Visitare la Corsica può essere un’impresa dispendiosa nel caso in cui si decida i seguire la strada della comodità. Alberghi, ristoranti, bar costosissimi. Tuffi nell’economia francese che dal 2011 pare abbia inondato quella che si raccontava essere un’isola selvatica e cheap, ma un tuffo nell’ignoto è possibile?
Si, la Corsica è attrezzata (in senso lato) a questo. Partiamo dalla desolante carenza di trasporti pubblici.
Partendo dalla Sardegna in direzione Bonifacio, ho avvertito, nell’immediato, che avrei dovuto pensare al traghetto come un’ultima certezza. Appena si arriva a Bonifacio si resta ammaliati dalla bellezza dell’Haute ville, dove ad accoglierti c’è un mercato in cui trovi nascosto nell’angolo il venditore camerunense che offre a due euro la specialità africana, e poi voltandoti inizi a prendere coscienza della tua povertà da italiano, come un pesce fuor d’acqua, non proprio english man in new york, qualcosa di peggiore. Mille sono gli attimi in cui ti penti di aver deciso di intraprendere quel viaggio, ma tanto è l’orgoglio che decidi di non pensarci e indossi il panno stretto del signore. Con quel francese raffazzonato, che provi a proporre ma ti si risponde in italiano, giusto per toglierti il gusto.
Ed ecco che incontri la prima specialità del luogo, ovvero l’acqua san giors al costo di due euro, lo stesso prezzo del dolce camerunense, solo senza un senso.
E così può capitare di sentirsi persi, soprattutto quando si scopre che c’è un unico bus a un orario improponibile che non ti porterà in un posto più economico, anzi, direttamente a Porto vecchio, noto per essere un ricettacolo di turismo vuoto, privo di radice. Da soli, insomma. Per fortuna ho seguito il consiglio di un barista che mi ha illuminato sulla possibilità di svoltare con l’autostop. In effetti mi sono recato alla strada che andava in direzione Bastia, dove cinque giorni dopo avrei dovuto prendere il traghetto del ritorno, e al primo colpo un ragazzo nordafricano mi ha fatto salire e portato lontano, su un punto di crocevia dove appena sceso ho trovato immediatamente un’altra persona.
Questo un signore colto, amante dell’Italia, con cui ho avuto modo di chiacchierare a proposito di Carlo Levi e Italo Calvino. Mi ha portato in un posto chiamato Santa Lucia, dove lui viveva, offerto le birre Petra. Non sapevo dove avrei dormito, quell’incontro per quanto piacevole non offriva una soluzione a questo problema, infatti dovette poi accompagnarmi a un altro luogo per il mio autostop, che anche in questo caso si rivelò un successo al primo colpo. Due ragazzi italiani, uno addirittura di Torino, mi fanno salire sulla loro auto e mi portano in una spiaggia dove mi offrono un aperitivo. Un posto incantevole nei pressi di Fautea.
Lì dopo aver salutato i miei nuovi amici mi sono appostato sulla spiaggia dopo una cena nello stesso luogo dell’aperitivo, ancora sacrificato nei miei panni bohemienne, con quei prezzi che comparati alla versione fraintesa degli spaghetti all’amatriciana, mi han portato a equilibrare il tutto con la mia ricchezza interiore da italiano che arriccia il naso davanti a una certa ignoranza culinaria gallica. Con il mio sacco a pelo ho dormito sulla sabbia, serenamente, senza che nessuno avesse nulla da ridire.
La mattina sempre allo stesso posto una colazione, poi di nuovo autostop. Questa volta salgo sulla macchina di due tedeschi appassionati di musica. Una playlist che miscela David Bowie, gli Einsturzende Neubauten, Angelo Branduardi e Adriano Celentano. Insomma veri crucchi, proprio come ce li si potrebbe immaginare. Mi lasciano sulla strada verso Corte. Lì una donna mi offre un passaggio fino al treno. Finalmente un treno, rotaie. Mi portano a Bastia.
Dopo chilometri di selva, strade montuose, mare, ristoranti oasi, corsi che quando parlano italiano hanno l’accento sardo, parenti lontani, arrivi a una città con un grande porto, accostato a un porto vecchio vicino a cui ci sono yatch, tanti. Un misto di turismo, sempre vacuo e impersonale, misto a luoghi dal sapore ancestrale. Luoghi onirici, da reminiscenza di altre vite. Lanterne, case distrutte ma incantevoli, piazze, in particolare place Saint Nicolas e place du marchè. Luoghi che se fossero meno affollati sarebbero perfetti.
Lì ho utilizzato l’applicazione che si è sostituita a Couchsurfing, ovvero Bewelcome, con cui vieni ospitato a spese zero da persone che vogliono socializzare. Ed è così che ho trovato la mia casa delle vacanze: una villa in cima a Ville di Pietrabugno, su una collina da cui si vedeva Bastia e non solo, l’intero nord della Corsica. Una ricca signora di settantatre anni, gentilissima, che mi ha offerto la stanza di sua madre, in un’abitazione di quelle che prima avevo visto solonelle ignorate riviste di design per la casa. Da lì Bastia è diventata il mio centro, e ho visitato nei giorni successivi le spiagge di Furiani, l’Etang de Biguglia, usando il trasporto in treno di Chemin du fer. C’è da dire che ho avuto momenti di pentimento ad aver scelto la via della borghesia, perché i primi due giorni sono stati all’insegna della vita e dell’avventura, mentre successivamente il ridimensionamento è stato tranciante.
Non ho potuto far altro che accettare, però. L’’idea di lavarmi e civilizzarmi ha avuto sopravvento. Io che prima di arrivare a Bonifacio sognavo di visitarla a piedi, mi son trovato immediatamente a prendere coscienza delle mie capacità di adattamento. Insomma di quanto qualcosa di irrazionale riesca a superare la mia stessa logica ingenua di sognatore maldestro, incurante del Sole che batte alla testa e delle mille fatiche che la vita comporta. Senza accorgermene mi sono trovato sulla via del ritorno sul traghetto verso Savona.
Cinque giorni che sono sembrati un’eternità, ma non quelle fatte di noia, no ho detto gioia. Aver messo piede nella narrazione di una tradizione fino ad allora sconosciuta. Sentirsi diversi dagli altri turisti. Non patire più il vuoto. Vedere la solitudine come il piede su una posizione. E poi tornare, certi che il ricordo è sempre più poetico della realtà, e che quando si inizia a dimenticare ci si ricorda e si ricomincia a sognare.
Luca Atzori, laureato in filosofia, ex direttore artistico del Teatro Piccolo Piccolo, Garabato e membro fondatore del Mad Pride di Torino. Drammaturgo, attore, poeta, cantautore. Autore dei libr: Un uomo dagli occhi rotti (Rizomi 2015) Gli Aberranti (Anankelab 2019), Teorema della stupidità (Esemble 2019) Vangelo degli infami (Eretica 2020) e dei dischi Chi si addormenta da solo lenzuola da solo (2017), Mama Roque de Barriera (2019) Insekten (2020) Iperrealismo magico (2020) Almagesto (2021).