Uno dei più importanti monumenti romanici presenti in Sardegna è la bellissima Basilica di Saccargia nell’entroterra sassarese. L’edificio sacro è ciò che rimane di un più vasto complesso monastico eretto tra il XI e gli inizi del XII secolo. La piana che ospita il sito nel comune di Codrongianus, nella parte a nord ovest dell’isola, vanta però ben più antiche tracce di insediamenti e di culti ancestrali, anche risalenti all’epoca preistorica.
L’aspetto attuale del monumento ha subito vari rimaneggiamenti nel corso dei secoli, ma l’impianto e la struttura a croce commissa, cioè a navata unica terminante con una tre cappelle absidali a formare un transetto a “T”, risalgono ancora alla costruzione originaria in stile Romanico.
Il longilineo campanile a pianta quadrata che svetta a settentrione, il monastero e il chiostro che erano attigui alla chiesa nella parte sud della radura, vennero invece edificati in una seconda fase, così come l’ampio pronao a portico antistante la facciata, con i capitelli delle colonne decorati in bassorilievo.
Fonte foto: buongiornoalghero.it
Il nome
Da sempre l’area dove sorge la Basilica è stata considerata sacra. Da qui il nome Sacraria poi dialettizzato in Saccargia, anche se la leggenda né vuole invece l’origine dal sardo logudorese “s’acca argia”: “la vacca pezzata”, quella che, si racconta, dai pascoli circostanti, giungeva ogni giorno presso il monastero per offrire il suo latte ai frati, inginocchiandosi in segno di preghiera.
La storia e lo stile
Fonte foto: buongiornoalghero.it
La chiesa e l’abazia furono voluti dal giudice Costantino I Torres nel 1116, per adempiere un voto fatto per avere un figlio. L’edificazione, sui resti di un santuario preesistente, fu affidata a maestranze pisane che adottarono i metodi costruttivi tipici dell’epoca. Le alternanze di bande di pietra bianca calcarea e nere in basalto, costituiscono il ritmo bicolore tipico dell’architettura romanica e sono la struttura portante di tutto il complesso lungo quasi trenta metri e largo sette.
I monaci Benedettini Camandolesi, un ordine monastico fondato da San Romualdo che coniugava la tradizione orientale dell’ascetismo a quella comunitaria occidentale, ai quali fu affidata la basilica, fecero in seguito affrescare l’abside centrale con storie della vita del Cristo da un artista rimasto ignoto, che però ha realizzato l’unico esempio presente oggi in Sardegna di affresco murale romanico rimasto in ottimo stato di conservazione.
Dopo aver seguito studi artistici si interessa appassionatamente ad approfondire i meccanismi e l’evolversi della storia dell’arte contemporanea.
Proprio in qualità di critico d’arte e corrispondente, negli anni ’80 e ’90, ha firmato saggi e recensioni per alcuni dei maggiori periodici del settore, tra i quali: Terzoocchio delle edizioni Bora di Bologna, Flash Art di Milano Julier di Trieste ed il genovese ExArte .
Inoltre affiancherà attivamente come consulente la famosa galleria d’Arte avanguardistica Fluxia durante tutto il periodo della sua esistenza.
Ha partecipato all’organizzazione di numerosi eventi, tra i quali l’anniversario del centenario dell’Istituto d’Arte di Chiavari e la commemorazione del trentennale della morte del poeta Camillo Sbarbaro a S. Margherita L.
Nel 2010 pubblica il suo primo romanzo: “La strana faccenda di via Beatrice D’Este”, un giallo fantasioso e “intimista”.
Nel 2018 pubblica il fantasy storico “Tiwanaku La Leggenda” ispirato alla storia ed alle leggende delle Ande pre-incaiche.
Attualmente collabora con alcuni blog e riviste on-line come “Chili di libri, “Accademia della scrittura”,
“Emozioni imperfette”, “L’artefatto”,” Read il magazine” e “Hermes Magazine” occupandosi ancora di critica d’arte e di recensioni letterarie.