lettera

La storia della lettera su Donatello

Condividi su

E fu così che il 19 giugno 1434 tal Matteo degli Organi, mentre era a Firenze, decise di accontentare il suo amico Donatello e di scrivere agli Operai del Sacro Cingolo. Della lettera su Donatello si erano perse le tracce negli anni, centinaia di anni, fino a oggi, quando da archivi pubblici e collezionisti pubblici abbiamo potuto leggerla. Eccovi allora la storia della Lettera del 1434 su Donatello.

Perché è importante

La lettera su Donatello fa parte di una categoria ben precisa di documenti storici, che ci danno informazioni di prima mano su come si svolgeva la vita degli artisti nel loro tempo. Non le condizioni ricostruite dagli storici o le valutazioni postume dei critici, ma ci permette di capire come parlavano, dello stile e delle abitudini di quell’epoca. Non per ultimo, anche dei problemi che i grandi artitisti di oggi avevano durante la loro vita.

L’antefatto

lettera

Fonte foto: diocesiprato.it

I miti cristiani sono molto più complesse e articolate di quanto abbiamo imparato durante catechismo o durante le messe e, appunto, la sacra cintola è una di esse. Si dice che quando la Vergine Maria morì, san Tommaso era in India e quindi non poteva né averne notizia, né partecipare alla sepoltura. Allora venne miracolosamente portato sul Monte degli Ulivi e lì vide la Vergine dentro una luminosissima nube mentre veniva assunta in Cielo.

Dallo stupore la invocò, e la Madonna gli gettò la propria cintura, in segno di benevolenza e a testimonianza dell’evento miracoloso: la sacra cintola. Nei secoli la reliquia arrivò alla diocesi di Prato che si apprestò a valorizzarne il valore Sacro esponendola al pubblico. Ma non poteva essere esposta in un posto qualunque, noto e consono al pubblico. Occorreva qualcosa di maestoso, di nuovo e di importante. Un pulpito. Un pulpito che venne commissionato a Firenze, ornato da un tal Donatello. Il resto è storia.

Matteo e Donatello

Matteo degli Organi era molto famoso ai tempi. Il suo nome era Matteo di Pagolo da Prato, che fa gli organi. Mi fanno impazzire i nomi di quei tempi: è come se mi firmassi: Antonio di Cesare da Colletorto, che scrive articoli su Hermes. Tornando alla vicenda, Matteo era molto famoso, apprezzato e incaricato di costruire gli organi del Battistero di San Giovanni di Firenze, quello della chiesa dei Servi di Pistoia, fino a quello della basilica della Santissima Annunziata di Firenze. Era un artigiano capace e con una certa reputazione e quindi la sua parola aveva un certo peso.

Gli artisti noi li vediamo come essere solitari che si ergono sul mondo in cui vivono, ma in realtà sono solo operati ingegnosi e talentuosi intrisi degli umori propri della poca epoca, e che si incontravano con i pochi capaci di capirli, con i quali avevano qualcosa in comune, sia essa l’arte, o i problemi di denaro. Eccoli allora che mi immagino il nostro Matteo degli organi e Donatello, intenti a mangiare e bere in osteria. Mi pare di sentirlo Donatello che si vanta delle proprie opere e si lamenta dei problemi. Un aiutante incapace, un fornitore in ritardo, i creditori avidi.

Ecco lì, la radice di tutti i mali: il denaro. Poteva Matteo fare un favore e scrivere ai committenti una lettera su Donatello mettendoci una buona parola, e magari anche la richiesta per un piccolo anticipo?

Dettaglio dell'opera di Donatello

Fonte foto: archeome.it

La lettera

Mai si vide simile storia” disse Matteo a proposito del pulpito di Donatello. E in quale stato di grazia di trova l’artista a proseguire il lavoro. Certo avrebbe bisogno di un incoraggiamento, “qualche danaio” per affrontare le prossime feste di San Giovanni. Non una somma di valore, Il Donatello uomo è “di piccolo pasto”, si accontenta di poco. L’artista, invece, un maestro come pochi, ha bisogno che si senta riconosciuto per garantire che l’opera termini al meglio, come è iniziata. Sarebbe bello leggere la risposta.

Fonte foto: ansa.it

Condividi su