Quando si tratta della Secessione Viennese si deve tenere a mente il contesto storico nel quale si andò a sviluppare: ci troviamo a metà dell’800, un periodo di grande fermento in Austria e, in particolar modo, a Vienna. La borghesia ha trasformato totalmente il volto dell’antica città europea, dotandola di grandi e luminosi boulevards, ricchi di luoghi d’incontro artistico-letterari, fra i quali ricordiamo il celebre Cafè Central.
Sulla famosa Ringstrasse si affacciano magnifici edifici pubblici, caratterizzati da uno stile architettonico eclettico, il quale punto di riferimento è il celeberrimo Palazzo della Secessione, progettato dal giovane architetto Joseph Maria Olbrich (1867-1908), costruito fra il 1897 ed il 1898 allo scopo di fungere da sede per le esposizioni e mostre degli artisti dell’epoca.
Fra tutti, vanno ricordati i nomi di cinque uomini che contribuirono a rendere Vienna uno dei centri più prolifici per quanto concerne la cultura ed il pensiero modernista: Freud, Schnitzler, Klimt, Kokoscka e Schiele.
Caratteristiche del Modernismo
Tre sono gli elementi che più contraddistinguono questa particolare corrente artistico-filosofica:
- La riscoperta del corpo umano, soprattutto degli impulsi aggressivi ed erotici che spesso vengono provati inconsciamente dagli individui. Evidente a tal proposito è il contributo offertoci da Freud e dalla psicanalisi, la quale influenzò profondamente l’opera letteraria di Schnitzler e quella filosofica di Schopenhauer.
- L’autoanalisi come punto di partenza per lo sviluppo della propria opera.
- Ruolo centrale delle scienze biologiche.
La personificazione di Vienna: Adele Block Bauer
Fonte foto: analisidellopera.it
Il ritratto dell’aristocratica donna viennese venne realizzato da Gustav Klimt (1862-1918) nel 1907, andando a rompere i canoni anche della sua stessa e precedente produzione artistica, spostando la rappresentazione del soggetto da un piano tridimensionale a quello bidimensionale.
Ella sembra rappresentare allegoricamente la ricchezza, il progresso e la sensualità intrinseche non solo alla sua bella presenza, ma anche alla sua città natale in quel determinato periodo storico.
L’influenza della biologia la si può riscontrare nelle decorazioni dell’abito della donna in quanto, sia i triangoli che i cerchi, simboleggiano le cellule riproduttive, sottolineando ulteriormente la seduttiva eleganza della modella, nonché la sua sottintesa fertilità.
La rappresentazione di un tabù: il piacere sessuale
Numerosissime sono le opere che trattano di questa tematica e che ritraggono spesso personaggi femminili. Una delle opere più famose che potrebbe essere presa in considerazione a riguardo è sempre di Klimt ed è la bellissima Danae (1907). La pioggia d’oro simboleggia il seme di Zeus, mentre sulle lenzuola appaiono dei piccoli embrioni stilizzati che rappresentano il concepimento.
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È da sottolineare il fatto che Klimt fu il primo fra tutti i pittori dello Jugendstil a trattare apertamente nelle sue opere temi quali la sessualità (soprattutto femminile) ed il piacere che l’atto in sé poteva apportare ai singoli individui.
Esempio lampante che può essere citato a tal proposito è il famoso Bacio (1907-8), nel quale viene raffigurata l’unione corporale fra i due protagonisti, simboleggiata attraverso il mantello dell’uomo che pone in comunione gli elementi della fertilità maschile e femminile rappresentati sugli abiti dei due amanti.
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Mentre però Klimt rimaneva sull’allusivo, il suo contemporaneo Egon Schiele (1890-1918) non esitò a destare scandalo con le sue opere eroticamente esplicite, quali L’abbraccio (1907), Coitus (1915) Mann und Frau (1917). In queste tre opere ciò che più ci colpisce è il fatto di trovarci di fronte al momento più intimo della relazione dei soggetti rappresentati. Tutti sono avvinghiati e travolti dalla passione dell’atto sessuale, espressione del loro amore e della paura (tipica delle opere di Schiele) di perdersi per sempre dopo un momento così intenso.
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Femmes fatales, morte e doppelgänger
Oltre alla sensualità, un altro dei temi più estremamente cari a Klimt era la morte, posta in stretta correlazione con la prima tematica. In un’opera come Giuditta I (1901), l’artista intende trasmettere il potere non solo seduttivo, ma anche e soprattutto distruttivo dell’erotismo femminile. La donna viene dunque caricata di una forza pericolosa ed irrazionale, capace di travolgere con il fascino fatale il povero malcapitato che se la ritroverà di fronte, come suggerisce lo sguardo estatico di Giuditta, mentre sorregge fra le dita sottili la testa di Oloferne.
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La morte ritorna anche nelle opere di Schiele, in questo caso però rappresenta la fine di una relazione e del conseguente abbandono da parte dell’altra persona. Ne La morte e la fanciulla (1915), l’artista rappresenta uno dei momenti più significativi della sua biografia, ossia la rottura con Wally, alias Valerie Neutzil, giovanissima modella e precedentemente amante di Klimt, con la quale Schiele intrattenne una relazione a dir poco controversa data la minore età della suddetta ragazza.
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Numerosi sono poi i quadri nei quali egli si rappresenta affiancato da una figura scheletrica che sembra incombere sul suo deformato autoritratto, simbolo della sua disperazione, nonché del decadimento interiore, segnato soprattutto dalle sue pulsioni sessuali perverse. A tal proposito può esser preso in esame il quadro La morte e l’uomo (1911), nel quale la citata figura spettrale altro non è se non il doppelgänger dell’artista, ossia il suo lato oscuro, il fantasma del sé.
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