“Ho coniato il termine Donna Fenice,
colei che porta un fardello nella sua vita,
fino a che brucia e poi rinasce più bella di prima.”
Veronica Evangelisti è un’autrice emergente che sta intraprendendo con passione e grande forza di volontà il proprio percorso nella scrittura. Ha già all’attivo molte produzioni, e tanti altri progetti in divenire. L’estratto, di cui sopra, preso dal suo ultimo libro “Donne Fenice”, fa emergere il suo spirito impavido, profondo, anche tra le pagine delle sue storie.
Dinamica e spontanea, ho avuto il piacere di conversare con Veronica prima e dopo un evento importante che la riguarda, la presentazione del suo libro a Mentana, storico comune alle porte di Roma. Un luogo simbolo del Risorgimento italiano che accoglie il battito di ali di una scrittrice e il suo sogno, raccolto in questa intervista, qualche giorno prima l’evento del 12 Settembre.
Cosa significa essere “un’autrice emergente” in un universo editoriale ricco di possibilità, ma anche complesso e molto dispersivo?
Non lo so, mi ci sono trovata, prendo tutto come una novità. Non è facile ma è divertente, è una sfida, sto facendo la gavetta. Io non guardo gli altri se arrivano prima di me, se sono più bravi di me, non mi interessa, sono grata a me stessa per aver capito quello che voglio fare, intanto lavoro duro e mi guadagno lettore dopo lettore, il libro è un mezzo per arrivare all’anima delle persone.
“Scrivere” è un lavoro oppure un hobby?
Scrivere è una passione, è mettere su carta le emozioni. E’ un hobby se non si fa leggere quello che si è scritto, è un lavoro e una responsabilità intellettuale, far sì che quello che si pubblica sia una buon lettura.
Il 12 Settembre presenterai il tuo libro, “Donne Fenice”, presso il comune di Mentana, vicino Roma. Una presentazione è sempre un momento emozionante che qualsiasi scrittore sogna, ma che in tanti hanno paura di sperimentare. Come stai vivendo l’attesa e come ci si prepara ad un evento del genere?
Oscar Wilde scrisse: “L’attesa del piacere è essa stesso il piacere”, sono emozionata, ma sono felice! Come andrà non posso saperlo, nel bene o nel male. Sono arrivata a promuovere il libro in un comune medioevale, ricco di storia, con il patrocinio gratuito, e di questo ringrazio il Sindaco di Mentana Marco Benedetti, il suo segretario Federico Attanasio e l’assessore alla cultura Barbara Bravi per la disponibilità e l’apertura che hanno dimostrato. Poi…que serà, serà!
Sei un’autrice molto produttiva, con una grande energia creativa, e hai già all’attivo due libri pubblicati, il primo “Un posto per Victoria” con una casa editrice, e il secondo “Donne Fenice” in self-pubblishing. A distanza di tempo, come valuti queste due esperienze?
Avere un editore alle spalle è già un biglietto da visita, l’alta società dell’editoria ti guarda meno con la puzza sotto il naso, ma sinceramente scrivere un libro per poi darlo a sciacalli, non la vedo una furbata. L’editoria vale se un editore è serio, è grande e paga le provvigioni, ci sono esistono. Donne Fenice ha avuto cinque proposte, una peggio di un’altra, tutti volponi. Alla fine ho fatto in self, ho editato il libro, ho più guadagno, ho il distributore che è Amazon che paga puntuale ogni mese, in ogni momento posso apporre modifiche per i refusi. Se si ha lo spirito imprenditoriale, il self è un ottima soluzione, altrimenti è andare ad imbattersi contro un muro, perché gli aspetti da curare sono molti, non si può pubblicare su Amazon e aspettare che il destino bussi alla porta, oltre alla scrittura c’è un lavoro immane.
Cosa consiglieresti ad un autore che sta pubblicare il suo libro?
Di credere nel suo lavoro, tanti ti giudicheranno, cogli il lato positivo da ogni critica, migliorati, studia, e non ammorbare la gente con il tuo libro, chi vuole ti legge. Ma soprattutto se vuoi venderlo, esci dal tuo giro, niente famiglia e amici, non regalare mai il tuo libro, è il tuo lavoro altrimenti non lo pubblicavi. Se il barista non ti regala il caffè da 0,90 centesimi, perché tu dovresti regalare il tuo libro da 9,90?
“Donne Fenice” è un libro che racconta la quotidianità della vita, di persone comuni che cadono ma ritrovano la forza di rialzarsi. Quanto c’è di personale in questa storia?
