Un teatro storico, costruito da una iniziativa privata di Giovanni Matteo Tommasini, tra il 1798 e il 1801, per dotare la città di Trieste di uno spazio adeguato alle grandi rappresentazioni di opere liriche. Nel corso della sua storia ha cambiato diverse denominazioni: fu inizialmente “Teatro Nuovo” per poi essere “Teatro Grande”, e “Teatro Comunale”, quando il comune di Trieste lo acquistò; infine “Teatro Lirico Comunale Giuseppe Verdi” l’odierna denominazione dal 1901.
La progettazione della struttura è stata inizialmente affidata a Giannantonio Selva che realizzò anche il più famoso teatro della Fenice di Venezia, di cui rimane l’impianto degli interni, mentre l‘architetto Matteo Pertsch si incaricherà della realizzazione della facciata, che richiama l’entrata della Scala di Milano, perché il Pertsch fu allievo di Giuseppe Piermarini, progettista del teatro milanese, di cui seguirà le impronte stilistiche.
La configurazione degli interni è quella a curva, classica del teatro d’opera ottocentesco, con platea centrale e quattro ordini di palchi sormontati dal loggione superiore. Esiste anche, nel ridotto, decorato con colonne e stucchi, una bellissima sala da ballo oggi anche adibita a sala d’ascolto per rappresentazioni di piccole orchestre o complessi strumentali di musica da camera.
L’identità mitteleuropea
Un’eccellente acustica riflette la cura dei progettisti nella realizzazione dell’edificio teatrale, che permette ad ogni ordini di posti di avere un ascolto ottimale. Fino dalla sua nascita il teatro ha rappresentato l’identità culturale, cosmopolita e nel contempo italiana di una città di confine come Trieste. Sin dall’inaugurazione ha ospitato molte opere di compositori mitteleuropei in una intensa attività che ha visto al suo interno rappresentazioni di melodrammi e commedie dei principali nomi della scena musicale. Rossini, Donizetti, Bellini e lo stesso Verdi hanno solcato le sale triestine. In particolare il compositore parmense ha scritto due opere per il Teatro Nuovo: “Il Corsaro” e “Stiffelio” ; di quest’ultima rappresentazione Verdi curò personalmente l’assetto e ne diresse l’orchestra.
Ultimamente il teatro vanta una ricca stagione di attività lirica, sinfonica e di balletto ed è conosciuto per il Festival Internazionale dell’Operetta che qui si è tenuto annualmente dal 1950 al 2011.
Dopo aver seguito studi artistici si interessa appassionatamente ad approfondire i meccanismi e l’evolversi della storia dell’arte contemporanea.
Proprio in qualità di critico d’arte e corrispondente, negli anni ’80 e ’90, ha firmato saggi e recensioni per alcuni dei maggiori periodici del settore, tra i quali: Terzoocchio delle edizioni Bora di Bologna, Flash Art di Milano Julier di Trieste ed il genovese ExArte .
Inoltre affiancherà attivamente come consulente la famosa galleria d’Arte avanguardistica Fluxia durante tutto il periodo della sua esistenza.
Ha partecipato all’organizzazione di numerosi eventi, tra i quali l’anniversario del centenario dell’Istituto d’Arte di Chiavari e la commemorazione del trentennale della morte del poeta Camillo Sbarbaro a S. Margherita L.
Nel 2010 pubblica il suo primo romanzo: “La strana faccenda di via Beatrice D’Este”, un giallo fantasioso e “intimista”.
Nel 2018 pubblica il fantasy storico “Tiwanaku La Leggenda” ispirato alla storia ed alle leggende delle Ande pre-incaiche.
Attualmente collabora con alcuni blog e riviste on-line come “Chili di libri, “Accademia della scrittura”,
“Emozioni imperfette”, “L’artefatto”,” Read il magazine” e “Hermes Magazine” occupandosi ancora di critica d’arte e di recensioni letterarie.