Giosuè Carducci nasceva oggi

Giosuè Carducci nasceva oggi

Giosuè Carducci, all’anagrafe Giosuè Alessandro Giuseppe Carducci, nasce a Valdicastello, frazione di Pietrasanta in provincia di Lucca, il 27 luglio 1835. È uno scrittore, poeta e critico letterario che ha dato lustro al nostro Paese essendo stato anche il primo italiano a ricevere il Premio Nobel per la Letteratura nel 1906.

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Fonte foto: cultura.biografieonline.it

La famiglia

Giosuè Carducci è figlio di Michele, un leopoldino conservatore studente di medicina a Pisa. Un uomo irascibile e molto interessato alla politica, rivoluzionario seguace di Mazzini e, per questo, arrestato e imprigionato a Volterra dove conosce Ildegonda Celli, figlia di un orefice fiorentino caduto in disgrazia. Al termine del confino sposa la Celli e si stabilisce a Valdicastello. Giosuè è il loro primo figlio e fin da piccolo mostra le caratteristiche che lo accompagneranno sempre: ribelle, selvatico e amante della natura. Egli stesso racconta che a soli tre anni:

«Io con una bambina dell’età mia… a un tratto ci si scoperse una bodda (ndr. animale simile al rospo). Grandi ammirazioni ed esclamazioni di noi due creature nuove su quell’antica creatura… un grave signore si fece sull’uscio a sgridarmi… Io, brandendo la fune, come fosse un flagello, me gli feci incontro gridandogli: Via, via, brutto te! D’allora in poi ho risposto sempre così ad ogni autorità che sia venuta ad ammonirmi, con un libro in mano e un sottinteso in corpo, a nome della morale.»

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Fonte foto: www.visittuscany.com

L’infanzia

La famiglia si trasferisce, dopo la nascita del primogenito, prima a Seravezza, dove nasce Dante, e poi a Bolgheri ove il padre ottiene una condotta nel feudo della Gherardesca. Giosuè ama gli animali e tiene in casa una civetta, un falco e un lupo. Ma il padre decide di uccidere il falco e regalare il lupo a conoscenti causandogli un dolore tale che Giosuè vaga per ore nei boschi in lacrime. In seguito soffre di febbri che, sempre il padre, decide di curargli con dosi massicce di chinino.

«Il chinino ingoiato gli lasciò straordinarie visioni. Originò da quella violenta cura l’impressionabilità della sua fantasia sensibilissima e quella irrequietezza che pareva a volte spasimo della sua psiche».

I primi studi

Durante la cura delle febbri inizia le sue prime letture che spaziano dalla Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso, all’Eneide di Virgilio e all’Odissea di Omero. A Bolgheri non è possibile per la famiglia farlo andare a scuola così riceve  lezioni di latino dal parroco e, di sera, dallo stesso padre. Giosuè ama da subito quella lingua. Nel 1849 si trasferiscono a Firenze dove finalmente può iniziare a frequentare la scuola. Qui conosce anche Elvira Menicucci che diverrà sua moglie. Si dedica allo studio anima e corpo e consegue la laurea in Filosofia e Filologia. In seguito inizia ad insegnare retorica al Ginnasio di San Miniato al Tedesco. Fonda la Società degli Amici Pedanti avente lo scopo di difendere la tradizione letteraria italiana contro il sentimentalismo tardo romantico e le propensioni verso gli autori stranieri.

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Fonte foto: it.wikipedia.org

L’ultimo dei romantici e dei classicisti

Carducci è il più grande poeta di fine Ottocento. Secondo lui la poesia italiana di quel periodo era messa in ombra dalle opere dei grandi poeti stranieri e si impegna per riportarla agli antichi splendori. La via da percorrere secondo lui è l’educare moralmente attraverso l’arte. Nei suoi scritti si ispira alla tradizione greca, romana e al Rinascimento italiano arrivando ad ottenere una poesia alta e solenne ma, al contempo, famigliare e ricca di sentimenti delicati che lasciano trasparire affetti e sofferenze. È l’esponente della reazione classicista che si sviluppa in Italia diversamente dal resto d’Europa che vede nascere la poesia simbolista.

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Le opere

Nel 1857 pubblica la prima edizione delle Rime che dedica a Leopardi, da lui tanto amato e a cui si ispira per trattare argomenti quali la natura e la giovinezza. Nel 1860 ottiene la cattedra di Eloquenza Italiana all’Università di Bologna che mantiene fino al 1904 quando è sostituito da Giovanni Pascoli. Svolge con molto rigore il suo lavoro di insegnante senza trascurare i suoi impegni legati alle collaborazioni editoriali e con la scrittura di poesie.

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I grandi dolori

Nel 1870 perde la madre e il secondogenito Dante e questo lo porta ad un drastico cambiamento nei suoi scritti nei quali inizia a meditare sulla morte, facendo bilanci sugli anni passati e interrogandosi su quelli a venire. È di questo periodo Pianto antico, una delle sue poesie più famose scritta, appunto, in memoria del figlio.

Ottiene la piena affermazione, anche a livello europeo, come maestro e critico dopo la pubblicazione del volume Poesie nel 1871. Nello stesso anno inizia un colloquio epistolare con Carolina Cristofori Piva che è ricordato tra i più celebri dell’800. Questa relazione, principalmente epistolare e idilliaca, arricchisce gli scritti di Carducci di una nuova intensità sentimentale. Molti suoi scritti di questo periodo vengono inseriti nella raccolta Odi barbare, la sua opera più importante e significativa.

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La forza di rialzarsi

Gli ultimi scritti del Carducci manifestano in tutta la sua complessità il rapporto del poeta con la natura, evocando atmosfere cupe e talora avvolte dalla nebbia ad esprimere scenari malinconici. In qualche modo le opere di Carducci si ricollegano a quelle del Pascoli, anch’egli provato da lutti famigliari. Carducci riesce però a trovare la forza per rialzarsi e per vivere anche per coloro che non avevano più potuto farlo. Questa sua forza basata sull’amore per le persone che ha perso e che si ritrova ancora oggi leggendo i suoi testi gli valse, primo italiano, il Nobel per la Letteratura nel 1906.

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Fonte foto: wikipedia.org

La poesia del Carducci ha accompagnato il riscatto del popolo italiano per quasi trent’anni riproponendo il grande mito del Rinascimento e ponendo la tolleranza del passato come unica base su cui poggiare la comprensione e il miglioramento del presente.