”Essi vennero” di Raffaele Fiorillo diventa una trilogia – Intervista all’autore.

Dopo aver letto “Essi vennero”  di Raffaele Fiorillo ed averlo recensito qui, mi sono sorti alcuni dubbi. Da subito, infatti, ho avuto la sensazione che la storia non fosse conclusa e che alcuni aspetti di quest’ultima non fossero stati completamente sviluppati. Così, ho deciso di fare una chiacchierata con l’autore, che mi ha raccontato la vita dell’esordiente, mi ha spiegato il lavoro fatto per arrivare al romanzo e mi ha dato anche qualche anticipazione sul secondo capitolo della saga.

 

Ciao Raffaele. Inizio col dirti che io ho letto tutto il tuo libro d’un fiato. Quindi, oltre a colmare qualche curiosità su di te in quanto scrittore esordiente, ho tantissime domande sulla tua opera. Iniziamo dal principio: Chi sei? Cosa fai nella vita?

 

“Ciao Anastasia! Sono nato e cresciuto all’ombra del Vesuvio, lavoro nella ristorazione e sono laureato in Lingue e letterature straniere”.

 

  
Questa era la prima esperienza con la scrittura? Ti sei avvicinato a questo mondo soltanto adesso oppure è una passione che ti accompagna da sempre?

 

“Mi è sempre piaciuto scrivere, ma lo facevo soprattutto per me stesso. Fin da piccolo, giocavo con una vecchia Olivetti dei miei genitori e fantasticavo, inventavo storie e scrivevo finti articoli di giornale. Ho iniziato prestissimo, ed inizialmente era solo un gioco. Nel tempo ho capito che questa cosa mi piaceva davvero e ho deciso di provare a pubblicare alcuni racconti brevi online”. 

 

 

Cosa ti ha spinto a scrivere “Essi vennero”? Quando hai deciso di farlo? Perché?

 

“Ho avuto l’idea dopo aver visto Arrival, un film del 2016 basato sul racconto Storia della tua vita di Ted Chiang. La pellicola tratta l’argomento del primo contatto alieno in modo completamente inusuale e ha destato in me la voglia di cimentarmi con lo stesso argomento, per raccontare un’ipotetica invasione extraterrestre dal mio punto di vista”.  

 

Il lockdown dovuto alla recente pandemia è stato motivo di svantaggio per quanto riguarda la stesura della tua opera o, al contrario, ti ha aiutato?

 

 

“Ho sfruttato il periodo di quarantena per pensare al finale della mia storia. L’ho scritto per ben tre volte, senza mai esserne soddisfatto! Alla fine, mi sono reso conto che la mia opera non è autoconclusiva e ho iniziato a pensare ad un seguito”. 

 

 

Raccontami il cammino che hai dovuto intraprendere da quando hai iniziato a scrivere fino alla pubblicazione, quali passaggi hai fatto e il lavoro che c’è dietro.

 

“La fase iniziale è stata la più semplice: ho avuto l’idea, l’ho buttata giù e poi sono passato alla stesura della trama. Dopodiché, ho strutturato i capitoli e mi sono dedicato ai personaggi. Per me, curare i personaggi e i dialoghi è davvero difficile, perché gli esseri umani sono complicatissimi! Ho dedicato moltissimo tempo, e ho cercato di costruirli e dargli un’identità sia fisica che caratteriale. Poi ho scritto la storia vera e proprio e ho trascorso un po’ di tempo a correggerla. Ho voluto fare da solo l’editing e la correzione delle bozze, senza affidarmi a nessuno. Ho fatto moltissime ricerche perché credo che sia giusto scrivere solo di ciò che si conosce. Molti argomenti mi erano già familiari in quanto appassionato del genere, però ho dovuto ugualmente studiare per poter inserire le cose nel libro in maniera verosimile e chiara. Infine, ho creato la copertina, cercando di renderla adatta alla mia storia. Mi sono fatto dare una mano da un grafico, ma ho voluto realizzarla per conto mio. Secondo me il risultato finale è gradevole”.

 

Hai dovuto affrontare delle difficoltà in quanto esordiente?

 

“Moltissime. Potremmo parlarne per ore. Soprattutto quando scrivi di questo genere di nicchia, che spesso viene guardato con timore. Non so perché. Meglio cambiare discorso”.

