L’Abbazia di San Galgano: tra storia e leggenda

L’Abbazia di San Galgano: tra storia e leggenda

È novembre, il sole sta per calare e una leggera nebbiolina inizia ad alzarsi dai campi circostanti. Sembra il momento ideale per vistare questo luogo dove storia e leggenda si incontrano e si fondono, creando qualcosa di magico.

Siamo all’Abbazia di San Galgano, a pochi chilometri da Siena. Il complesso è in realtà formato, oltre che dalla grande abbazia cistercense abbandonata, dalla Rotonda di Montesiepi, antica cappella di forma circolare che si raggiunge a piedi tramite un breve sentiero di pochi minuti. Ciò che rende la zona estremamente affascinante è l’atmosfera piena di mistero della grande abbazia scoperchiata, che permette allo sguardo del visitatore di cogliere l’infinito del cielo.

La storia di San Galgano

Chi era questo San Galgano? L’uomo era originario di Chiusdino, piccolo e incantevole borgo abbarbicato su una collina poco distante dalla zona dell’abbazia, dove si trova anche un interessante Museo d’Arte Sacra incluso nel prezzo d’ingresso al complesso dell’Abbazia e della Rotonda. San Galgano, discendente di una famiglia agiata, visse in maniera dissoluta fino al Natale del 1180, quando si convertì per ritirarsi a vita eremitica. Il cambio radicale di stile di vita lo portò a compiere il gesto di infiggere la sua spada nel terreno, lasciandosi alle spalle il passato. La spada è ancora visibile, corrosa dalla ruggine e protetta da una teca di vetro, proprio all’interno della Rotonda di Montesiepi.

Fu in seguito il vescovo di Volterra, Ugo Saladini a volere nel luogo della morte del Santo una cappella, che fu terminata nel 1185. Gli successe poi il vescovo Ildebrando Pannocchieschi, che promosse la costruzione di un vero e proprio monastero cistercense, ordine con cui san Galgano era entrato in contatto. Già nel 1227 ci sono testimonianze dell’esistenza di una chiesa superiore, ovvero la Rotonda di Montesiepi, e di una inferiore, quella di San Galgano. Un paio di anni dopo fu pronta anche l’Abbazia. I cistercensi godevano di molte donazioni e anche della protezione di personaggi importanti, compresi imperatori e papi. Dopo la consacrazione, nel 1288, la fiorente comunità di monaci contribuì agli studi per gli acquedotti della zona e ai lavori di bonifica delle paludi circostanti. Il monastero possedeva addirittura un mulino e macchinari per la lavorazione dei tessuti e del ferro.

Nel Trecento la situazione cambiò totalmente: la peste e i saccheggi convinsero i monaci a trasferirsi a Siena, nel Palazzo di San Galgano che ora è parte dell’Ateneo della città. Agli inizi del 1500 l’abbazia venne affidata a degli abati in commenda: fu uno di loro a far rimuovere il tetto per vendere la copertura in piombo, accelerando il deterioramento dell’edificio, che alla fine del 1700 venne definitivamente sconsacrato e abbandonato. Il restauro, ad opera di Gino Chierici, avvenne solo negli anni Venti del Novecento, ma fu di tipo conservativo: vennero consolidati quindi solo i resti del monastero, senza ricostruirlo.

Il complesso di San Galgano e della Rotonda di Montesiepi, ancora intatta, attira moltissimi turisti ogni anno proprio per il fascino dell’abbandono. Lo charme diventa ancora più potente nei dintorni di un edificio tanto intriso di storia e spiritualità, così imponente, che si staglia contro il cielo nel mezzo della campagna toscana. Un luogo da set cinematografico, quale in effetti è stato, seducendo persino Tarkovskij. Forse proprio perché manca il tetto.