Il termine “dieta” nell’immaginario collettivo richiama immediatamente alla mente la parola restrizione, eppure la dieta mediterranea, proclamata Patrimonio Immateriale dell’Umanità nel 2010, più che a una restrizione assomiglia a una coccola d’altri tempi che ci aiuta a seguire un regime alimentare sano e sostenibile. Oltre agli innegabili effetti benefici sulla salute, la dieta mediterranea valorizza anche quegli aspetti dell’alimentazione che possono sembrare secondari come il rispetto del cibo e delle sue origini, la convivialità, la stagionalità, la biodiversità e la lotta allo spreco alimentare.
δίαιτα, un modo di vivere volto alla salute
L’appellativo “dieta” giunto in soccorso alla traduzione italiana di “The Mediterranean Way”, non ha nulla a che fare con la sottrazione di macronutrienti, diversamente potremmo definirlo un retaggio etimologico: dieta proviene dal greco antico, “δίαιτα” (díaita) e letteralmente vuol dire “modo di vivere”, più nello specifico “modo di vivere volto alla salute”.
Infatti, i greci erano soliti identificare con la parola dieta, in ambito medico, uno stile di vita scandito da regole che disciplinavano ogni aspetto della vita quotidiana che andava dall’alimentazione al riposo.
La dieta mediterranea: un patrimonio di gusto e salute
La dieta mediterranea non è solo un regime alimentare, quindi, ma un vero e proprio stile di vita che ha radici profonde nella storia e nella cultura dei popoli che si affacciano sul Mar Mediterraneo. Conosciuta per i suoi benefici sulla salute e per il suo contributo alla longevità, è oggi celebrata in tutto il mondo come simbolo di equilibrio e benessere.
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Nel 2010 è stata proclamata dall’UNESCO Patrimonio Immateriale dell’Umanità per il valore sociale, economico e culturale che essa rappresenta. Ma quando parliamo di dieta mediterranea non parliamo solo di ciò che si mangia, ma anche del modo in cui lo si fa: la condivisione del pasto, il rispetto per la stagionalità degli ingredienti e l’importanza della convivialità sono i capisaldi di un approccio volto alla filosofia del “How to Eat Well and Stay Well”.
Secondo la FAO è uno dei regimi alimentari più sostenibili del pianeta, nonché ritenuto il modello nutrizionale del futuro dall’OMS.
La piramide alimentare mediterranea
Promette di farci stare bene, di essere un elisir di giovinezza e pure un deterrente per le malattie cardio vascolari. Tutto bellissimo, ma quali alimenti comprende uno stile di vita del genere?
Ebbene, nulla di eccessivamente proibitivo. La dieta mediterranea comprende cibi semplici, legati spesso alla tradizione povera e contadina, motivo per cui per decenni è stata snobbata perché considerata retaggio di povertà. Fortunatamente, anche grazie ai già citati FAO E OMS, da qualche tempo è stata ampiamente rivalutata, sia dal panorama scientifico che dall’opinione pubblica.
Oltre ad avere effetti positivi sulla salute, la dieta mediterranea vanta una certa varietà nella proposta gastronomica in cui si cela, nella semplicità, anche una certa bontà. Fa da contorno l’interessante intreccio di tradizioni che ruotano intorno a questo stile di vita e non mancano neppure feste e riti che affondano le radici in una storia millenaria.
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La classificazione dei cibi a forma piramidale ha alla base alimenti di uso quotidiano come olio extravergine d’oliva, cereali integrali, frutta e verdura. Mentre, salendo verso la punta troviamo alimenti da consumare con moderazione come pesce e vino e a cadenza settimanale come la carne rossa. Infine, al vertice, alimenti da consumare saltuariamente come i dolci.
Ancel Keys: il padre della dieta mediterranea moderna
La dieta mediterranea deve molto del suo successo ad Ancel Keys, un fisiologo e ricercatore statunitense inventore della razione k che, negli anni Cinquanta, intuì il legame tra alimentazione e salute cardiovascolare.
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Ancel, insieme a sua moglie Margaret sono considerati i principali artefici della diffusione della dieta mediterranea come modello alimentare scientificamente riconosciuto per promuovere la longevità e prevenire le malattie metaboliche.
Era il 1951 quando a Roma si riunì per la prima volta la FAO – Food and Agriculture Organization of the United Nations – e per l’occasione venne organizzato un convegno sulle manovre da attuare per nutrire gli europei reduci dalla Grande Guerra.
A questo convegno venne invitato proprio Ancel Keys. Fu il caso che a questo convegno presenziasse anche l’allora ministro della salute Gino Bergami, nonché fisiologo dell’Università Federico II di Napoli, che indottrinò Ancel sulla mancanza di incidenza di malattie cardiovascolari nel territorio napoletano.
