Le opere più emozionanti di Caravaggio sono anche quelle che riportano su tela le emozioni dell’artista e per questo, prima di iniziare la carrellata delle opere è bene spendere qualche riga per conoscere meglio l’artista che porta l’oscurità sulla tela.
“Il modo del Caravaggio corrispondeva all’apparenza sua ovvero fisionomia; gli aveva complessione oscura ed occhi oscuri, il ciglio e la chioma erano neri, si che tale colore specchiavasi nella sua pittura.”
Sono queste le parole con le quali Giovanni Pietro Bellori descrive Michelangelo Merisi, maestro e pittore maledetto, famoso in tutto il mondo, come il Caravaggio. Non è semplicemente manierista e nemmeno un semplice realista, Caravaggio è solo Caravaggio ed è nero d’occhi quanto d’animo ed è questo che mette sulla tela. Questa oscurità che lo caratterizza è dettata dalla costante presenza della morte che si trova costretto a conosce sin dalla tenera età di sei anni, quando per via della peste rimane orfano di padre, nonno e zio. Nel 1599 assiste alla decapitazione di Beatrice Cenci e nel 1606 per errore, durante una rissa uccide Ranuccio Tommasoni e si trova costretto a scappare da Roma.
Le opere di Caravaggio
I Bari (datato 1594) la prima delle opere scelte è anche quella con la quale viene notato dal cardinale Del Monte che lo prende sotto la sua ala e lo eleva all’alta committenza. Quello che affascina di quest’opera è la rappresentazione di una scena di vita alla quale il Caravaggio, che ama girare per bettole e locande bevendo vino e intrattenendosi con donne di vita, conosce bene. Un occhio attento può notare senza troppa difficoltà come i soggetti che Caravaggio prende a modello non cambino nemmeno davanti alle committenze che richiedono la raffigurazione di scene sacre.
Infatti ne La vocazione di San Matteo, dipinta fra il 1599 e il 1602, si possono incontrare le stesse movenze ed espressioni del quadro sopra citato. La composizione inizialmente molto scura trova l’aggiunta della lama di luce che sembra tagliare letteralmente l’oscurità per ordine del Cristo per chiamare a se colui che è destinato a diventare San Matteo. L’idea arriva proprio grazie alla luce naturale che filtra nella chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma dov’è sita l’opera.
A fargli compagnia c’è la terza opera che porto alla vostra attenzione: Il Martirio di San Matteo (1600-1601). Dipinto in cui armonia ed equilibrio composito rendono sopportabile l’impeto con il quale il possente carnefice si scaglia contro San Matteo. Mentre la teatralità è data dall’illuminazione artificiale che illumina la rappresentazione dal basso. Guardando attentamente si può notare fra gli astanti lo stesso Caravaggio, la presenza del pittore sulla scena e il tipo di illuminazione lascia pensare che in questo dipinto venga elaborata dall’artista la scena della decapitazione della giovane Beatrice Cenci.
Da qui in avanti lo studio della luce naturale e quello della luce artificiale data da candele e lampade entra a far pare della preparazione delle scene, preparate dall’artista per la copia dal vero. Inoltre una piccola curiosità può aiutare a capire in che modo Caravaggio riesca a catturare tutti i particolari di quelli che sono veri e propri set. Per avere un quadro d’insieme senza rischiare di perdere dettagli non guarda mai direttamente la scena ma la vive riflessa in uno specchio ed è da esso che che riproduce su tela ciò che vede.
Ma il realismo e i modelli di Caravaggio suscitano anche rifiuto e accese discussioni ed il caso più affascinante è quello de La morte della Vergine realizzato fra il 1604 e il 1606 e che la committenza di rifiuta si accettare. L’indignazione e il rifiuto categorico fanno perno sul fatto che la Vergine: oltre ad essere stata rappresentata davvero morta, quando è regola che il suo non sia un trapasso ma un’assunzione, il Caravaggio abbia preso a modello un reale cadavere di donna da poco riemersa dal fiume e la riprova a questa congettura la si vede semplicemente osservando il ventre gonfio della Vergine.