Tanto, a parte l’adulterio e alcune parti romanzate, Linda sono io.
Nel mondo di oggi, sconvolto dal Covid, credi che la resilienza sia ancora possibile?
La resilienza è tutto, prima c’era la guerra e le mie nonne mi hanno insegnato a ridere sulle brutture che avevano visto. L’uomo dimentica subito, per questo ci sono i libri.
“L’amicizia non è vedersi ogni giorno, ma ricontrarsi dopo anni, ed è come non essersi mai lasciati”. Una frase tratta dal tuo libro, che apre la scena su un incontro tra amiche, che dopo tanti anni, fanno un’uscita insieme, e tra una battuta e un ricordo, finiscono per confrontarsi, a fare il punto sulle loro vite. Quanto è importante per te l’amicizia?
Ho molti conoscenti e pochi amici, sembro solare ma ho un carattere difficile. L’amicizia è la famiglia che ti crei durante la vita. Io ho un gruppo con gli amici delle elementari, ci scriviamo ogni giorno e ci vediamo ogni sei mesi, sono come i miei cugini, è famiglia! Durante la quarantena siamo rimasti uniti, parlavo più con loro che con mio marito, finito il periodo è tornato tutto alla normalità. In quel momento avevamo bisogno di essere uniti, è famiglia.
C’è sempre tempo per riscrivere la propria vita? E se si, dove si ricomincia?
Da dopo il punto. Se hai bisogno di riscriverla si vede che si è chiuso un capitolo, una fase…se si ha bisogno di questo, si deve ricominciare. Ho avuto tante vite prima di questa, tutte mi hanno fatto diventare me. Si ricomincia sempre da questa domanda: Che cosa voglio io e perché lo voglio?
È un libro pensato esclusivamente per le donne, oppure pensi che il messaggio possa estendersi anche ad un pubblico maschile?
In un’era come la nostra, dove la parola Gender è urlata ai quattro venti, non c’è maschile o femminile, i sentimenti sono universali, gli uomini che hanno letto il libro lo hanno gradito ancora più delle donne. Non è smielato, è un libro crudo che mostra le fragilità di ogni persona.
Nei tuoi libri affronti tematiche importanti. In generale, da scrittrice, come si affrontano i “tabù” al quale è difficile dar voce nella vita, come ad esempio i segreti di famiglia, la malattia, la morte, il sesso, ma che invece, in un libro diventano elementi universali con il quale il pubblico accetta di relazionarsi?
Quando scrivo libero l’anima, sembra che la penna preceda il pensiero. La scrittura aiuta a capire se stessi a studiarsi per arrivare a un personaggio. Scrivere è un mezzo per arrivare a concetti nuovi, se si è chiusi di idee, se si ha paura è meglio non scrivere, non è facile confrontarsi con l’ignoto dell’inconscio.
Quando scrivi, ti senti più libera di esprimerti, oppure, avverti il peso della responsabilità verso chi leggerà?
Sarei ipocrita se scrivessi per capire se il lettore mi apprezzerebbe. Io non voglio essere accondiscendente, io voglio stravolgere, se Stephen King non avesse osato adesso sarebbe un maestro?
Sei molto attiva nella comunicazione via social network. Per un autore emergente, possono essere una reale possibilità di farsi conoscere come persona, o sono un veicolo facile di promozione?
Mai mettere l’anima nei social, sono un mezzo. Ogni volta che ho espresso un mia idea, questa è stata travisata, mi hanno dato addosso e molte persone disturbate mi hanno minacciata e inviato foto squallide. Ogni giorno! Io continuo a mostrare il mio lavoro, se vogliono di più leggessero i miei libri invece del mio profilo. Invece no! Se pubblico la foto del mio gatto ho 100 like, se metto quella del libro, solo 1 like. I social servono come passaparola, sono un potente mezzo, ma bisogna sapere come si usa e perché si usa.
Come affronti una recensione lasciata da un lettore?
Mi emozionano tantissimo, se poi sono schiette e sincere, anche se negative, provo a farle mie, mi spingono a migliorare. Magari inizialmente mi bruciano, ma tempo che ho metabolizzato il colpo, cerco di capire il lettore cosa si aspettava in più. Le recensioni belle mi colmano di gioia, le brutte mi arricchiscono l’anima.
Quanto conta il giudizio dei Bookbloggers?