L’incontro tra queste due personalità cambierà per sempre la sorte della storia scientifica dell’alimentazione.
lI ‘Seven Countries Study’
Il lavoro più famoso di Keys, il “Seven Countries Study” (Studio dei Sette Paesi), fu il primo a dimostrare in maniera sistematica il legame tra dieta, stile di vita e malattie cardiovascolari.
Lo studio, condotto tra gli anni Cinquanta e Settanta, analizzò la salute e l’alimentazione di oltre 12.000 uomini in sette Paesi: Stati Uniti, Italia, Grecia, Jugoslavia, Paesi Bassi, Finlandia e Giappone.
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Le sue scoperte furono rivoluzionarie: emerse chiaramente che le popolazioni del Mediterraneo, grazie a una dieta ricca di olio extravergine d’oliva, cereali integrali, frutta, verdura e moderato consumo di pesce e vino, avevano tassi di mortalità a carico di malattie cardiovascolari più bassi rispetto a quelle che consumavano più grassi saturi (prevalentemente di origine animale).
“How to Eat Well and Stay Well: The Mediterranean Way”
Nel 1975, invece, Keys e sua moglie pubblicarono “How to Eat Well and Stay Well: The Mediterranean Way”, un libro che rese la dieta mediterranea accessibile al pubblico internazionale.
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L’opera combinava dati scientifici, aneddoti personali e ricette tradizionali, ponendo le basi per la sua ascesa come modello nutrizionale del futuro.
Per oltre dieci anni, vivendo in Campania, nel cuore del sud Italia, Ancel e Margaret avevano abbracciato in prima persona questo stile di vita, scoprendone il potere trasformativo.
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Il libro rende omaggio al concetto greco di “diaita”, un approccio alla vita che punta all’equilibrio nutrizionale e valorizza profondamente le relazioni umane.
La permanenza nel Cilento
Keys e sua moglie Margaret, affascinati dallo stile di vita mediterraneo, si trasferirono nel borgo di Pioppi, nel Cilento, dove vissero per più di trent’anni. Qui approfondirono la loro ricerca e contribuirono a rendere il Cilento uno dei simboli della dieta mediterranea.
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Keys, con il supporto della comunità locale, promosse un’alimentazione basata su ingredienti semplici e naturali, diventando una sorta di ambasciatore scientifico di questo modello alimentare.
Morto a 100 anni nel 2004, è l’esempio vivente del valore di uno stile di vita basato su equilibrio, moderazione e rispetto per la natura. Grazie al suo lavoro, la dieta mediterranea è oggi molto più di una tradizione: è un patrimonio universale di salute e benessere.
Un’eredità duratura
Il lavoro di Ancel Keys non solo ha dato un fondamento scientifico alla dieta mediterranea, ma ha anche ispirato generazioni di ricercatori a studiare i suoi benefici per la salute.
Numerosi studi negli anni hanno dato ragione ai Keys, dimostrando che seguire la dieta mediterranea può ridurre il rischio di malattie metaboliche, tra cui diabete, obesità, ipertensione e alcune forme di cancro. Inoltre, è associata a una maggiore longevità e a una migliore qualità della vita, grazie alla capacità di proteggere il cuore, il cervello e il sistema immunitario.
Oltre agli evidenti benefici per la salute, la dieta mediterranea rappresenta un invito a rallentare e a riscoprire il piacere del cibo. Una filosofia che incarna appieno la concezione di “vita lenta” tipica del sud dello stivale e che incoraggia l’utilizzo di ingredienti freschi, e invita a prendersi il tempo per sedersi a tavola e a celebrare i legami familiari e sociali.
La dieta mediterranea è molto più di una semplice alimentazione: è un modo di vivere sostenibile che unisce gusto, salute e tradizione. Adottarla significa non solo prendersi cura del proprio corpo, ma anche onorare una cultura millenaria che continua a ispirare generazioni in tutto il mondo.
Sono una Boomer intrappolata nel corpo di una Millennial a cui piace scrivere. Ho un background variegato, sono eclettica e la semplicità non sempre fa parte di me (fortunatamente). Ho qualche laurea che attesta la mia specializzazione nel settore food, ma la verità è che mi piace comunicare il cibo in ogni sua forma, mi occupo di formazione, adoro la cultura coreana, la musica underground e vorrei essere perennemente affetta dalla sindrome di stendhal. A livello associazionistico, ricopro il ruolo di Responsabile Comunicazione, Marketing, Ufficio Stampa e Social Media Manager di Slow Food Roma & MULTI, viaggio alla scoperta delle culture e cotture che ci uniscono, evento a cura di Slow Food Roma & Lucy – Sulla cultura, ormai alla sua seconda edizione. Ho collaborato con media territotiali e riviste on line, ma Hermesmagazine è stata l’opportunità per entrare a far parte di una vera e propria redazione giornalistica ed avere uno spazio dove esprimermi e permettere alla mia natura dinamica di captare nuovi stimoli e trasformarli in occasioni per imparare e superare i miei limiti.