Cosa si intende per opera d’arte? Quali sono le componenti che determinano la differenza tra un semplice manufatto, un dipinto, una scultura o, un più recentemente, elaborato web e un lavoro che abbia davvero valenza di capolavoro artistico?
Non è facile rispondere a queste domande, anche perché le spinte creative e le motivazioni estetiche sono mutate nel corso del tempo e più spiccatamente dal secolo scorso.
I grandi del passato
Fonte foto: Arte.it
Nel mondo antico gli “artisti” erano considerati valenti artigiani che nelle botteghe imparavano i segreti e le discipline del loro futuro mestiere. Così ché gli apprendimenti comportavano dalla padronanza delle mescole chimiche per realizzare i colori, ai calcoli ingegneristici per costruire edifici.
L’opera d’arte era, in sostanza, il frutto di estro personale sommato a conoscenze tecniche, matematiche e pratiche finalizzate alla realizzazione di un prodotto finito che fosse congeniale alle richieste dei committenti e alle loro aspettative e suscitare quindi, devozioni o emozioni.
L’abilità tecnica e la capacità di rinnovare gradualmente i codici estetici hanno da sempre caratterizzato ciò che noi conosciamo oggi come “capolavori” del passato, dalle pitture egizie, alla statuaria e architettura greche o ai dipinti di Raffaello, Leonardo o Caravaggio e alle sculture di Michelangelo.
L’era moderna
Fonte foto: il giornale dell'arte
Dal diciannovesimo secolo in poi il rapporto con la cultura artistica si complica. L’avvento della fotografia prima e del cinema poi, rende l’inventiva legata alle arti tradizionali svincolata dalla “riproduzione” e apre nuovi spazi comunicativi nei quali non è più necessario rappresentare la realtà in quanto tale, ma diviene importante lasciare che lo spirito creativo interpreti i moti interiori dell’anima, facendo in modo che il prodotto artistico vada sempre più astraendosi o legandosi a sensazioni fluide o a teorie filosofiche. Anche le tecniche di esecuzione mutano, non sono più così ferree e vengono adattate alle esigenze all’immaginifico personale di ciascun artista.
La definizione di “opera d’arte” in questo contesto si lega soprattutto al peso storico e filosofico attribuito al manufatto artistico sia nel corso del secolo scorso, sia nell’era contemporanea.
C’è però da considerare anche l’influenza non sempre positiva e obbiettiva, che il collezionismo e quindi l’ingerenza commerciale del mercato dell’arte che si è andato consolidando, ha assunto nel determinare chi e cosa possano avere reale un valore.
Dopo aver seguito studi artistici si interessa appassionatamente ad approfondire i meccanismi e l’evolversi della storia dell’arte contemporanea.
Proprio in qualità di critico d’arte e corrispondente, negli anni ’80 e ’90, ha firmato saggi e recensioni per alcuni dei maggiori periodici del settore, tra i quali: Terzoocchio delle edizioni Bora di Bologna, Flash Art di Milano Julier di Trieste ed il genovese ExArte .
Inoltre affiancherà attivamente come consulente la famosa galleria d’Arte avanguardistica Fluxia durante tutto il periodo della sua esistenza.
Ha partecipato all’organizzazione di numerosi eventi, tra i quali l’anniversario del centenario dell’Istituto d’Arte di Chiavari e la commemorazione del trentennale della morte del poeta Camillo Sbarbaro a S. Margherita L.
Nel 2010 pubblica il suo primo romanzo: “La strana faccenda di via Beatrice D’Este”, un giallo fantasioso e “intimista”.
Nel 2018 pubblica il fantasy storico “Tiwanaku La Leggenda” ispirato alla storia ed alle leggende delle Ande pre-incaiche.
Attualmente collabora con alcuni blog e riviste on-line come “Chili di libri, “Accademia della scrittura”,
“Emozioni imperfette”, “L’artefatto”,” Read il magazine” e “Hermes Magazine” occupandosi ancora di critica d’arte e di recensioni letterarie.