Notre Dame de Paris, opera eccelsa, la conosciamo tutti sia di nome che di fama, eppure se partiamo dalla fine probabilmente giungerà al lettore qualcosa di nuovo.
Il matrimonio di Quasimodo
“Circa due anni o diciotto mesi dopo gli avvenimenti che concludono questa storia, quando vennero a cercare nella cantina di Montfaucon il cadavere di Olivier le Daim, che era stato impiccato due giorni prima […] trovarono tra tutte quelle orribili carcasse due scheletri, uno dei quali abbracciava singolarmente l’altro. Uno di quegli scheletri, che era quello di una donna, era ancora coperto da qualche lembo di una veste di stoffa che era stata bianca, ed era visibile attorno al suo collo una collana di Adrézarach con un sacchettino di seta, ornato di perline verdi, che era aperto e vuoto. […] L’altro, che abbracciava stretto questo, era lo scheletro di un uomo. Notarono che aveva la colonna vertebrale deviata, la testa incassata tra le scapole e una gamba più corta dell’altra. […] Quando fecero per staccarlo dallo scheletro che abbracciava, cadde in polvere.”
Quasimodo e Esmeralda. Fonte foto: Wikipedia
Notre Dame de Paris
Si tratta di un romanzo storico che Victor Hugo pubblica quando ha solo 28 anni, nel 1831, uno dei romanzi cardine della letteratura romantica. Nonostante il taglio storico, il romanzo ha una forte componente gotica, infatti per i parigini Quasimodo rappresenta il demonio stesso in forma umana che aspetta di prendere l’anima dello stregone Claude Frollo, mentre gli abitanti della Corte dei Miracoli vengono visti come adoratori del diavolo e le zingare tutte streghe che vanno al Sabba. La stessa architettura descritta in modo tanto attento dall’autore, esalta l’atmosfera che viene creandosi durante la lettura. Questo però non deve farci dimenticare che si tratta effettivamente di un romanzo storico di lettura non esattamente semplice. Non è possibile avvicinarsi a questo testo con leggerezza, in quanto farlo significherebbe non arrivare alla fine. Spesso Hugo si perde in spiegazioni così dettagliate che se non si ama la tragedia al punto tale da scalare con Quasimodo le pareti della cattedrale, la voglia di proseguire nella lettura può facilmente vacillare. Eppure perseverare ne vale davvero la pena, perché come spesso accade tutti gli adattamenti si sono lasciati indietro parti indispensabili alla lettura del romanzo. Cosa? Vediamolo insieme
L’egiziana
La giovane, che presso La Corte dei Miracoli è conosciuta come l’Esmeralda, non è egiziana e non si chiama Esmeralda. Il vero nome di questa ragazza di sedici anni è Agnes e non ha affatto gli occhi verdi ma così scuri da non poterli distinguere dalle pupille. Il soprannome le viene dato per via di quel sacchettino di seta ornato da pietre verdi del quale avete letto nella citazione. All’interno c’è una delle scarpette della sua prima infanzia. Si tratta di una ragazza francese strappata alla madre da dei nomadi andalusi quando aveva appena un anno. Per il re della corte, il ben noto Clopin è come una sorella minore. Per il vigliacco poeta Gringoire, è la sua salvatrice alla quale però non pensa di dovere nulla. Attenzione, perché per Febo non è che un passatempo, un diversivo fra tante altre che fungono da diversivo. Fra la ragazza e il ben poco nobile capitano delle guardie, non succede nulla di concreto: l’Esmeralda conserva la sua verginità per tutto il corso della sua brevissima vita.
La madre
L’Esmeralda vive nell’attesa di ritrovare la sua famiglia. Questo perché le viene predetto da una zingara che mantenendosi illibata presto o tardi avrebbe incontrato sua madre. Personaggio al quale non è mai stato dato il giusto spazio nelle varie rappresentazioni dell’opera. La madre, una donna di vita conosciuta come la Chantefleurie, dopo il rapimento della figlia scompare. Tutti credono che si sia tolta la vita. Lei cammina fino a Parigi tenendo la scarpetta della figlia stretta tra le mani. Qui sceglie di recludersi in una delle celle dedicate alla clausura volontaria e ci rimane per quindici anni, fino al momento in cui lei e Agnes si ritrovano.
I due Frollo
Ci sono poi due Frollo, il giovane J. Frollo e il famoso arcidiacono Claude Frollo. La simbologia intorno a queste due figure è davvero molto ricca, come del resto tutta l’opera. Jean Frollo è il giovane rampollo adottato dal fratello Claude con la speranza che portasse avanti il buon nome della famiglia. L’indole del ragazzo però è profondamente diversa e quando arriva il momento di scegliere del suo futuro lui si fa accattone. Non ha nessun apparente motivo eppure si butta a capofitto in questa vita proprio la notte dell’assalto alla Cattedrale. Entrambi i Frollo perdono la vita in modo simile, entrambi vengono uccisi da Quasimodo, entrambi volando, per così dire, da Notre Dame. Il giovane Frollo viene letteralmente scagliato lontano, come se fosse stato un giavellotto. L’arcidiacono viene spinto giù. Quest’ultimo rimane aggrappato alla vita ma è la vita a non voler più restare aggrappata a lui. Le due figure rappresentano rispettivamente il folle ed il mago.
