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Una settimana fa vi ho parlato del salame d’oca di Mortara I.G.P., il quale non è però l’unico insaccato della provincia di Pavia. Esiste infatti un altro salume di origini ancora più antiche, ma questa volta dobbiamo spostarci verso l’Oltrepò Pavese, tra colline e vigneti, per la precisione a Varzi.
La sua caratteristica deriva dal fatto che il sale è il suo unico conservante, mentre sapori e profumi sono dovuti dalla fermentazione di microrganismi tipici della val Staffora, zona di produzione del salame. Il suo impasto intatto e morbido al tatto e il suo sapore dolce e delicato dal retrogusto amarognolo hanno una storia molto antica: scopriamola insieme.
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Un po’ di storia
Dobbiamo ringraziare i Longobardi per la sua esistenza perché, essendo nomadi, erano soliti produrre cibi a lunga conservazione e facilmente trasportabili. Essi si stabilirono nel 571 a Pavia, iniziando ad allevare maiali allo stato brado, essendo la carne suina parte della loro dieta. Pensate che all’epoca i porcari erano talmente importanti che chiunque li maltrattasse riceveva punizioni assai dure!
Fondamentale fu proprio la zona in cui i Longobardi si trovavano, in quanto la Pianura Padana offrì loro fonti d’acqua ricche di minerali – iodio, bromo e calcio – i quali favorivano la conservazione delle carni. La preparazione degli insaccati era un’arte vera e propria, prerogativa dei monaci che vivevano nei monasteri e nelle abbazie dell’Oltrepò Pavese. Furono proprio loro a comprendere il giusto equilibrio degli ingredienti, tra parti magre e grasse, sale e spezie, creando i primi salami di Varzi. Un’altra curiosità è che, nel XIII secolo, i Marchesi Malaspina offrivano l’insaccato ai propri ospiti presentandolo come cibo prelibato.
Il marchio D.O.P.
Nel 1930 ci fu a Varzi la prima commissione incaricata a controllare che il salame non venisse contraffatto o imitato, e nel 1960 nacque il primo Consorzio di Tutela. Nel 1996, finalmente, il salame di Varzi ottenne il marchio di Denominazione di Origine Protetta, comparendo così anch’esso nell’elenco dei prodotti DOP, IGP e STG.
Sono quella che in prima elementare si annoiava mentre la maestra spiegava le lettere dell’alfabeto ai suoi compagni di classe, perché le conosceva già da almeno un anno. Sin da quei tempi, durante i temi in classe sarei stata capace di riempire con pensieri e parole dieci fogli protocollo. Scrivere per me è un’esigenza, la mia costante, una delle poche cose che mi fanno realmente sentire giusta in questo mondo, insieme alla gentilezza e ai miei sorrisi. Trentatré anni, diplomata come tecnico dei servizi sociali e qualificata assistente di studio odontoiatrico, ho cambiato diverse volte strada, ma il bisogno di scrivere mi ha sempre seguito come se fosse la mia ombra.