Di grande suggestione e capace di racchiudere uno dei sentimenti realmente provati dall’artista è il dipinto di Giuditta e Oloferne in cui vediamo una protagonista tutt’altro che convinta dell’azione che sta compiendo. Qui Giuditta sembra più la mano attraverso la quale la vecchia balia compie la decapitazione di Oloferne, tant’è che negli occhi di Giuditta pare addirittura esserci pietà nei confronti dell’uomo.
Prima di chiudere con il confronto fra due delle opere più suggestive di Caravaggio è giusto citare almeno un paio dei suoi fanciulli. I due più significativi sono sicuramente il Fanciullo con il canestro di frutta, in cui un giovane porge tanto se stesso quanto il cesto di frutta che tiene fra le braccia allo spettatore. In questo dipinto del 1593-1594, l’artista vuole palesare come per lui costi il medesimo impegno dipingere tanto la figura umana quanto la natura morta ed è di quest’ultima che mette in risalto la bellezza.
Sempre degli stessi anni è il Ragazzo morso da un ramarro, questo ritratto ci mostra il genio e l’apertura mentale dell’artista che crea quella che può essere vista come la prima istantanea anche se pittorica e non fotografica. Infatti il ragazzo viene immortalato sulla tela in una posa scomposta e che comunica il disagio del dolore inaspettato.
In chiusura ecco i due dipinti che possono tenere gli occhi incollati alle tele per molti minuti, si tratta citandoli in ordine cronologico, di Riposo durante la fuga d’Egitto terminato nel 1596 e Davide con la testa di Golia del 1610.
La scelta di queste opere non è casuale, infatti la prima Riposo durante la fuga dall’Egitto è una delle opere più significative del giovane Caravaggio, si noti come il quadro sia luminoso e pieno di dettagli che ricordano il percorso di salvezza e la fragilità della vita; riferimenti che si trovano tutti nella cura per i dettagli che l’artista mette già nella prima fase del suo lavoro.
Mentre Davide con la testa di Golia è l’ultimo quadro dipinto da Caravaggio, poco prima della sua morte solitaria e improvvisa quando l’artista ha solo 38 anni. I due visi, quello di Davide e di Golia, rappresentano rispettivamente l’artista fanciullo e l’artista nel momento in cui sta dipingendo il quadro. La rappresentazione vuole essere una denuncia verso il mondo, ma anche verso se stesso: al mondo rimprovera il fatto di perdonare un delitto se si pensa essere stato perpetrato per giusta causa, a se stesso rimprovera l’aver condotto quella vita che lo ha portato ad essere considerato uno dei cattivi. Qui Caravaggio si identifica con l‘antagonista ammettendo le proprie colpe, ma allo stesso tempo avvisa il giovane Davide che un’uccisione pesa in qualunque caso sull’anima, che sia a fin di bene o accidentale.
Lavoro come grafica-creativa, illustratrice e content editor freelance.
Sono diplomata in grafica pubblicitaria e parallelamente ho studiato disegno e copia dal vero con Loredana Romeo.
Dopo il diploma ho frequentato beni culturali presso l’università di lettere e filosofia e parallelamente seguivo un corso di formatura artistica, restauro scultoreo e creazione ortesi per il trucco di scena.
A seguire l’Accademia Albertina di Belle Arti con indirizzo in grafica d’arte (che mi ha permesso di approfondire: disegno, illustrazione, incisione, fumetto).
Sono sempre stata interessata e assorbita dal mondo dell’arte in tutte le sue forme e dopo la prima personale nel 1999-2000 non ho mai smesso di interessarmi alle realtà che mi circondavano.
Nel 2007 ero co-fondatrice e presidente dell’Associazione Arte e Cultura Culturale Metamorfosi di Torino e in seguito ho continuato e continuo a collaborare con vari artisti e ad esporre.
L’amore per l’arte in tutte le sue forme, il portare avanti le credenze e le tradizioni familiari hanno fuso insieme nella mia mente in modo indissolubile: filosofia, letteratura, esoterismo, immagine e musica.