L’olandese Rembrandt Harmenszoon van Rijn (1606-1669), più conosciuto semplicemente come Rembrandt, fu uno dei più grandi pittori europei dell’epoca barocca. La sua pittura, attenta ai dettagli e al contrasto della luce sui soggetti, al valore particolare delle realtà oggettive piuttosto che alla rappresentazione aulica della storia, è stata molto apprezzata già durante il corso della sua vita.
La sua carriera artistica ci ha lasciato molti capolavori, molti ritratti, autoritratti o soggetti religiosi e mitologici e anche scene di “genere” nelle quali sono rappresentate nature morte o di vita quotidiana.
Gli autoritratti
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I numerosi autoritratti ci mostrano il pittore e i suoi cambiamenti non solo somatici o stilistici, durante le alterne fortune della sua vita. Nella raffigurazione del 1640 vediamo un uomo nel fiore degli anni quando ancora il successo professionale gli arrideva, mentre ben diverso è “Autoritratto come San Paolo” del 1661, nel quale le vicissitudini segnano soprattutto l’espressione malinconica dell’artista.
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Lezioni di anatomia
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Una delle sue opere più famose è senz’altro “Lezioni di anatomia del dottor Tulp” dipinto nel 1632 e attualmente conservato presso il Mauritshuis Museum all’Aia, dove le figure che assistono vengono ritratte proprio mentre manifestano umanamente le loro emozioni come stupore, ribrezzo o curiosità di fronte alla dissezione di un corpo umano.
La guardia civica
Un altro quadro molto noto è “La ronda di notte”, realizzato su commissione nel 1642, che descrive il fermento della Milizia civica di Amsterdam proprio mentre si accinge ad avanzare per le strade della città. Particolare è l’impianto luminoso che si avvale di punti di luce precisi per equilibrare la scena notturna. La vivezza dei dettagli e l’impostazione costruttiva che pone la folla in orizzontale, contrapposta alla verticalità degli edifici di sfondo, contribuiscono a conferire movimento alla rappresentazione. La grande tela (363X437 cm) si trova al Rijksmuseum di Amsterdam.
Il bue macellato
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Vorrei ricordare, infine, un dipinto che costituisce un po’ un’eccezione nello stile pittorico di Rembrandt: “Il bue macellato” del 1655, attualmente conservato al Louvre di Parigi. In primo piano troviamo la carcassa dispiegata dell’animale, presumibilmente all’interno di un macello, reso con una straordinaria vivezza. I toni cromatici sono incentrati sulle tinte brune e rosse, l’atmosfera è severa, quasi cupa, come a voler rappresentare un monito, una riflessione cruda sulle aspirazioni e velleità antropiche.
Nell’ultima parte della sua vita Rembrandt ha vissuto un periodo molto pesante sia dal punto di vista umano che da quello lavorativo e questa tela, forse, racchiude in sé la sintesi di tutta la mestizia che lo ha colto in tarda età.
Dopo aver seguito studi artistici si interessa appassionatamente ad approfondire i meccanismi e l’evolversi della storia dell’arte contemporanea.
Proprio in qualità di critico d’arte e corrispondente, negli anni ’80 e ’90, ha firmato saggi e recensioni per alcuni dei maggiori periodici del settore, tra i quali: Terzoocchio delle edizioni Bora di Bologna, Flash Art di Milano Julier di Trieste ed il genovese ExArte .
Inoltre affiancherà attivamente come consulente la famosa galleria d’Arte avanguardistica Fluxia durante tutto il periodo della sua esistenza.
Ha partecipato all’organizzazione di numerosi eventi, tra i quali l’anniversario del centenario dell’Istituto d’Arte di Chiavari e la commemorazione del trentennale della morte del poeta Camillo Sbarbaro a S. Margherita L.
Nel 2010 pubblica il suo primo romanzo: “La strana faccenda di via Beatrice D’Este”, un giallo fantasioso e “intimista”.
Nel 2018 pubblica il fantasy storico “Tiwanaku La Leggenda” ispirato alla storia ed alle leggende delle Ande pre-incaiche.
Attualmente collabora con alcuni blog e riviste on-line come “Chili di libri, “Accademia della scrittura”,
“Emozioni imperfette”, “L’artefatto”,” Read il magazine” e “Hermes Magazine” occupandosi ancora di critica d’arte e di recensioni letterarie.