La sede è il Museo Civico San Domenico di Forlì che dal 23 febbraio al 29 giugno 2025 ospita una esposizione particolare e affascinante. Il tema, infatti, è intrigante e ricco di suggestioni: “Il ritratto dell’artista. Nello specchio di Narciso. Il volto, la maschera. Il selfie”. Una mostra che si muove in un vasto arco temporale e prende in esame le opere di artisti famosi che abbiano ritratto la propria immagine.
Oggi la moderna tecnologia ci ha abituato ai selfie manifestati e postati da ognuno di noi sulle piattaforme del web. Tutti possono mostrarsi e farsi riconoscere in posa davanti ad ameni scenari o insieme ad amici. Un fenomeno ormai consueto che possiede innumerevoli sfaccettature psicologiche: la voglia di affermare il proprio essere, il bisogno di apparire, l’ostentazione dei risultati raggiunti o semplicemente la memoria di se. Sempre sorridenti e assertivi.
Nel corso dei secoli anche gli artisti hanno ceduto alla tentazione di ritrarre il proprio essere, a volte in una tela mimetizzato tra altri comprimari quale spettatore di una scena sacra o di un evento storico, come la presenza di Jaques Luis David ( 1748-1825) nel grande quadro dell’incoronazione di Napoleone, a volte posando in prima persona nel dipinto lasciando ai posteri una visione di sé che in qualche modo svelasse la presenza, l’indole, la bravura o il successo, come negli autoritratti di Albrecht Durrer (1471-1528) o di Raffaello (1483-1520 ).
È Leon Battista Alberti (1404-1472), nel De pictura (1435), forse anche in tono rimarchevole, a riconoscere come fonte per gli autoritratti dei pittori dell’epoca la figura emblematica di Narciso che si specchia nel lago, ed è proprio nel periodo umanistico (dalla fine del Trecento a tutto il Quattrocento) che la pratica si impone come affermazione del proprio talento e attestazione del ruolo sociale.
Ma saranno i secoli successivi a sancire definitivamente la popolarità dell’autoritratto tra gli artisti, fino ad arrivare alla modernità e alla storia presente dove, appunto, il ritrarsi non è più appannaggio solo degli artisti.
La mostra
A cura di Cristina Acidini, Fernando Mazzocca, Francesco Parisi e Paola Refice la mostra ripercorre questo appassionante ed esclusivo filo conduttore nelle varie epoche storiche, presentando artisti come Giovanni Bellini, Tintoretto, Lavinia Fontana, Diego Velasquez, Sofonisba,Aguissola, Lotto, Pontormo, Parmigianino, Rembrandt, Tiziano, Hayez, Böcklin, De Chirico, Balla, Sironi, Bacon fino a Bill Viola e Chuck Close, personaggi che, attraverso l’immagine di sé, hanno forse ritrovato il proprio mondo interiore, il significato della propria arte, l’unicità del proprio stile.

Dopo aver seguito studi artistici si interessa appassionatamente ad approfondire i meccanismi e l’evolversi della storia dell’arte contemporanea.
Proprio in qualità di critico d’arte e corrispondente, negli anni ’80 e ’90, ha firmato saggi e recensioni per alcuni dei maggiori periodici del settore, tra i quali: Terzoocchio delle edizioni Bora di Bologna, Flash Art di Milano Julier di Trieste ed il genovese ExArte .
Inoltre affiancherà attivamente come consulente la famosa galleria d’Arte avanguardistica Fluxia durante tutto il periodo della sua esistenza.
Ha partecipato all’organizzazione di numerosi eventi, tra i quali l’anniversario del centenario dell’Istituto d’Arte di Chiavari e la commemorazione del trentennale della morte del poeta Camillo Sbarbaro a S. Margherita L.
Nel 2010 pubblica il suo primo romanzo: “La strana faccenda di via Beatrice D’Este”, un giallo fantasioso e “intimista”.
Nel 2018 pubblica il fantasy storico “Tiwanaku La Leggenda” ispirato alla storia ed alle leggende delle Ande pre-incaiche.
Attualmente collabora con alcuni blog e riviste on-line come “Chili di libri, “Accademia della scrittura”,
“Emozioni imperfette”, “L’artefatto”,” Read il magazine” e “Hermes Magazine” occupandosi ancora di critica d’arte e di recensioni letterarie.