts che lo convince a trasferirsi a Londra. Forma così il suo power trio: la Jimi Hendrix Experience con il furioso Mitch Mitchell alla batteria e il poliedrico Noel Redding al basso. I tre danno vita a un passaggio di voce senza precedenti tra gli artisti e i gruppi che animavano la scena in quegli anni, lasciando letteralmente di stucco artisti affermati come gli Who, Eric Clapton e Jeff Beck. Gli idoli di Hendrix volevano assolutamente conoscerlo!
Performance memorabili
Sono due le esibizioni entrate nell’ immaginario collettivo: nel giugno 1967, nel terzo giorno del Festival di Monterey, in cui tra gli altri, si esibirono gli Animals, Simon and Gurfunkel, i Byrds, gli Who, Jimi chiude la sua performance dando fuoco sul palco alla sua Fender Stratocaster. Lo rifarà in diverse occasioni.
Poco dopo dirà “Fu come un sacrificio. Si sacrificano le cose che si amano. E io amo la mia chitarra.”
Rimane poi nella memoria il suo inno rivoluzionario al Festival di Woodstock, simbolo degli agitati anni ’60, il 18 Agosto 1969. Nel palco Jimi propone una sua interpretazione dell’inno degli Stati Uniti, “The Star-Spangled Banner”. Un aggressivo pezzo di chitarra composto nell’inizio e nella fine di distorsioni, effetti simili a fischi, e nell’intermezzo un assolo che vuole imitare rumori bellici (nel 1969 siamo nel pieno della Guerra in Vietnam). Il pezzo diventerà il simbolo indiscusso di Woodstock.
Una figura eccentrica, un talento spietato, la cui vita si conclude all’età di 27 anni il 18 settembre 1970 in un hotel di Notting Hill a Londra, a quanto pare dopo un cocktail letale di alcol e barbiturici, entrando a far parte in quello che anni più tardi verrà chiamato Club 27.
Jimi nel 1992 è stato introdotto nella Rock and Roll Hall of Fame. Secondo la classifica stilata dalla rivista Rolling Stone nel 2011, è stato il più grande chitarrista di tutti i tempi: detiene infatti il primo posto nella lista dei 100 migliori chitarristi, precedendo Eric Clapton e Jimmy Page.