Il Palazzo Ducale di Mantova è una splendida costruzione situata nel centro storico. Edificata nel XIII secolo, e rimaneggiata e ampliata nel corso del tempo, è rimasta per secoli sede dei signori della città. I Bonaccolsi prima e i Gonzaga successivamente hanno stabilito nel palazzo la loro principale dimora, arricchendola di ambienti, affreschi e opere d’arte, come il ciclo di dipinti tardo gotici del Pisanello (1395-1455) e i lavori barocchi di Pieter Paul Rubens (1577-1640).
Uno degli artisti che lavorò per quasi mezzo secolo per i Gonzaga fu Andrea Mantegna (1431-1506) che ci ha lasciato, oltre ad altri, il bellissimo allestimento ad affreschi della così detta “Camera degli sposi” o “Camera Picta”, realizzata tra il 1365 e il 1474, all’interno del castello di San Giorgio che fa parte del complesso architettonico di Palazzo Ducale. La stanza, contrariamente al nome che porta, era adibita a sala delle udienze del Duca Ludovico III Gonzaga e dopo la morte del Duca subì un notevole degrado, adibita a deposito di oggetti preziosi e in seguito abbandonata alle intemperie.
Gli affreschi dell’intera stanza rappresentano una rievocazione politico dinastica della famiglia Gonzaga e vari riferimenti al mondo antico e mitologico. I colori vividi e i fregi ornamentali ci presentano un autore nel pieno vigore della sua arte e in un contesto a lui favorevole e proficuo. Inoltre in una decorazione laterale appare un piccolo ritratto dell’artista stesso.
L’evento
Sino al 15 giugno prossimo sarà possibile ammirare all’interno del Palazzo, nella Camera dei Soli, affianco alla Camera Picta, l’ultimo capolavoro del Mantegna: il “San Sebastiano” prestato dalla Direzione regionale Musei nazionali del Veneto in occasione del restauro e della chiusura temporaneamente del museo veneziano Galleria Giorgio Franchetti alla Ca’ D’Oro che ospita stabilmente l’opera.
“Mantegna vs Mantegna. Tra luce e ombra: la Camera Picta e il San Sebastiano di Ca’ d’Oro” è il titolo di questo evento che vuole rimarcare le profonde differenze fra il cromatismo gioioso e limpido della decorazione in Palazzo Ducale e la forza scenica di quell’ ultimo dipinto, cupo ed emotivamente sentito nell’espressione del dolore del santo, nel movimento a torsione del corpo e nella sua collocazione in una nicchia. Quasi un testamento (il grande quadro fu realizzato nell’anno stesso della morte del pittore).
Anche le parole che troviamo in basso a destra del quadro su una candela che sta per spegnersi:” Nisi Divinum Stabile est Caetera Fumus” (Nulla oltre al Divino è stabile, tutto il resto è fumo) rispecchiano la matura consapevolezza con la quale l’autore termina il dipinto e la sua vita stessa.

Dopo aver seguito studi artistici si interessa appassionatamente ad approfondire i meccanismi e l’evolversi della storia dell’arte contemporanea.
Proprio in qualità di critico d’arte e corrispondente, negli anni ’80 e ’90, ha firmato saggi e recensioni per alcuni dei maggiori periodici del settore, tra i quali: Terzoocchio delle edizioni Bora di Bologna, Flash Art di Milano Julier di Trieste ed il genovese ExArte .
Inoltre affiancherà attivamente come consulente la famosa galleria d’Arte avanguardistica Fluxia durante tutto il periodo della sua esistenza.
Ha partecipato all’organizzazione di numerosi eventi, tra i quali l’anniversario del centenario dell’Istituto d’Arte di Chiavari e la commemorazione del trentennale della morte del poeta Camillo Sbarbaro a S. Margherita L.
Nel 2010 pubblica il suo primo romanzo: “La strana faccenda di via Beatrice D’Este”, un giallo fantasioso e “intimista”.
Nel 2018 pubblica il fantasy storico “Tiwanaku La Leggenda” ispirato alla storia ed alle leggende delle Ande pre-incaiche.
Attualmente collabora con alcuni blog e riviste on-line come “Chili di libri, “Accademia della scrittura”,
“Emozioni imperfette”, “L’artefatto”,” Read il magazine” e “Hermes Magazine” occupandosi ancora di critica d’arte e di recensioni letterarie.