Arroccato a 250 metri dal mare, tra la riva destra del fiume Sinni e il Monte Coppolo, nel Parco Nazionale del Pollino, il borgo di Valsinni in Basilicata offre, al viaggiatore curioso, panorami mozzafiato, racconti affascinanti e passioni strappalacrime.
La storia di Valsinni
Se la sua maggiore fama è legata alla struggente vicenda della poetessa cinquecentesca Isabella Morra, riscoperta e portata alla notorietà da Benedetto Croce, il suo territorio è stato teatro fin dall’antichità di eventi quasi leggendari. Il fiume Sinni, ad esempio, è il luogo alla cui confluenza, secondo Archiloco, il semidio greco Ercole avrebbe ucciso l’Idra, serpente velenoso a nove teste, noto ai fan di Marvel per essere il simbolo dell’organizzazione criminale acerrima nemica degli agenti di S.H.I.E.L.D. Un altro mito locale vedrebbe nel Monte Coppolo la sede dell’antica città fortificata del IV secolo a.C. identificata con la città-fortezza greca Lagaria, fondata da una colonia di Focesi sotto il comando di Epeo, nientepopodimeno che il costruttore del celeberrimo cavallo di Troia.
Ma nonostante questi richiami tra l’epico e il mitologico siano sicuramente interessanti, la storia che maggiormente attrae l’attenzione e che ha fatto assurgere Valsinni al rango di borgo romantico per eccellenza è senza dubbio quella della sfortunata Isabella, figlia del feudatario locale e voce tra le più originali della poesia lirica rinascimentale.
La sua famiglia dà ancora il nome ad uno dei monumenti più suggestivi del paese, il castello baronale dei Morra, costruito su di una fortificazione longobarda poco dopo il 1000 e centro nevralgico della parte antica del borgo, percorribile solo a piedi attraverso una miriade di strette viuzze collegate le une con le altre dai caratteristici gaffii, passaggi medievali coperti da una volta.
All’interno del castello, oggi dichiarato monumento nazionale, si possono ammirare opere, documenti e stanze che conservano l’arredamento interno dell’epoca e molti giurano, tra i corridoi, di sentire ancora i lamenti del fantasma della povera Isabella, il cui corpo non è mai stato ritrovato.
Secondo le ricostruzioni, il padre, Giovan Michele Morra, fu esiliato in Francia insieme al primogenito, mentre Isabella, di soli 8 anni, fu lasciata in balia di una madre debole di nervi e di una schiera di fratelli dall’indole non proprio conciliante. Isolata e triste, si diede a letture, poesie, e vagheggiamenti della mente, ché quando col corpo non si può evadere non resta che farlo con lo spirito – in questo, pare, aiutata dal suo educatore, un canonico di nome Torquato. Pensando che un’amicizia, quantomeno epistolare, potesse giovare all’animo della fanciulla, il buon Torquato favorisce quella con tal Diego Sandoval De Castro, cavaliere e poeta spagnolo, marito della nobildonna Antonia Caracciolo.
Ora, pur se animato – presumibilmente – da ottime intenzioni, va detto che il Torquato un po’ ingenuotto lo sia stato: non solo incoraggia un carteggio tra la sorella di quattro focosi e poco aperti giovini del tempo e un uomo sposato, ma lo sceglie pure spagnolo ed ex-militante dell’esercito asburgico (lo stesso che, sconfiggendo i francesi, aveva decretato l’esilio del padre di suddetti giovani focosi). Manco a dirlo, “paese piccolo la gente mormora”, arrivano alle orecchie dei tirannici fratelli di Isabella maldicenze varie sulla sua corrispondenza col De Castro, e questo basta per scatenare il dramma: lo spagnolo viene ucciso in un bosco non lontano da Favale (antico nome di Valsinni), il maestro di lettere reo di aver fatto da tramite viene anche lui giustiziato e la povera ragazza, di soli ventitré anni, non si sa se venga direttamente ammazzata o lasciata a morire di stenti nelle segrete del castello. Sua unica colpa, l’aver scritto – poiché è probabile non si sia andati al di là del semplice scambio epistolare – ad un uomo sposato non gradito ai fratelli.
