Quali poeti contemporanei conosciamo?

Quali poeti contemporanei conosciamo?

Siamo convinti che la poesia oggi sia ancora vivissima quindi per testimoniarlo in questo articolo ci chiediamo: quali poeti contemporanei conosciamo? Sono certamente tantissimi e tutti è impossibile citarli, ma possiamo ugualmente aprire un varco perché la nostra conoscenza si allarghi. Inoltre sarà bello scoprire nuove prospettive di lettura.

Maria Grazia Calandrone

Maria Grazia Calandrone è nata a Milano nel 1964. Vive a Roma e non è soltanto una grande poetessa, ma anche drammaturga, artista visiva, performer, organizzatrice culturale, autrice e conduttrice di programmi culturali per Radio 3, critica letteraria per il quotidiano Il Manifesto. Scrive per la 27ora del Corriere della Sera e cura la rubrica di inediti Cantiere Poesia per il mensile internazionale Poesia. Tiene laboratori di poesia nelle scuole, nelle carceri e con i malati di Alzheimer. Sta lavorando a Ti chiamavo col pianto, libro-inchiesta sulle vittime della giustizia minorile in Italia.

La potenza del dolore

La sua sensibilità espressiva si forma attraverso il dolore che la vita non le ha risparmiato. Il disamore la travolge all’età di 4 anni quando Ione Calandrone le rivela di non essere la sua madre naturale. Da qui c’è una presa di coscienza di tutto ciò che è stato prima, quando la sua storia diventa discusso fatto di cronaca. Nell’estate del 1965 Maria Grazia viene abbandonata dalla madre naturale, Lucia. Una bimba di pochi mesi lasciata in mezzo a Villa Borghese, a Roma, su una coperta. I genitori si tolsero poi la vita gettandosi nel Tevere. Ed è solo l’inizio, dopodiché ogni evento peggiora.

Nel suo ultimo libro, che è stato candidato al premio Strega nel 2021, possiamo vivere tutta la potenza del suo dolore, superato solamente grazie alla poesia.

Altre opere famose

Pietra di paragone (Tracce, 1998 – edizione-premio Nuove Scrittrici 1997), La scimmia randagia (Crocetti, 2003 – premio Pasolini Opera Prima), Come per mezzo di una briglia ardente (Atelier, 2005) La macchina responsabile (Crocetti, 2007), Sulla bocca di tutti (Crocetti, 2010 – premio Napoli), Atto di vita nascente (LietoColle, 2010), L’infinito mélo, pseudoromanzo con Vivavox, cd di sue letture dei propri testi (luca sossella, 2011), La vita chiara (transeuropa, 2011) e Serie fossile (Crocetti, 2015); è presente in Nuovi poeti italiani 6 (Einaudi, 2012); la sua prosa Salvare Caino è in Nell’occhio di chi guarda (Donzelli, 2014).

Potete leggere di più sul suo sito.

Vi lasciamo qualche strofa, potente espressione della sua eterna ricerca di radici, di affetto, di rifugio sicuro, che siamo certi apprezzerete e un video per sentire direttamente dalla sua voce la sua storia.

Tutta la vita è stata un esercizio per tornare
al tuo corpo
caldo come la terra

eppure scrivo della solitudine

di cocci d’osso
in conche di sabbia
scavate
con gli occhi delle scimmie che cercano riparo

corpi come scodelle rovesciate
i catini del cranio colmi di cielo

Giardino della gioia (Mondadori, 2019)

Pino Mango

Nasce a Lagonegro il 6.11.1954 e muore durante un concerto per un grave malore l’8.12. 2014. È stato un musicista, un cantante e un poeta delicato e discreto. Mango ha scritto canzoni per vari artisti di livello internazionali quali Patty Pravo, Loredana Bertè, Loretta Goggi, Mietta e Andrea Bocelli.

 

“La poesia ha di bello la libertà, il foglio bianco, la musicalità espressa senza vincoli, solo con le parole”.

Nel 2015 sua moglie pubblica il libro Tutte le poesie con la casa editrice Pendragon. Una raccolta artistica che racchiude la musicalità e la raffinatezza della espressione poetica di Mango. Una piccola gemma editoriale da conservare e tenere cara.

Io ti vorrei parlare…
Prima che il tempo passi a un altro amore,
prima che il gioco sia di non partire,
al di là dei discorsi fatti e della gente,
anche prima di avere fretta
fretta come sempre.

 

Gabriele Galloni

Nato nel 1995 è morto suicida nel 2020. La sua poetica è oscura, pregna di messaggi di morte, ma anche estremamente profonda, in più capace di arrivare al lettore come un pugno.  Le sue opere sono: In che luce cadranno (Rp libri, 2018), L’estate del mondo (Saya Editore, 2019) e il Sonno giapponese.  Nell’ultima pagina di quest’ultimo libro è scritto:

“Qualcuno propose all’uomo di suicidarsi. Non un suicidio appariscente, no, ma un addio dimesso, senza pretese; un suicidio unplugged… L’uomo valutò l’ipotesi. Il suicidio come conferma definitiva, inevitabile approdo della sua condizione. L’uomo trovò il suicidio un’ipotesi fattibile…”

Postuma è stata pubblicata la raccolta Bestiario dei giorni di festa in cui la poetica diventa ironica e visionaria, secondo il giudizio di una sua carissima amica Ilaria Palomba.

