Sardegna: il culto dell'acqua, la Dea Madre e il matriarcato

Sardegna: il culto dell’acqua, la Dea Madre e il matriarcato

La storia della Sardegna è dominata da miti e leggende: storie incredibili di uomini giganteschi, navigatori insuperabili e soldati invincibili, simbologia ricca di significati.

I ritrovamenti archeologici sono la prova di quanto il periodo nuragico (1800 a.C.- II secolo d.C.) sia stato uno dei più fiorenti nell’ambito architettonico e religioso. Relativamente da poco si è iniziato a prestare maggiore attenzione a questa terra che è custode di centoventi siti preistorici, oltre settemila Nuraghi, ottocento Tombe dei Giganti, più di cinquanta pozzi sacri (con annessi i tempietti a megaron, ancora poco conosciuti) disseminati in tutto il territorio. La Sardegna insomma, oltre a possedere alcune delle migliori spiagge del mondo, è considerata la culla della cultura del mediterraneo, con una storia millenaria che è riuscita fortunatamente a conservare fino ai nostri giorni.

Il matriarcato

A livello sociologico e antropologico la Sardegna ci regala particolari interessanti, quali il matriarcato che ha dominato la storia nuragica e post-nuragica. Grazie ai recenti ritrovamenti archeologici si è giunti alla conclusione di quanto fu persistente e imponente lo sviluppo di una civiltà matriarcale. La donna rappresentava l’autorità all’interno della comunità, era suo il compito dell’organizzazione sociale e le era riconosciuto il ruolo di capo-famiglia mentre all’uomo spettavano le classiche funzioni di sussistenza come l’approvvigionamento, la caccia. La sacralità del principio femminile è testimoniata dai ritrovamenti di piccole statue raffiguranti donne dal seno prosperoso, tantissime rappresentazioni della Dea Madre, ma ancora più importante, questa sacralità va a intrecciarsi col culto dell’acqua, considerata padrona di poteri taumaturgici. L’acqua sorgiva che rende fiorente la Terra: da ciò, la cinquantina di pozzi sacri sparsi sul tutto il territorio.

L’acqua era esaltata in pozzi la cui forma ricorda proprio l’organo femminile da cui ha origine la vita.

La civiltà matriarcale venerava la Dea Madre, genitrice e nutrice, che trasmette la vita a umani, animali e piante.

La donna era considerata come la rivelazione dell’energia vitale, che partoriva e generava la vita mentre l’uomo non aveva alcun ruolo in questo universo divino (ancora non vi erano prove di come il concepimento avvenisse grazie all’unione di uomo e donna).

La vita allora cresceva nel grembo della donna e solo lei poteva nutrire la nuova vita con il latte del suo seno.

Uno dei più importanti pozzi sacri è il santuario nuragico di Santa Cristina (chiamato Pozzo di Santa Cristina) situato nel territorio del comune di Paulilatino, in provincia di Oristano. Tagliato nella pietra basaltica nel primo millennio avanti Cristo.

Considerate le sue acque sotterranee miracolose, il pozzo si forma su una scala triangolare di venticinque gradini che porta al pozzo circolare per poi ritrovarsi in una camera alta sette metri in cui un oculo fa sì che la luce della luna ammali lo specchio d’acqua.

Ogni diciotto anni e sei mesi la luna scende esattamente in perpendicolare nel suo tempio. Torna poi ogni anno durante il plenilunio invernale, dando la possibilità di misurare il mese lunare.

In conclusione, la bellezza della Sardegna non si misura solamente nei suoi mari e paesaggi, né sulla sua natura incontaminata, ma nella miracolosa conservazione della cultura millenaria, delle tradizioni e dei suoi patrimoni di pietra, pezzi di storia ancora da capire e assaporare.