Catherine Opie, nella sua ultima serie “Walls, Windows and Blood”, in mostra dal 12 settembre al 2 dicembre 2023 alla Thomas Dane Gallery di Napoli, ha rivolto l’attenzione ai Musei Vaticani, dove ha svolto una residenza d’artista di sei settimane, durante periodo del lockdown.
L’artista ha avuto la possibilità di accedere con una certa frequenza negli spazi istituzionali del Vaticano, in assoluto silenzio per l’assenteismo da pandemia. Ha avuto l’opportunità di studiare a fondo l’edificio, la sua arte e la sua architettura.
Con l’utilizzo di fotocamere e telecamere “tradizionali, Opie ha accuratamente osservato i palazzi del Vaticano, fotografando Musei e mura di confine. Le immagini sono state scattate durante la sua residenza a Roma presso l’American Academy nell’estate del 2021 e raffigurano l’architettura del Vaticano e i dipinti allestiti alle pareti del suo museo. Le mura del Vaticano stesso sono ripide e formidabili, una fortezza impenetrabile. Le finestre sono coperte da persiane velate e intricati elementi metallici che impediscono al mondo esterno di guardare dentro. Il sangue gocciola dall’iconografia di Gesù sulla croce, i santi vengono pugnalati e persino i bambini non vengono risparmiati da macabri atti di tortura.
“Ho visitato il museo e ho fotografato, con tre diverse fotocamere, ogni frammento di sangue che ho trovato”, afferma Opie.
Tra denuncia e ammirazione, le opere di Opie catturano l’attenzione del pubblico attraverso una profonda esplorazione della genealogia del potere pontificio, discutendo il senso del Cattolicesimo e il suo impatto, perpetuato nei secoli, sulla società e sulle pratiche artistiche.
Fonte foto: Thomas Dane Gallery
Come viene presentata “Walls,Windows and Blood”?
Catherine Opie suddivide la mostra focalizzandosi principalmente sui tre elementi che hanno catturato il suo sguardo nel periodo di residenza;
Walls: la mostra ospita sette fotografie-sculture accostate alle colonne dell’atrio e sostenute da piccoli piedistalli in marmo rosa-rosso, evidente richiamo agli altari e alle colonne presenti nelle chiese romane. Le sette fotografie, imitando l’occhio delle telecamere di sorveglianza ritratte negli scatti, rappresentano le architetture e le strutture di potere e di controllo della sede pontificia e della religione in generale.
Fonte foto: Studio International
Windows: sono fotografie estremamente poetiche che ritraggono le finestre del Vaticano, scatti che riassumono un sapiente equilibrio tra opacità e trasparenza, tra nitidezza della forma architettonica e ipocrisia ed ambiguità del contenuto culturale.
Blood: per le opere disposte in serie di Blood, Opie ha fotografato e ingrandito ogni dettaglio di sangue, ferite, lacrime dei dipinti e degli arazzi della collezione dei Musei Vaticani racchiudendoli in una griglia. Il dolore che trapela da queste immagini è per l’artista la testimonianza delle violente storie radicate all’interno della Chiesa.
Fonte foto: Thomas Dane Gallery
Intento dell’artista; decostruire le vicende bibliche e storiche legate alla tradizione cattolica per riconfigurare innovative simbologie più vicine al sentire contemporaneo.
“Ogni componente è intenzionalmente separato” afferma, “affinché chiunque possa scegliere un sistema diverso, una storia diversa, se lo desidera”.
La mostra si conclude con “No Apology”, dedicata alla congregazione domenicale del 5 giungo 2021. In quel particolare giorno, la Chiesa ha per la prima volta ha riconosciuto i corpi dei 75 bambini indigeni assassinati e trovati in fosse comuni in Canada, morti dopo aver subito abusi nelle scuole residenziali gestite dalla Chiesa e finanziate dal governo.
“Come puoi parlare di Dio e poi avere questo tipo di strutture?” chiede Opie.
Opie rivolge il suo sguardo sul potere temporale della Chiesa, invitando a far riflettere sul senso della cristianità tra dogma e morale e sulla relazione tra religione, identità e collettività.
Chi è l’artista Catherine Opie
Un’artista dallo stile diretto e schietto, la natura a volte autobiografica dei suoi lavori si uniscono per formare opere che esplorano temi che vanno dalla bellezza delle autostrade deserte di Los Angeles e dei membri della comunità queer fino a forse il suo progetto più famoso “700 Nimes Road” , che ritraeva Elizabeth Taylor attraverso la sua casa e i suoi beni. Non c’è nessuno che dipinga l’America come lei, attraverso una lente unicamente affettuosa ma non passiva, sfidando i valori alla base del paese.
Il corpus di lavori di Opie riguardano principalmente gli Stati Uniti, quindi la serie “Walls,Windows and Blood” è un terreno innovativo per lei.
“Non mi sentivo una turista e sentivo che il corpo del lavoro aveva una profondità che andava oltre, ma penso che sia una cosa molto difficile da fare”, spiega. “Penso che ciò sia dovuto al rapporto con la mia curiosità, verso l’identità, sia attraverso gli edifici che le strutture, e verso certe ideologie all’interno del proprio paese e cosa significa essere cresciuto in un paese e nascere in un paese e tutto il resto.”
C’è qualcosa di meditativo in questo lavoro, in qualche modo diverso ma anche intrinsecamente parte di ciò che Opie fa nell’esplorare e documentare ciò da cui è attratta intellettualmente e ciò che la muove.
Studentessa di Didattica e Mediazione culturale del patrimonio artistico. Amante della musica, teatro, della danza, dell’arte in ogni sua manifestazione, appassionata di Monet, Klimt- Secessione viennese ed arte contemporanea orientale.