Quasimodo
Claude Frollo adotta spontaneamente Quasimodo quando questi ha circa quattro anni, nessuno sa da dove arrivi e c’è chi pensa non si tratti nemmeno di un essere umano. Frollo lo adotta per pena poiché nessuno lo vuole. Quasimodo si muove a suo piacimento, sia dentro che fuori Notre Dame. Ad imprigionarlo sono le sue menomazioni fisiche e dalla sordità causata dal lavoro di campanaro.
Lo specchio di una società
Nessun demonio reale è presente fra queste pagine ma tutti i personaggi combattono il proprio demone interiore. Questa battaglia avviene in uno scenario sociale fatto di folle, caratteristica tipica della scrittura di Hugo, dove egoismo e indifferenza la fanno da padroni. Quasimodo deve lottare con il suo aspetto che impedisce di vedere la sua dedizione cieca verso chi ama, la sua sordità gli fa combattere battaglie sbagliate e questo esilio dalla realtà offusca il suo lato buono. Nonostante questo è l’unico personaggio infatuato di Esmeralda a desiderare il bene della piccola orfana. Claude Frollo deve combattere con il fatto di non essere immune all’innamoramento e cade miseramente su questa sua mancanza che lo porta a distruggere la persona amata solo perché non può averla. E poi c’è lei, Esmeralda che deve combattere contro tutto perché si innamora di una persona che vuole solo approfittare della sua ingenuità e del suo amore. Ci sono poi ben tre personaggi che dovrebbero combattere con la propria pochezza ma che nemmeno se ne rendono conto: Febo, Gringoire e J. Frollo.
Colpevole
Esmeralda si trova ad essere il capro espiatorio di tutti. Lei che prima viene adorata in città per la sua freschezza non trova soccorso in nessuno dei passanti perché è meglio guardare un’esecuzione che salvare una vita. Claude Frollo vede in lei la più grande prova inviata dal demonio. Gringoire, siccome Esmeralda lo sposa per salvarlo ma non gli da nulla più dell’amicizia, se ne libera portandole via la sua preziosa capretta e lasciandola nelle mani di Frollo. Febo non testimonia per dire di essere stato accoltellato da un uomo incappucciato, questo perché se la zingara muore la sua tentata scappatella muore con lei. L’arcidiacono, il soldato e il poeta: tre vite salvate in cambio di quella di una ragazza strega e zingara. A tentare di difendere davvero l’innocenza, rappresentata da Esmeralda sono la madre della ragazza, Quasimodo e Clopin, ovvero: la prostituta reclusa, l’orfano deforme e il re dei nomadi andalusi. Muoiono tutti, compresi tutti i membri della Corte dei Miracoli. Muoiono perché il re di Francia li vuole morti e a nessuno importa se questa tipologia di gente cessa di esistere da un momento all’altro.
L’architettura
Gli unici a rimanere in piedi con dignità sono la chiesa e gli edifici che hanno ospitato questa sfilata di abomini umani. Di quei pochi che sembrano mostri e che invece non lo sono e di quei molti animi mostruosi ben vestiti e con vite rispettabili.
Lavoro come grafica-creativa, illustratrice e content editor freelance.
Sono diplomata in grafica pubblicitaria e parallelamente ho studiato disegno e copia dal vero con Loredana Romeo.
Dopo il diploma ho frequentato beni culturali presso l’università di lettere e filosofia e parallelamente seguivo un corso di formatura artistica, restauro scultoreo e creazione ortesi per il trucco di scena.
A seguire l’Accademia Albertina di Belle Arti con indirizzo in grafica d’arte (che mi ha permesso di approfondire: disegno, illustrazione, incisione, fumetto).
Sono sempre stata interessata e assorbita dal mondo dell’arte in tutte le sue forme e dopo la prima personale nel 1999-2000 non ho mai smesso di interessarmi alle realtà che mi circondavano.
Nel 2007 ero co-fondatrice e presidente dell’Associazione Arte e Cultura Culturale Metamorfosi di Torino e in seguito ho continuato e continuo a collaborare con vari artisti e ad esporre.
L’amore per l’arte in tutte le sue forme, il portare avanti le credenze e le tradizioni familiari hanno fuso insieme nella mia mente in modo indissolubile: filosofia, letteratura, esoterismo, immagine e musica.