Il 2021 si è aperto con nuove regole ed un Dpcm nuovo di zecca, previsto per il 15 gennaio: parrebbe che, da questa data in poi, per almeno un mese, le misure restrittive per bar e ristoranti andrebbero ad inasprirsi ancora di più, peggiorando, inevitabilmente, una situazione già non rosea per un settore che coinvolge una gran parte dell’economia del nostro Paese.
Dai rumors provenienti dal Ministero della Salute, sembrerebbe che, sul fronte ristorazione, rimarrebbe invariata la chiusura alle ore 18 nelle zone gialle e la chiusura totale dei locali nelle zone arancioni e rosse; i servizi di asporto invece verrebbero stoppati anch’essi alle 18, invece che alle 22, per evitare gli assembramenti di fronte a bar, pub e locali, mentre rimarrebbe invariato l’asporto dei ristoranti, dove non c’è il rischio di assembramento all’esterno. Per quanto riguarda invece il delivery, ossia le consegne a casa, rimarebbe tutto invariato, con la possibilità di consegnare fino alle ore 22.
Inutile dire come questa nuova stretta abbia creato del malcontento tra i proprietari di bar e locali in giro per l’Italia, facendo partire una sorta di disobbedienza pacifica, che ha trovato largo consenso e diffusione nazionale tra chi è stufo di essere tacciato come untore e vorrebbe solo tornare a lavorare; infatti, fino ad ora, pare siano oltre 70 mila le adesioni ad #ioapro1501.
Le regole di questa “protesta gentile“, come viene chiamata dagli organizzatori stessi, che la accompagnano anche allo slogan “io apro per non chiudere mai più“, sono state scritte nel “Decalogo Pratico Commercianti Motivati (che, siglato, non a caso, si legge DPCM): questo decalogo prevede il rispetto di tutte le norme antiCovid, dalla sanificazione al distanziamento, passando per tutte le altre, il rispetto del coprifuoco (alle 22 si abbassano le serrande) ed un eventuale supporto legale ai clienti ed ai gestori che andranno incontro a sanzioni, oltre che il ben specificato “rispetto delle forze dell’ordine che stanno facendo solo il loro lavoro“.
La protesta non è aperta solo a bar e ristoranti, ma anche a palestre, cinema, teatri e piscine, tutti esercizi chiusi da diversi mesi ormai. Gli organizzatori della protesta ci tengono anche a sottolineare che questo non c’entra nulla con il negazionismo ma anzi, i ristoratori che aderiscono vogliono dimostrare che si può aprire e lavorare in sicurezza; questa disobbedienza serve solo a far capire la grande sofferenza ed il grande disagio di una categoria che sta lottando contro gravi difficoltà e che tenta di dare un’alternativa valida alla chiusura.
Essendo una protesta nata sui social e che ad essi affida il grande compito dal “passaparola“, in molti si sono scatenati a dire la loro sull’argomento: se si digita l’hashtag #ioapro o #ioapro1501 su Twitter, su Facebook o su Instagram, si potrà vedere quanto questa iniziativa abbia diviso il pubblico, senza vie di mezzo. Tralasciando chi ha strumentalizzato questa iniziativa facendola diventare politica (la politica non c’entra nulla con le vere motivazioni per le quali è nata), notiamo che sia la gente comune, ossia i clienti, che i ristoratori stessi, hanno opinioni nettamente contrastanti, creando appunto due fazioni, quella a favore nonostante i rischi, e quella contro in quanto illegale.
Come al solito, entrambe le fazioni hanno le loro ragioni e i loro torti. Sarebbe però più costruttivo che si arrivasse ad avere un obiettivo unico e condiviso per tutti; solo così si potrebbe costruire qualcosa di efficace nel tempo.
Potete trovare tutte le notizie aggiornate sul movimento nella loro pagina Facebook ufficiale: ioapro1501.