E così, all’improvviso, mi misi in viaggio con Avrai di Claudio Baglioni.
Il più grande bomber italiano aveva appena finito il suo peggior incubo: due anni di squalifica per il famoso calcio scommesse. Eppure era stato convocato in nazionale. Si chiamava Paolo Rossi, e a maggio era ancora solo lo squalificato. Nello stesso mese, la guerra tra l’Inghilterra della Thatcher e l’Argentina dei generali era nel suo pieno svolgimento.
Il 2 maggio l’incrociatore General Belgrano fu affondato dagli inglesi e nessuno si scompose per tutti quei morti. Anche perché l’8 maggio morì Gilles Villeneuve, a Zolder, Belgio, e di lui se ne parla ancora oggi.
A fine maggio, a Londra I Clash rilasciavano il loro più grande successo (Combat Rock) appena prima di disintegrarsi.
Nel frattempo a Pavia, il bar all’angolo tra via Necchi e via Maspes aveva messo il videogioco Donkey Kong. Ci giocavo il pomeriggio e tutto ciò che sapevo del mondo me lo diceva la tv alle mie spalle. Così tra una partita e l’altra senti parlare di un’altra guerra in Libano. Di un italiano trovato impiccato sotto un ponte a Londra. Di un mostro che terrorizzava le coppie che si appartavano vicino Firenze. Tra una notizia e l’altra, compii 14 anni e nella mia testa inizió a entrare una nuova canzone. Era il 9 giugno 1982 e fu allora che inizio il mio viaggio con Avrai di Claudio Baglioni
Avrai
Fonte: https://www.baglionifansite.com/
Le canzoni di Baglioni sono dei dipinti fatte di musica e parole. Non capisco chi le trova melense o tutte uguali. Io le ascolto come fotografie tridimensionali di un attimo, di un movimento, di una scena. Distillati di quotidianità, sbirciate sulla vita prima che sull’amore. Avrai sono i pensieri di un padre davanti al proprio figlio. Lo guarda meravigliato mentre un nocciolo gli cresce nello stomaco. Lo sente, è pesante, lo può quasi toccare.
È il cuore di padre che cresce, colmo di amore e di dubbi, di paure e speranze. Un cuore duro quello dei padri, che per questo si appesantisce (e spezza) tanto facilmente. Quale ragazza gli spezzerà il cuore? Quanto soffrirà? Quando inizierà a fumare con gli amici? Probabilmente fotografie stampate nella memoria del cantautore, un fiume di immagini che si riversa in musica. Naturale continuazione in rima di quel Vedrai con il quale Baglioni condì Strada Facendo proprio un anno prima. Per me neo quattordicenne quelle parole che uscivano dalla TV del bar mentre Mario provava a liberare la principessa da un gorilla, sapevano di futuro. Tra gli echi di una guerra lontana, le morti e i mostri, le vittorie clamorose sulle squadre sudamericane e l’urlo di Tardelli mentre taglia il campo e i sogni dei tedeschi, cercavo di capire quando io futuro di Avrai sarebbe diventato il mio presente.
Baglioni
Dirà Baglioni: “È una canzone che nel tempo è diventata una sorta di inno, dell’augurio, della promessa, del patto stabile che ci deve essere tra coloro che sono già al mondo e quelli che stanno per arrivare. E poi perché è un futuro: “Avrai” significa stabilire ancora una volta in più una concordia, un senso di trasmissione, sia di valori ma anche di cose che diano esperienza, tradizione, ma anche slancio per il futuro che noi pensiamo debba sempre essere la parte migliore della nostra esistenza”.
E oggi?
Il testo della canzone era incorniciato nella camera dei miei figli, che hanno appena passato i 14 anni. È caduto sotto i colpi di pallonate e giochi in camera. Gli aerei non tuonano più sulle cittá – italiane – ma ho sempre dei pantaloni bianchi per l’estate; racconto di quando mi fermavo in spiaggia ad attendere l’alba; non mi perdo un solo tramonto. Anelo quel fumo che appartiene al passato, e non riesco a dimenticare quell’amico che mi ha tradito, né quello che ho deluso io. Ancora attendo che annuncino che la guerra è finita.
Il testo
Vi lascio con il testo e un video della mia versione, quella live del 1982, nella magica cornice del concerto ale’ohoh
Buona canzone!
Avrai sorrisi sul tuo viso come ad agosto grilli e stelle
Storie fotografate dentro un album rilegato in pelle
I tuoni di aerei supersonici che fanno alzar la testa
E il buio all’alba che si fa d’argento alla finestra
Avrai un telefono vicino che vuol dire già aspettare
Schiuma di cavalloni pazzi che s’inseguono nel mare
E pantaloni bianchi da tirare fuori che è già estate
Un treno per l’America senza fermate
Avrai due lacrime più dolci da seccare
Un sole che si uccide e pescatori di telline
E neve di montagne e pioggia di colline
Avrai un legnetto di cremino da succhiare
Avrai una donna acerba e un giovane dolore
Viali di foglie in fiamme ad incendiarti il cuore
Avrai una sedia per posarti e ore vuote come uova di cioccolato
Ed un amico che ti avrà deluso, tradito, ingannato
Avrai, avrai, avrai
Il tuo tempo per andar lontano
Camminerai dimenticando
Ti fermerai sognando
Avrai, avrai, avrai
La stessa mia triste speranza
E sentirai di non avere amato mai abbastanza
Se amore, amore avrai
Avrai parole nuove da cercare quando viene sera
E cento ponti da passare e far suonare la ringhiera
La prima sigaretta che ti fuma in bocca un po’ di tosse
Natale di agrifoglio e candeline rosse
Avrai un lavoro da sudare
Mattini fradici di brividi e rugiada
Giochi elettronici e sassi per la strada
Avrai ricordi, ombrelli e chiavi da scordare
Avrai carezze per parlare con i cani
E sarà sempre di domenica domani
E avrai discorsi chiusi dentro e mani
Che frugano le tasche della vita
Ed una radio per sentire che la guerra è finita
Avrai, avrai, avrai
Il tuo tempo per andar lontano
Camminerai dimenticando
Ti fermerai sognando
Avrai, avrai, avrai
La stessa mia triste speranza
E sentirai di non avere amato mai abbastanza
Se amore, amore, amore, amore avrai”
Antonio Di Cesare, classe 68, lavoro nel mondo dell’informatica. Negli anni ’90 pubblico articoli tecnici e di costume sul mondo ‘nerd’ su alcune riviste specializzate. Recentemente riscopro il piacere di scrivere in una dimensione più intima, quasi come strumento terapeutico, per cercare, per chiarire. E per esibire me stesso.