A vent’anni dall’uscita del primo film, “Il Signore degli Anelli” è ancora oggi una delle poche saghe cinematografiche che ha lasciato un segno evidente nella storia della Settima Arte e, come tante cose belle, mi rendo conto che è un’opera che acquista sempre più valore col passare del tempo.
La sottoscritta ha avuto il privilegio di guardare “La Compagnia dell’anello” all’età di 12 anni circa, e mentre lo guardavo mi rendevo conto di trovarmi davanti a qualcosa di un valore incommensurabile; è soprattutto grazie a film come questi che ho sviluppato la mia passione per il cinema (e come me, tanti altri).
Fonte: magicfilm.com
Qualunque veterano della critica cinematografica è in grado di affermare che l’operato di Peter Jackson ha cambiato per sempre il cinema e in modo particolare l’universo fantasy, mostrando al mondo che questo tipo di storie potevano ottenere un successo fenomenale.
Analizziamo allora i motivi di questa evoluzione e i modi in cui la trasposizione cinematografica dei romanzi di Tolkien ha influenzato il cinema mondiale.
Il realismo storico
Credo sia stata un’impresa titanica l’aver ricreato un mondo come quello della Terra di Mezzo nei minimi particolari , riservando ai romanzi di Tolkien la gloria che si meritavano da tempo. La perfezione di questi film è tale da dotare ogni singolo popolo rappresentato, dagli Hobbit agli “Uomini” propriamente detti, delle sue ambientazioni, dei suoi paesaggi e delle sue costruzioni e abitazioni, con le corrispondenti scenografie curate minuziosamente.
Ogni stirpe poi presenta un modo diverso di comunicare; si avverte fin dal principio una distinzione nei toni, più austeri ad esempio per Uomini ed Elfi, nel formulario di vocaboli e nel modo di esprimersi, che risulta semplice e schietto, per quanto riguarda Hobbit e Nani, più grave e solenne, con Elfi e Stregoni.
Grazie anche ad una cura maniacale dei dettagli, data da una sapiente combinazione di effetti speciali in computer grafica ed altri effetti in stile “vecchia maniera”, Peter Jackson ha saputo conferire al film un’aura di realismo storico, come se le vicende a cui assistiamo siano realmente accadute, mai visto prima in un film fantasy.
Fonte: avolnceltic.com
Le tecniche usate per gli effetti speciali
Prima del “Signore degli anelli” il fantasy era un genere che si rivolgeva quasi esclusivamente a bambini e adolescenti (basti pensare a tutta la trafila di film degli anni ’80 come “La Storia Infinita”, “Ladyhawke”, “La Storia fantastica” o ai film di Tim Burton), in cui i protagonisti erano molto giovani, l’elemento soprannaturale spesso era marginale e nessuno di quei film aveva in sé quelli che noi oggi definiremmo come “canoni del fantasy moderno”.
Con la trilogia di Peter Jackson anche il fantastico diventa credibile ed è reso praticamente come un genere “adulto”. Sappiamo che il regista veniva precedentemente dall’horror, dallo splatter (infatti molti fan dei romanzi inizialmente storsero il naso alla notizia che ci fosse lui a dirigere il tutto) e aveva sempre dimostrato di avere molta dimestichezza con effetti speciali artigianali.
L’idea di Jackson nell’approcciare allo story concept dei libri era chiara: dare veridicità alle creature immaginate da Tolkien, utilizzando tutti i mezzi a sua disposizione. Partì quindi dalla computer grafica, facendo creare un software apposito (Massive) che faceva esattamente ciò che intendeva il regista, soprattutto con la gestione delle masse di eserciti durante le battaglie; lo stesso software fu utilizzato successivamente anche in altri film come Avatar e Inception.
Fondamentale per il successo della trilogia fu anche un attento utilizzo di tecniche come le cosiddette “bigatures” e la motion capture.
Le “bigatures” sono dei modelli in miniatura dei set, ma di dimensioni comunque consistenti: alcuni erano alti anche sette metri! Questi si usavano per riprese aeree e d’ambiente per poi rifinirle in digitale. Un lavoro complesso dal risultato incredibile,.
