Come nei precedenti film del regista argentino, lo scioccante “Irreversible” e l’astrale “Enter the void”, Gaspar Noè ci accompana in un viaggio estremo, esteticamente seducente ma che ti tortura con immagini e sensazioni violente.
Se in “Enter the void” guardiamo dall’alto un mondo umano decadente attraverso il punto di vista di un’anima eremita assassinata brutalmente, in “Climax” apriamo le porte di una sala da ballo, in cui un gruppo di ballerini, dopo una lunga finta intervista in cui esprimono le proprie ambizioni sulla carriera e le idee sul potere della danza, si riuniscono per provare il numero di un nuovo spettacolo, e con l’occasione, fare baldoria.
La telecamera, ancora una volta, riprende da lontano un’umanità che affronta stadi diversi della propria natura. La parola “climax” è una figura retorica che significa “gradazione ascendente”, ed è applicata in medicina per definire lo stato d’intensità di una malattia, nella sessuologia come sinonimo di orgasmo, e in ecologia come stadio di sviluppo della vegetazione a causa dei cambiamenti climatici che sconvolgono comunità stabili.
Il film è un escalation di toni, che il ballo traduce in illusioni tremolanti, ambizioni eccessive e orrori grotteschi dell’esistenza umana. Inizialmente, il ballo è un’espressione di libertà individuale, in cui ogni membro della crew si muove come una cellula all’interno di un corpo unico, con il suo ruolo preciso, il suo momento da esibire in uno spazio, libero di esprimere una finta coscienza terrestre che non ha nessun legame con costrizioni mistiche o sociali. Poi, qualcuno mette la droga nell’alcool; la percezione si altera e la musica pompa un ritmo tribale tra individui rivali, aggressivi, la cui virilità è una pulsione animale.
Non ci sono mostri evidenti nel film, ma come in un horror di genere, camminiamo tra dannati allucinati che vedono e sentono per noi, che urlano, si contorcono, bruciano, fino a varcare la soglia di un inferno rovesciato, in cui gli appesi soffrono di un piacere negato fino alla morte del bene collettivo.
Gli attori sono corpi invasi dai demoni del cinema: dall’horror di “Suspiria” (omaggiando sia la versione brutale e allucinata di Dario Argento che quella più coreografica e concettuale di Luca Guadagnino.), a quello iconico di “Zombie; alla psiche turbata di “Eraserhead” di Lynch e sociopatica di “Taxi Driver”.
Climax è un incubo ad occhio aperti che non ti lascia scampo, a ritmo Dance. Un Diavolo che lascia il violino, che diventa dj per una notte, e mixa dischi che ci rivoltano sottosopra e ci costringono a ballare sulla vita.
Voto: 4,5/5