Rumple Buttercup

Rumple Buttercup: stranezza vuol dire unicità

Rumple Buttercup. Una storia di banane, appartenenza ed essere sé stessi è un albo speciale che si è fatto già notare all’estero: è stato, infatti, al primo posto dei bestseller del New York Times “Children’s Middle Grade Hardcover” e tra i Migliori Libri dell’Anno 2019 secondo Forbes.

E adesso, è vincitore del più prestigioso premio letterario italiano, il Premio Strega Ragazzi e Ragazze.

Una storia apparentemente di fantasia, nata dalla penna di Matthew Gray Gubler, ma che trova parecchi riscontri con la realtà.

Scopriamo, prima di tutto, qualche dettaglio tecnico.

Rumple Buttercup

I dettagli

Si tratta di un albo illustrato che conta 132 pagine. La copertina è rigida, la carta utilizzata  per la stampa è spessa e già graficamente attira i piccoli lettori: il font richiama alla scrittura a mano e ad ogni pagina corrisponde solo qualche frase accompagnata da un disegno a colori dello stesso autore. Poche righe, semplici e lineari, dirette. Senza giri di parole, che i ragazzi non amano. Soprattutto senza pietismo, in uno stile asciutto e accattivante.

Le illustrazioni si trovano già sulla prima di copertina e sullo sfondo dei risguardi, e ci danno un’anteprima tangibile dello stile caratteristico dell’opera. Anche la quarta di copertina è ben curata e presenta un Qr code che, se inquadrato, ci svela tanti contenuti extra. Particolari forse un po’ nerd, che però riescono a svelare ad un occhio attento se si ha a che fare con un’opera di qualità. E questa, senza alcun dubbio, lo è.

Fa parte della collana I geodi, il prezzo al pubblico è di 17,50 euro e l’età di lettura consigliata  è  6 anni.

 La casa editrice

Rumble Battercup è pubblicato in Italia da Uovonero, casa editrice nata nel 2010.

Le varie collane editoriali che hanno delineato comprendono libri con supporti comunicativi avanzati, che utilizzano gli strumenti della Comunicazione Aumentativa e Alternativa (CAA), pensati sia per i bambini in età prescolare sia per coloro con difficoltà cognitive; opere con simboli PCS o versioni WLS (Words and Language Symbols); saggi che esplorano l’autismo; albi illustrati e narrativa che promuovono la comprensione e l’accettazione della diversità; e libri ad alta leggibilità che affrontano la dislessia in modo attento ma leggero e divertente.

Infine, una collana di giochi che unisce divertimento e apprendimento, promuovendo il rispetto delle differenze e la collaborazione non competitiva.

 Di cosa parla Rumple Buttercup?

Rumple Buttercup è strano e ne è consapevole. Abita sottoterra, ha cinque denti sbilenchi, tre soli ciuffi di capelli su un testone verde, la pelle squamosa e un piede più grande dell’altro. Inoltre, comunica solo con il suo amico immaginario Candy Corn Carl, che è realizzato interamente di robaccia appiccicosa trovata in spazzatura. Rumple Buttercup non esce quasi mai dal suo rifugio, se non in rare occasioni, come durante la Parata Pigia Pigiama, in cui si festeggia mangiando frittelle allo zucchero filato. E per farlo, indossa sempre una buccia di banana.

Anche questa volta Rumple è determinato a partecipare, ma… non ci sono più bucce di banana nel cestino della spazzatura! Il mostriciattolo verde è quindi costretto ad uscire ugualmente allo scoperto.

Diversità come unicità

Rumple Buttercup è un libro che celebra l’unicità e l’importanza dell’amicizia, dedicato a tutti coloro che si sentono un po’ diversi, ovunque nel mondo.

Matthew Gray Gubler si focalizza sul tema, raccontandocela senza peli sulla lingua: in un mondo in cui omologarsi sembra l’unica scelta possibile – soprattutto tra i ragazzi –, ci sottolinea con ilarità che diversità vuol dire unicità.

Può sembrare una tematica abusata, ma proviamo a volgere lo sguardo indietro e a metterci nei panni dei più piccoli: tutti ci siamo sentiti, anche per una volta, soli, incompresi, o semplicemente troppo timidi per uscire fuori dalla nostra stanzetta, la nostra alcova da cui abbiamo guardato il mondo scorrere, stagione dopo stagione, fino a diventare adulti. Il desiderio di appartenenza può (e deve) andare di pari passo con il bisogno di tutelare la propria individualità.

In questa società uniformante che ci vuole svelti e infallibili, ricordare ai bambini che in fondo siamo tutti strani e imperfetti, mi sembra proprio la scelta più azzeccata.