Carmela Laratta

Se siete nostri affezionati lettori l’avrete già conosciuta perché vincitrice del nostro primo contest della Vetrina Letteraria sezione poesie. Nata a Crotone, è un medico con la passione per la poesia. La sua produzione artistica è immensa, ma l’autrice, come da lei stessa dichiarato nell’intervista che le abbiamo fatto qualche mese fa, non ha mai pubblicato nulla, per il momento. Tutti i suoi scritti sono fruibili sulla sua pagina Facebook e se vorrete visitarla vi innamorerete della potenza evocativa dei versi, della grande raffinatezza delle immagini e dei vocaboli usati, che rendono al lettore emozioni profonde. Una scrittura insolita, corposa, finemente costruita: in altre parole, elegante.

E TORNERAI
E tornerai in ogni pallida mistura
nei tentativi di cucire ogni distacco
-rassicurava, quel confine escluso
che dava lenimento, ci placava-
Questo ruggito suo di peste
ha squame; striscia;
ci chiuse tutto dentro le prigioni
come se fosse una cosa naturale,
un letargo di gesti, un circo orante
più commerciale, ma senza spettatori,
privo del rito della tenerezza,
con il controllo a vista dei leoni.
Come incursione barbara ci spense
prima del tempo. Il grigio dell’inverno
trovò il suo posto tra tavoli e divani.
L’arcano immise i suoi tentacoli nell’aria
di questa terra mesta, spazio a picco.
-Ridateci l’incanto che ci manca.-

 

Wislawa Szymborska

Di lei parlano i suoi versi d’amore. Nata il 2 luglio 1923 è morta il 1 febbraio 2012 ed è stata una poetessa polacca, vincitrice del Premio Nobel per la letteratura nel 1996. Arguta, sensibile, ironica: la poesia della Szymborska vive delle piccole cose di ogni giorno e al contempo riesce a toccare temi universali e profondissimi. Amava le piccole realtà quotidiane, le coincidenze, la natura in tutte le sue forme. E aveva un dono, raro anche nei poeti più affermati: sapeva restituire la meraviglia e lo stupore per ogni avvenimento umano.

Tutto

Tutto –
una parola sfrontata e gonfia di boria.
Andrebbe scritta fra virgolette.
Finge di non tralasciare nulla,
di concentrare, includere, contenere e avere.
E invece è soltanto
un brandello di bufera.

Vivian Lamarque

Il suo nome di battesimo è Provera Pellegrinelli Comba, Lamarque è il cognome da sposata. È nata a Tesero nel 1946 ed è una poetessa, scrittrice e traduttrice italiana. Di origini valdesi, è stata data in adozione a nove mesi, in quanto illegittima, a una famiglia cattolica milanese. A quattro anni ha perso il giovane padre adottivo, un vigile del fuoco. A dieci ha scoperto di avere due madri e ha iniziato a scrivere le prime poesie. Vive a Milano dove ha una figlia e due nipoti.

Le sue poesie

La sua attività artistica è poliedrica perché si cimenta in diversi ambiti letterari, compreso quello per bambini.  Importanti i riconoscimenti ricevuti, a partire dal Premio letterario internazionale Viareggio-Rèpaci nel 1981 (sezione opera prima di poesia) con Teresino, il Premio Montale 1992 con Il signore degli spaventati e il Premio Pen Club 1996 con Una quieta polvere.

All’interno della sua vasta produzione letteraria per i più piccoli, tanto incentrata su racconti, poesie e filastrocche quanto su adattamenti di classici della fiaba, opere liriche e balletti, spiccano Il bambino che lavava i vetri, che le è valso il Premio Rodari 1997, e Il flauto magico, tratto dall’omonima opera di W. A. Mozart e vincitore, nel 2000, del Premio Andersen. Nel 2016 ha pubblicato la raccolta di poesie Madre d’inverno.

Il signore d’oro

Era un signore d’oro. Un signore d’oro fino, zecchino.
Per il suo carattere duttile e malleabile, per il suo caldo dorato
colore, per il luccichio dei suoi occhi, era un signore molto
ricercato.
I corsi dei fiumi venivano deviati, i fondali scandagliati e setacciati,
ma i signori che affioravano brillavano poco, erano signori
pallidi, opachi, non erano d’oro vero, erano signori falsi.
Non avevano aurifere vene?
No, le loro lente vene scorrevano quasi del tutto essiccate in
direzione dei loro minuscoli cuori, a fatica.
E dov’era il signore d’oro vero?
Lontano, in una casa assolata, pigro e paziente, aspettando di
essere trovato, in un angolino, il signore d’oro luccicava.