Sanremo ’21: pagelle di una prima serata

Contro ogni pronostico, eccoci di nuovo a Sanremo. Tra commenti di indignazione e apprezzamento, l’immancabile appuntamento del Festivàl anche stavolta ha incollato agli schermi circa 11 milioni di persone. “Su i braccioli, poltroncine! Amadeus e Fiorello le hanno provate davvero tutte per non far sentire l’imbarazzante vuoto colmato dagli applausi registrati. Sketch, siparietti allunga-brodo e presenze che fanno storcere il naso non hanno fatto della prima serata l’intrattenimento che ci meritavamo.

Si inizia con i giovani, in un tripudio di colori: celeste, arancione e argento, tra l’incontestabile vocalità di Gaudiano, un “Che ne so” della Faggi, sussurrato in carta stagnola (fosse durato meno sarebbe stato meglio); un godibilissimo Avincola, che pare Giorgio Poi travestito da SuperMario e fa goal per l’orecchio più attento, un noioso Folcast.

 

I fuori gara

Diodato: ultimo vincitore del festival di Sanremo che ci ripropone una fotografia del’anno appena trascorso. Un silenzio innaturale tra le poltrone lascia spazio ad una emozionantissima e spesso non intonatissima esibizione.

Bertè: Persino le farfalle che si sono poco spontaneamente posate sulla cerulea chioma passano in secondo piano. La riesci a sentire la malinconica brezza del mare d’inverno che ti si piazza davanti con prepotenza, la grinta mai persa, il look e la voce più rock del panorama italiano.

Achille Lauro: piume, senso di onnipotenza, lacrime di sangue. Evocando divinità e non. Sessualmente tutto genericamente niente, tra glitter e tacchi. Facilonerie per conquistarsi il mondo LGBT. Si definisce glam rock, con un brano pop. No, per carità, ridimensioniamoci.

 

In gara

Arisa – Potevi fare di più: un rosso di impatto, come la sua voce, indubbiamente perfetta. D’alessio, autore del brano, al momento clou della scrittura era probabilmente come noi in attesa di un ritornello più incisivo; lei sul palco desiderava un secondo in più per prendere fiato. Voto 6

Colapesce DiMartino – Musica leggerissima: colori pastello che, accompagnati da una pattinatrice anni’80, cantano all’unisono. Alan sorrenti, sei tu? I più “indie” li sosterranno a prescindere, i più obiettivi e distaccati li bocceranno a pieni voti. Voto 4

Aiello – Ora: anelli, orecchini, ma sotto la giacca niente. Sembrava di essere in una telenovela brasiliana, con intermezzo neomelodico in cui Antonio chiede disperato “Ma la casa l’hai finita? Dovevi portarci me”. Troppo carico, troppi orpelli, troppi ghirigori e forse anche troppo emozionato. Troppo tutto. Voto 4

Fedez & Michielin – Chiamami per nome: lei impeccabile, intonazione perfetta, dà sicurezza anche al suo compagno di palco che fortunatamente è supportato anche dall’amico autotune, rifugio sicuro per eventuali debolezze vocali. Social e radio avranno di che passare nei prossimi mesi. Voto 6

Max Gazzè & la Trifluoperazina monstery band – Il farmacista: spiazzante, scenico, geniale, da sempre, come nei primi 2000. Ecco, Gazzè non sconvolge per novità nella metrica delle strofe, ma per come riesce a rendere spettacolari testi e musiche. Voto 7

Noemi – Glicine: strofa-ritornello-bridge-ritornello. Dove poteva essere se non sul palco dell’Ariston? Accecati dal luccichio dell’abito e della perfetta forma fisica sfoggiata. Tutti gridano al podio, di certo per motivi diversi dalla canzone. Voto 6

Madame – Voce: trap e Sanremo, un ossimoro. Eppure siamo all’Ariston, le parole mangiate ci sono, l’autotune pure. I boomers si dividono: alcuni si indignano, altri danno fiducia alla generazione Z. Il pezzo funziona anche per i millennials. Voto 8

Måneskin – Zitti e buoni:l’Ariston si accende. Le luci assecondano le chitarre e Damiano che, lasciandosi trasportare dai riff chiassosi, si dimena da una parte all’altra del palco. Hanno solo 20 anni ma la presenza scenica e la credibilità ci sono. Una sveglia al momento giusto, in tutina seventies, quando le ore di festivàl iniziano a farsi sentire. Voto 8

Ghemon – Momento Perfetto: che succede? Dove siamo? Sembra essere entrati in una stanza del tempo in cui per 4 minuti su per giù ti ritrovi nel pieno degli anni ’90, quando il rap e l’hip hop non erano una moda brandizzata, ma uno stile di vita. Un flashback necessario e ben riuscito? Non ne siamo sicuri. Voto 5

Coma_cose – Fiamme negli occhi: Uno di fronte all’altro, lanciandosi sguardi d’intesa, come a voler dire: “l’avresti mai pensato che saremmo arrivati qui?”. No, e neanche noi. Ma la loro complicità, il divertimento che traspare mette di buonumore e merita un’attenzione speciale, come il loro pezzo. Voto 9

Annalisa – Dieci: tipico prodotto da talent. Inutili le numerose presenze sanremesi, certe etichette e associazioni non te le scolli di dosso, soprattutto se le confermi con pezzi che si piazzano nella testa per sfinimento e passaggi radio. Voto 5

Renga – Quando trovo te: la stanchezza si fa sentire al punto che anche lui sembra non poterne più, nemmeno del suo pezzo. Brano senza capo né coda. Interpretazione non pervenuta. Renga vuole andare a dormire. E anche noi. Voto 3

Fasma – Parlami: autotune che ritorna. Il ragazzino è capace, si impegna e decide di adattarsi al palco che lo ospita, lasciandosi accompagnare da un coretto incoraggiante, al suono di archi. Ruffiano. Voto 7

Chiunque capirebbe che alle ore 01:15 l’unica cosa da fare sarebbe chiudere dignitosamente la serata. E invece no. Chi a quell’ora sopravvive dopo una giornata di lavoro e una serata lenta, si becca la banda dei carabinieri. Noi questa cosa non la meritavamo. A porre fine a questo strazio, la classifica provvisoria della giuria demoscopica che campeggia sul led wall e stravolge tutti i pronostici possibili. Viene spontaneo chiedersi chi siano i mentecatti autori di un tale scempio. Non ci resta che aspettare la seconda serata.