 

Perché hai scelto di pubblicare con Amazon eludendo l’iter classico? Hai inviato a qualche casa editrice il tuo racconto oppure hai optato subito per il self-publishing?

 

“Non pensavo di essere pronto per una casa editrice, nemmeno piccola. Avevo puntato delle realtà in target col mio prodotto, poi però ho studiato come funziona l’autopubblicazione e mi sono  detto: ok, proviamo e vediamo cosa ne esce fuori. Al momento non me ne pento e credo di continuare a lavorare così almeno per quanto riguarda questa saga”.

 

 

I personaggi non vengono approfonditi: di loro sappiamo pochissimo, nessuna informazione sul passato, niente sul loro carattere. È una scelta stilistica per dare maggiore potenza agli avvenimenti centrali o hai deciso di approfondire in un altro momento? 

 

“Sono d’accordissimo con te, non riesco a darti torto. I personaggi non rappresentano il focus della mia storia. La mia intenzione era quella di concentrarmi più che altro sulle loro reazioni di fronte ad un evento fantascientifico apocalittico, ma il focus è costituito dall’evento in sé.  Credo di essere più bravo a scrivere di ciò che non è umano e che non esiste. Mi piace molto di più”. 

 

Cosa ti ha ispirato nella creazione dei cattivi della storia? Mi riferisco sia ai Grigi, che ai predoni e ai Ministri del nuovo culto.

 

“Per me è stata la parte più divertente perché i cattivi sono più interessanti dei buoni. Ho descritto gli alieni per come li immagino. È la mia personale visione. I predoni e i Ministri invece, potremmo definirli archetipi, conseguenze naturali dell’avvenimento apocalittico: nel momento in cui una razza come la nostra subisce un’invasione del genere, è inevitabile che si vengano a creare determinate categorie. La mia fonte di ispirazione sono stati i videogiochi, tra cui Fall Out e Metro”.

 

 

Curiosità personalissima: perché i Grigi parlano in inglese e non in una lingua tutta loro? 

 

“Eh, se te lo dicessi ti rovinerei la lettura dei prossimi libri. Avrei voluto spiegarlo nel primo romanzo, ma mi sono accorto che inserire questa cosa sarebbe stata una forzatura. Ritengo che questa informazione debba venire fuori soltanto in seguito”.

 

Qual è il tuo personaggio preferito e in quale ti identifichi? Coincidono? 

 

“Onestamente non mi identifico in nessuno dei personaggi. Forse c’è qualcosa di me in Giovanni.”

 

 

Perché hai scelto l’Italia come ambientazione del tuo romanzo? È una scelta che ho apprezzato, ma mi piacerebbe sapere se vi è un motivo specifico. 

 

“La motivazione basilare, per quanto possa sembrare sciocco, è che io napoletano, conosco la mia città, conosco il mio paese e mi baso su questo per descrivere le ambientazioni. Se vogliamo, è anche una questione di orgoglio, nel senso che la maggior parte dei libri ambientati nella mia città riguardano la criminalità e avevo voglia di provare a parlare di qualcos’altro. Mi ritengo fortunato a vivere in un posto con degli scenari bellissimi, adatti anche a questo tipo di storie. Il Vesuvio, le isole, il mare… sono luoghi che si prestano benissimo alla narrazione fantascientifica”. 

 

Mi pare di capire che ci sarà un seguito, quindi.

 

“Sì, è così. Questa seconda parte uscirà in autunno. Sarà la parte centrale di una trilogia e tratterà principalmente la storia degli alieni. Potremmo definirla una sorta di prequel che risponderà a tutta una serie di domande rispetto agli extraterrestri: perché sono qui, da dove vengono, con quali problematiche devono destreggiarsi, ecc. La terza parte sarà invece ambientata sul nostro pianeta e sarà conclusiva”.

 

 

Che consigli daresti a chi, come te, vuole cimentarsi con la stesura di un romanzo per la prima volta?

 

“Non smettere di leggere per nessun motivo: leggi quello che ti piace, che ti incuriosisce ma non avere pregiudizi. A volte ho letto libri su cui all’inizio non avrei scommesso e che poi mi hanno coinvolto tantissimo. Devi essere curioso, se no non potrai mai arrivare da nessuna parte. Se come me decidi di optare per il self-publishing, affidati a dei bravi beta-reader. Inoltre, anche se non ti piace, rassegnati a diventare almeno un pochino ‘’social’’, perché ti aiuterà a creare una rete di contatti utile”.