“I peccati” la mostra di Johan Creten a Roma

Dopo una lunga attesa prende il via la suggestiva mostra di Johan Creten I Peccati che permane a Roma presso l’Accademia di Francia a Roma – Villa Medici fino al 31 gennaio 2021, (curata da Noëlle Tissier).



Ad aspettare i visitatori ci sono 55 sculture contemporanee in bronzo, ceramica e resina, che sono state immerse in un contesto storico artistico fatto di arazzi, stampe e basso rilievi del XVI e del XVII. Questo dettaglio è importante da tenere presente poiché si tratta di una scelta consapevole e voluta per creare un dialogo capace di superare il concetto stesso di tempo. Si tratta di una modalità di allestimento che aiuta il visitatore a entrare subito nel mood del messaggio dell’artista: il bisogno di tornare a vivere l’introspezione; unico modo per tornare a conoscere noi stessi.

Johan Creten in quanto artista contemporaneo, è sensibile al tormento della velocità legato alla società in cui viviamo e che a sua volta scatena tutta una serie di malesseri interiori nelle persone. Ecco perché con il suo lavoro crea uno spazio in cui il fruitore si trova davanti ad una periodo temporale dilatato: a creare questo anomalia temporale è il distacco secolare fra la sua produzione artistica e le opere storiche a confronto. In questa situazione diventa quasi impossibile fermarsi davanti ad un’opera senza porsi delle domande e quali domande suscita l’arte se non quelle legate all’esistenza stesa dell’essere umano?

 

Riguardo a questo discorso nulla rende meglio l’idea delle parole del critico Colin Lemoine: “Con Johan Creten, i peccati non sono sette di numero. Sette, questa cifra implacabile, pari al numero dei sacramenti nella Bibbia e dei colli di Roma. Qui, i peccati sono infiniti e illimitati, inesauribili. Non sono numerabili, ma solo designabili. I peccati non sono tutti capitali, essi possono essere imperiali, imperiosi, periferici, insidiosi, insignificanti, invisibili. Sono sempre al disotto del calcolo e del linguaggio. I sette peccati capitali valgono poco a confronto della bassezza, la barbarie, la noia, la mutilazione, il rimpianto, la melanconia ed il terrore, in breve, la vita. Così, le sculture di Johan Creten non hanno nulla a che vedere con la morale o la sanzione, la ghigliottina o la censura. Esse parlano dei peccati, parlano della vita che infonde desiderio e dolore, speranza e pena, lussuria e collera, amore e morte, Eros e Thanatos. Parlano della vita anfibia, tra Stige e Paradiso. Parlano della vita pulsionale, quando i cuori battono, quando i serpenti si attorcigliano, quando si spiegano le ali, quando si aprono le vulve, quando si sposta la tenda ed appare infine la verità nuda, quella Medusa ipnotica. Il peccato non sarà poi in fondo la forma stanca della purezza? Non indica forse la nostra condizione di uomini estremamente fallibili? Il peccato non è forse, per riprendere le parole di Victor Hugo, una meravigliosa gravitazione?”.

Ma Johan Creten fa di più, infatti le opere storiche in mostra fanno parte della sua collezione privata, la stessa alla quale l’artista volge lo sguardo durante il processo creativo attraverso il quale prendono vita le sue opere, regalando agli osservatori più attenti il proprio punto di vista sull’esistenza e le proprie preoccupazioni.

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