Ma ciò che ha rivoluzionato il film è stata la motion capture (in italiano “cattura del movimento”), è la registrazione del movimento del corpo umano, attraverso alcuni marcatori che creano un’immagine stilizzata degli attori e riproducono a computer i loro movimenti. Questo tipo di tecnologia non è stata scoperta da Jackson, prima di lui ci aveva provato George Lucas con uno dei personaggi più fastidiosi della storia (Jar Jar Binks), ma è con Gollum che scopre le sue più grandi potenzialità.
Gollum è creato completamente in motion capture, infatti Andy Serkis, che inizialmente si presentò all’audizione per prestare la voce al personaggio, venne notato soprattutto per le sue doti espressive: Jackson si rese conto che la sua voce era inscindibile dai movimenti del suo viso e così decisero di usare le suddette tecniche di computer grafica, ottenendo un fantastico risultato (lo stesso Andy Serkis è diventato praticamente un esperto di queste interpretazioni, se pensiamo alla scimmia Cesare in “L’alba del pianeta delle scimmie”).
Fonte: vigamusmagazine.com
La fiaba a tinte epiche che non tradisce le volontà di Tolkien
Considerato uno dei progetti più grandi e ambiziosi mai intrapresi nella storia del cinema, la trilogia ha richiesto un budget complessivo di 281 milioni di dollari e otto anni di lavoro per essere realizzato per intero; le riprese di tutti e tre i film sono state girate simultaneamente e interamente in Nuova Zelanda, paese natale di Peter Jackson. L’impronta del regista passa anche per un singolare modo di rappresentare gli elementi più grotteschi, per la sua capacità di rendere cupi e minacciosi personaggi come i Nazgul o lo stesso Sauron.
Non possiamo non citare anche l’epicità con cui ha saputo rappresentare un quadro generale di personaggi, ognuno con i propri tratti distintivi: l’ intrepido Aragorn, il valoroso Legolas, il polemico ma benigno Gimli, la dolce e coraggiosa Arwen, arrivando fino alla guida iniziatica, Gandalf. Tutti partecipano in maniera appassionata e appassionante in questo racconto di opposizione e resistenza alle forze oscure.
Fonte: projectnerd.it
Ma il merito di Jackson sta nell’aver saputo tenere fede alla struttura di tradizione fiabesca su cui in primis i romanzi si basano. Il Signore degli Anelli è stata la prima grande produzione a prendere sul serio il genere, ha fatto vedere al mondo che anche col fantasy ci si poteva commuovere, gioire e godere di una storia importante.
Una storia in cui gli eroi principali sono degli esseri semplici, gli Hobbit, che pur avendo qualcosa in comune con gli uomini ne rappresentano in un certo senso la parte migliore, essendo vissuti per secoli in un’area appartata e rigogliosa come la Contea, in cui hanno potuto far crescere buoni sentimenti che altrove erano subordinati a conflitti di potere ed espansioni territoriali.
Fonte: tomshw.com
Saranno proprio queste qualità, prima fra tutte una lealtà e sincerità dei sentimenti, che renderanno gli Hobbit adatti al delicato ruolo di “portatori dell’anello” e a far sì che il loro contributo diventi decisivo per le sorti della Terra di Mezzo.
Fonte: wikiwand.com
È così che “Il Signore degli anelli” ritrae un racconto epico che è anche la storia di un viaggio, di un percorso di crescita dell’anima, costantemente ostacolato da forze oscure e maligne. E il significato simbolico dell’ardimentoso cammino di Frodo e Sam, con Gollum al loro fianco, diventa quello di una scoperta del male e delle sue origini, dai cui esiti nasceranno delle nuove opportunità di concordia e armonia collettive.
Peter Jackson ha saputo riassumere tutto questo in un’ opera incredibile, e ci sarà forse in futuro qualcuno che riuscirà almeno in parte ad eguagliare la perfezione di questa saga, ” Ma non è questo il giorno!” .
Laureata in Archeologia, Storia delle Arti e Scienze del Patrimonio Culturale alla Federico II di Napoli. All’età di 5 anni volevo fare la “scrittrice”, mentre adesso non so cosa di preciso mi riserverà il futuro. Ma una cosa certa è che la scrittura risulta essere ancora una delle mie attività preferite, una delle poche che mi aiuta di tanto in tanto ad evadere dal mondo.