Pippa Bacca era solo uno pseudonimo. Il vero nome era Giuseppina Pasqualino di Marineo. La sua storia è raccontata dal docufilm Sono innamorato di Pippa Bacca del regista Simone Manetti del 2020. Il verde era l’unico colore, che amava e che aveva scelto di indossare, da un certo periodo della sua vita in avanti. Era un personaggio strano, come dev’essere un’artista, e credo meriti di essere conosciuta.
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Gli inizi
Pippa Bacca apparteneva ad una famiglia nobile. Nata a Milano il 9 dicembre 1974, era nipote di Piero Manzoni, cui si deve lo sviluppo dell’arte concettuale, che era il fratello di sua madre Elena. Dal 1997 intraprese la via dell’arte performativa che consisteva nel trasformare oggetti in oggetti diversi, in genere semplicemente con l’uso delle forbici. Per fare un esempio se aveva una foto di persone che le avevano dato un passaggio in macchina, le ritagliava a forma di autoveicolo. L’opera Mutazioni Chirurgiche la compose raccogliendo foglie in un bosco e poi ritagliandole in modo da dar loro la forma di foglie di altre piante. Ancora, con l’uncinetto realizzava lavori di forma fallica o sessualmente allusiva.
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Spose in Viaggio
Pippa Bacca non era molto conosciuta fuori Milano poi l’8 marzo 2008, in occasione della Giornata Internazionale della Donna, dà il via, insieme a Silvia Moro, al suo progetto destinato a rimanere l’ultimo e il più famoso: Spose in Viaggio.
Silvia e Pippa , entrambe vestite da spose, si prefiggevano di attraversare, facendo l’autostop, undici paesi teatro di conflitti armati, con lo scopo di promuovere la pace e la fiducia nell’altro.
Partendo da Milano avrebbero attraversato Slovenia, Croazia, Bosnia, Bulgaria, Turchia, Siria, Libano, Giordania, Cisgiordania e Israele. Il viaggio si sarebbe concluso a Gerusalemme dove le due artiste avrebbero concluso l’impresa lavando i loro abiti per eliminare simbolicamente le scorie della guerra.
Fonte foto: pippabacca.it
Dettagli di viaggio
L’abito da sposa era stato scelto per il suo grande significato femminino, come richiamo alla capacità di generare della donna e, soprattutto, come emblema di pace e fratellanza.
I seimila chilometri attraverso i paesi sconvolti dalle guerre e dalla povertà avevano lo scopo di celebrare il matrimonio tra i popoli e dimostrare che dando fiducia al prossimo si riceve solo bene.
Pippa, ad ogni tappa del viaggio, riservava alle ostetriche il rito della lavanda dei piedi. Con gratitudine glieli asciugava con la mantellina dell’abito nuziale, poiché aiutavano con il loro quotidiano lavoro la nascita e la vita anche in mezzo all’orrore.
Silvia, invece, incontrava comunità di donne che lasciavano una traccia ricamata della propria cultura sul suo abito trasformandolo, così, in terreno di dialogo e opera collettiva.
I due vestiti da sposa sgualciti da migliaia di chilometri, assieme alle foto realizzate dalle due artiste, avrebbero dovuto rappresentare il prodotto finale del loro viaggio nelle zone non pacificate del Mediterraneo.
Fonte foto: casadonnemilano.it
Ma…non andò così
Pippa e Silvia percorrono i primi chilometri della loro avventura sulle vecchie vespe dei loro fidanzati poi in autostop e, come da programma arrivano in Turchia il 20 marzo. A Istambul si separano dandosi appuntamento dopo pochi giorni a Beirut. Pippa non ci arriverà mai.
Il 31 marzo viene violentata, uccisa e abbandonata, nuda, in un fosso, a Gebze dall’uomo che le aveva dato un passaggio. Il suo corpo venne ritrovato solo l’11 aprile. Il responsabile del suo assassinio, Murat Karatas, fu individuato per aver fatto uso del cellulare della vittima. La Cassazione turca lo condannò a 30 anni e mai ebbe parole di pentimento per il suo gesto.
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Quel che ne seguì
L’opinione pubblica internazionale fu molto scossa nell’apprendere quanto successo a Pippa Bacca. Lo stesso Erdogan, allora primo ministro turco, si dichiarò profondamente rattristato. Peccato che otto anni dopo, nel 2016, fu lo stesso Erdogan a sostenere in Parlamento il disegno di legge sulla depenalizzazione dei reati di violenza sessuale su minori, qualora il colpevole fosse intenzionato a sposare la vittima. Fortunatamente le massicce proteste dell’opinione pubblica e l’intervento delle associazioni per i diritti umani fecero sì che la proposta venisse respinta.
Fonte foto: famigliacristiana.it
Le donne turche
All’indomani del ritrovamento del corpo martoriato di Pippa molte donne e attiviste turche decisero di manifestare in strada vestite da spose. Fu un gesto molto importante in un paese nel quale i diritti civili, e delle donne in particolare, iniziavano ad essere messi in discussione.
È indubbio che l’uccisione di Pippa Bacca, con il suo invito generale alla pace così brutalmente annientato, ha lasciato dietro di sé uno strascico di significati simbolici, allegorici, morali e geopolitici che non si poteva ignorare e non si dovrebbe dimenticare.
Fonte foto: pippabacca.it
Sui social
Potevano mancare i soliti esaltati leoni da tastiera che scrissero a commento degli articoli apparsi su internet come Pippa se la fosse andata a cercare? Lo stesso avvenne nel blog aperto da Silvia e Pippa prima di partire per documentare la loro avventura. Qualcuno arrivò a scrivere che
“una donna che se ne va in giro da sola per il mondo chiedendo l’autostop sa a cosa può andare incontro”.
Pippa Bacca, così come le altre vittime di violenza, non se l’è andata a cercare per nulla. Lei voleva fortemente fidarsi del genere umano. Si era preparata per quel viaggio con grande rispetto per le culture che avrebbe incontrato. Aveva studiato arabo per oltre un anno per potersi rapportare con le persone che avrebbe incontrato. Potremmo definirla ingenua ma perché dovremmo definire lei? La violenza è sempre responsabilità di chi la agisce non di chi la subisce e quindi definiamo lui per quello che è: uno stupratore omicida.
Fonte foto: pippabacca.it
Di Pippa Bacca resta il simbolo dei sogni violati, dei desideri infranti e delle sue ali spezzate.
Mi piace ricordarla coi primi versi di un componimento che le dedicò Alda Merini:
“Abito bianco
per andare a nozze con la tua morte
e con quella di noi tutti”
Monica Giovanna Binotto è un nome lungo e ingombrante ma è il mio da 57 anni e ormai mi ci sono affezionata. Ho sempre amato leggere. Fin da bambina. E anche scrivere, ma senza mai crederci veramente. Questo mi ha aiutato negli studi. Ho una laurea in Economia e Commercio e una in Psicologia dello Sviluppo. Da cinque anni faccio parte di un gruppo di lettrici a voce alta, le VerbaManent, con il quale facciamo reading su tematiche importanti sempre inquadrate da un’ottica femminile e mi occupo di fare ricerche e di scrivere e assemblare i copioni. Negli ultimi due anni, per colpa o merito di questa brutta pandemia che ci ha costretti in casa per lunghi periodi, ho partecipato a diverse gare di racconti su varie pagine Facebook e mi sto divertendo tantissimo anche perché ho conosciuto tante belle persone che condividono i miei stessi interessi.