Il giudizio dei bookbloggers conta molto, ma quello del lettore finale ancora di più. Ad oggi ci sono molti bookbloggers, ma pochi lo fanno con estrema competenza e serietà, io ho i miei stretti, sono sempre aperta a nuove collaborazioni ma all’inizio non conoscendo come funzionava in molti mi hanno “rubato“ il libro senza recensirlo, solo per il gusto di accaparrare qualcosa gratis. Credo a chi fa questo lavoro con serietà, e li ringrazio perché danno il cuore e sono sempre molto gentili e disponibili, senza di loro non avrei spinto così.
Al pari della protagonista, anche tu nella vita vera fai parte di una Onlus, “Progetto Arca”. Come è nata questa idea e qual è la vostra missione?
Progetto Arca, nasce da un sogno di Annalisa Cipriano, mi ha mandato un messaggio e io sono salita subito a bordo. Avevo da pochi giorni lanciato Donne Fenice, lei non lo aveva letto, ho pensato fosse il destino. La nostra è un’associazione ambientale che lavora sul territorio dei comuni di Fonte Nuova, Mentana e Monterotondo, e vuole creare una rete tra commercianti e cittadini, facendo acquisti consapevoli per l’ambiente. Comprare a km0, gruppi GAS, laboratori ludici e di inclusione per i bambini, eco-turismo, ricette del riuso e la città elettrica. IO CREDO NEI SOGNI.
In collaborazione con l’associazione, hai pubblicato di recente un libro per bambini “Pina la lumachina”. Com’è stato questo salto di pubblico? È più facile comunicare con un bambino o con un adulto?
Io ho dei figli, mi piacciano i bambini, quello che vedo però non mi piace, pochi contenuti, spesso distratti. Comunicare ai bambini è una responsabilità, un dono, far credere loro ai valori come il rispetto, aiutare il prossimo, non denigrare, rispettare l’ambiente, sono discorsi importanti ma vanno comunicati nel modo giusto. I bambini sono il futuro, se arrivi a loro arrivi alla famiglia. Io mi diverto molto con loro, specialmente con quelli sotto ai tre anni che guardano il mondo con occhi curiosi. Dobbiamo rispettarli e educarli alla consapevolezza. Comunicare con loro non è più facile, anzi è difficile, bisogna trovare un canale per farsi ascoltare.
E il sabato della presentazione arriva con il suo carico di entusiasmo e di ansie. Siamo nel comune di Mentana, un luogo che conserva pagine importanti della nostra storia nazionale. Il 3 novembre del 1867 fu teatro di una battaglia nell’Agro romano per la Campagna Risorgimentale di Giuseppe Garibaldi per la liberazione di Roma. I volontari garibaldini furono sconfitti dalle truppe pontificie e dai francesi accorsi in difesa di Pio IX. Oggi, nelle vicinanze del Museo Garibaldino, presso il “Parco della Rimembranza”, sorge l’ara-ossario che conserva i resti dei caduti che si batterono per la causa. Ed è in questa cornice così importante che Veronica ha raccontato il suo libro agli spettatori giunti ad ascoltarla, in uno splendido pomeriggio di settembre, che ancora ricorda l’estate, pur scivolando verso i tramonti dell’autunno. Una presentazione semplice e dai contenuti molti interessanti.
Ringrazio Veronica per avermi invitato e accolto. L’ho ricontatta il giorno dopo, per capire le sue sensazioni del post evento, con queste ultime domande.
Com’è il risveglio il mattino dopo la presentazione?
Il giorno dopo è durissimo, mi fa male tutto come se mi avessero picchiata, la tensione è scesa, il corpo si rilassa. Emotivamente mi sento come quando mi sono sposata, è paragonabile ad un parto. La gioia infinita di aver fatto qualcosa per se stessi e gli altri, sapere che le mie emozioni sono state trasmesse e che le persone mi mandano messaggi per congratularsi, mi riempie di gioia infinita.
Il momento più difficile e quello più Emozionante.
Il momento più difficile è stato la sera prima, quando ho pensato di non potercela fare, poi ho chiamato le mie amiche e loro mi hanno ricordato chi sono. Il più emozionante è stato quando ho preso il microfono in mano, lì i timori sono svaniti tutti.
E qual è stato il primo pensiero?
“Iniziamo! Forza Veronica!” e poi ho iniziato a parlare.
Il tuo prossimo progetto?
Eh, chi lo sa! Parto con uno e ne faccio altri dieci, sono iperattiva. Sto scrivendo, sicuramente per un po’ tanti volumi di Pina.
Grazie Veronica per questa intervista a Hermes Magazine, e ancora tanti complimenti. Continua così!