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Il termine ortografia deriva dal latino orthographia, che a sua volta riprende il greco: orthographía, (formato da orthós ovvero ‘diritto, retto’ e graphía ‘scrittura’) dulcis in fundo il significato di questa parole è: ‘scrittura corretta’ e si riferisce all’uso su carta di una lingua secondo regole necessarie e stabilite, che riguardano tanto la rappresentazione dei suoni attraverso una (o più) lettere dell’alfabeto, quanto la separazione delle parole, l’uso di apostrofi, accenti, segni di punteggiatura, caratteri maiuscoli e minuscoli, e tanto altro.
Ogni lingua, quando passa da un uso esclusivamente orale a un utilizzo su carta, tende necessariamente a stabilire e a fissare determinate regole, sia per evitare possibili ambiguità interpretative, sia per consentire il riconoscimento della lingua stessa corretta e della comunità che ne fa uso. L’ortografia però per noi, esattamente cos’è? Narra la leggenda che molto comunamente noi l’abbiamo bene impressa nella “caveza” grazie ai segni fatti con la bic rossa, al nostro tema piu’ bello di quarta elementare dalla maestra, che probabilmente non era del nostro stesso parere.
Perché si, un sassolino dalla scarpa ce lo dobbiamo togliere ammettendo che siamo tutti, più o meno d’accordo sul fatto che il sistema ortografico attuale non sia completamente coerente con tutto ciò che ci viene insegnato. E non perché ognuno scrive come gli pare, ma a volte possiamo senz’altro concordare sul fatto che scrivere come ci pare ci viene piu’ facile e che l’attenzione nei confronti dell’ortografia da parte della scuola sia stata perfino eccessiva e abbia per molti decenni generato un diffuso senso di “paura di sbagliare”. Infatti, se ci facciamo caso, nelle lettere o in quello che buttiamo su carta, tale disagio spesso viene espresso esplicitamente, con le “scuse per gli errori” indirizzate ai nostri amori di penna. Ma d’altro lato non abbiamo dubbi, sul ruolo centrale della scuola e che all’Italiano delle maestre si debba l’attuale stabilizzazione dell’ortografia standard, che viene applicata anche nei più diffusi correttori automatici negli stra-conosciutissimi programmi di scrittura sul computer e altri device.
Ed ecco qui allora un vademecum degli errori ed orrori piu’ comuni da tenere a mente, se anche voi, nonostante i traumi alla scuola primaria, avete deciso di diventare scrittori.
Il Fu senza accento.
“Fù” con l’accento è uno degli errori più frequenti nelle scuole e non solo. Questo perché la sua frequenza consiglia di porre l’accento sulla lettera “u”. Niente di più sbagliato, “Fu” passato remoto del verbo essere, non vuole né accento né apostrofo.
Accento grave o acuto? Perché o poiché
Alcune volte il dubbio riguarda gli accenti e il verso dove vanno messi nelle parole in riferimento e alla tipologia di accento che possiedono alcune di esse. “Perchè o perché?” La seconda forma è quella corretta, ossia quella con l’accento acuto e lo stesso discorso vale per “poiché”, “finché”.
La terza persona singolare del presente del verbo essere invece vuole l’accento grave e si scrive cosi: “è”.
Di’ e poi mi dici che hai scritto
Questo termine assume diversi significati a seconda di come si presentano apostrofo e accento. Oppure se non li hanno “Di” è preposizione semplice. La parola “Dì”, con l’accento, indica la parola “giorno” E “Di’” con l’apostrofo è seconda persona singolare, imperativo, del verbo dire.
“Do” spoglio di qualsiasi accento o apostrofo
Sia che indichi la nota musicale, sia che si riferisca alla prima persona singolare del presente indicativo, questa parola si scrive senza alcun accento o apostrofo. Sempre.
D’accordo che non si scrive daccordo?
Una volta ascoltata la spiegazione non avrete più alcun dubbio, sappiatelo. In questo caso è sufficiente ricordarsi che la forma corretta per questa parola è “d’accordo” perché si tratta di una elisione derivata dall’accostamento dei termini “da” e “Accordo”, che come sappiamo tutti non possono stare vicini.
La forma “daccordo” non esiste ed è totalmente errata
E vaaaaa… – cit Albano Carrisi
Ecco un altro errore molto comune. Il mitico verbo andare. Se si tratta della terza persona singolare dell’indicativo presente, la parola “va” si scrive senza apostrofo e accento. Se si parla della seconda persona dell’imperativo si scrive con l’apostrofo ovvero “va’”. Attenzione, però, perché la seconda persona singolare nell’indicativo può essere apocopata in va’. Infatti “Tu vai” può diventare “Tu va’” mantenendo ovviamente lo stesso significato.
Mi chiamo Alessia, scrivo per difendermi, per proteggermi e per dare una mia visione del mondo, anche se in realtà io, una visuale su tutto quello che accade, non ce l’ho, e probabilmente non l’ho mai avuta. Ho paura di ritrovarmi e preferisco perdermi.
Culturalmente distante dal pensiero comune. Emotivamente sbagliata. Poeticamente scorretta. Fiore di loto, nel sentiero color glicine. Crisantemo all’occorrenza. Ho più paure che scuse. Mi limito a scrivere e leggere la vita. Mi piace abbracciare Biscotto, anche da lontano. Anche se per il mondo di oggi sembra tutto più difficile.
Scrivo per questo magazine da circa un anno. Ho pubblicato anche un libro ( ma non mi va di dire il titolo perché qualcuno penserebbe “pubblicità occulta”). Ho aperto un mio blog personale: “Il Libroletto” dove recensisco libri per passione.