Indagini sono state condotte all’epoca dagli spagnoli, che intentarono un processo contro i Morra, e, più recentemente, da Croce, ad inizio ‘900, ma nessuno è mai riuscito a determinare con precisione le circostanze né il luogo esatto della morte. Racconti sulla sua vita e aneddoti su quella del paese possono ascoltarsi nel Parco Letterario dedicato proprio a Isabella Morra, dove ogni estate si tiene la manifestazione “L’estate di Isabella”, ricca di eventi culturali, rappresentazioni teatrali e varie iniziative spettacolari.
Cos’altro vedere e fare a Valsinni
Oltre al castello, al Parco Letterario e all’incantevole centro storico, degne di nota sono la Chiesa Madre dedicata alla Madonna dell’Assunta, di origine seicentesca, costruita su una struttura preesistente del ‘200, che racchiude le reliquie del santo patrono del paese, un prezioso organo del ‘700 e un presepe napoletano; il Palazzo Melidoro e il mulino di Palazzo Mauri, che conserva ancora grosse macine di pietra a testimonianza dell’antica tradizione locale dei mugnai.
Il contesto naturalistico di particolare bellezza e la qualità dei prodotti agroalimentari locali ha inoltre permesso a Valsinni di ricevere la bandiera arancione del Touring Club Italiano, riconoscimento conferito ai piccoli borghi d’eccellenza dell’entroterra nazionale che si distinguono per offerta e accoglienza.
Se siete amanti dello sport, in inverno sul Pollino è possibile praticare sci di fondo, ciaspolate e tante altre attività sulla neve per adulti e bambini, mentre in stagioni più temperate ci si può dedicare a trekking, rafting, torrentismo, mountain bike e turismo equestre.
Per finire, non fatevi mancare un assaggio dei piatti tipici della tradizione lucana, tra cui la “nghenderata”, carne di maiale speziata e conservata in un vasetto, e “a’ngornata”, una torta salata ripiena con salumi e formaggi, da gustare con i tipici vini forti della Basilicata.
Insomma, dal piacere dell’anima, con gli aspetti culturali legati alla storia di Isabella, al piacere del corpo, con attività fisiche e ottima scelta culinaria, Valsinni offre davvero un insieme inteso e variegato di emozioni per soddisfare i gusti dei suoi visitatori!
Scrivo da sempre. Da quando ancora non sapevo farlo, e scrivevo segni magici sulle tende di mia nonna, che non sembrava particolarmente apprezzare. Da quando mio nonno mi faceva sedere con lui sul lettone, per insegnarmi a decifrare quei segni magici, e intanto recitava le parole scritte da altri, e a me sembravano suoni incantati, misteriosi custodi di segreti affascinanti e impenetrabili, che forse, un giorno lontano, sarei riuscita a comprendere e che, per il momento, mi limitavo ad assaporare sognante. Sogno ancora, tantissimo, e nel frattempo scrivo. Più che posso, ogni volta che posso, su ogni cosa mi appassioni, mi incuriosisca o, più semplicemente, mi venga incontro, magari suggerita da altri.
Scrivo per Hermes Magazine e per altri siti, su vari argomenti, genericamente raggruppabili sotto il termine di “cultura“. Scrivo anche racconti, favole, un blog che piano piano prende forma, un libro che l’ha presa da un po’ e mi è servito a continuare a ridere anche quando tutti intorno a me sembravano impazzire (lo trovate ancora su Amazon, mai fosse vogliate darmi una mano a non smettere di sognare).
Scrivo perché vorrei vivere facendolo ma scriverò sempre perché non riesco a vivere senza farlo.
Scrivo perché, come da bambina, sono affascinata dal potere di questi segni magici che si trasformano in immagini, in pensieri, in storie. E, come da bambina, sogno di possedere quella magia che permette loro di prendere vita dentro la testa e nell’immaginazione di chi li legge.