Nel periodo del Risorgimento si colloca “Il Canto degli Italiani“, quello che conosciamo come “Inno di Mameli” o “Fratelli d’Italia“. È un periodo storico e politico molto particolare quello del Risorgimento, che rappresenta il momento di passaggio da uno stato diviso in più regni, ad uno stato unico, unito sotto una sola bandiera, sotto ideali e valori comuni. Rivolte, ribellioni, tre guerre d’indipendenza e poi, finalmente, il sogno di un’Italia unita si concretizza, gli italiani sono un popolo riunito sotto la stessa bandiera. Se, però, per alcuni, questo periodo storico si completa nel 1871 con l’annessione di Roma, che divenne, in quell’anno, capitale, per altri si completa davvero dopo il primo conflitto mondiale con l’annessione di Trento e Trieste, fino ad allora in mano agli austriaci.
Mameli è un giovane soldato, che sente forte gli ideali risorgimentali, l’amore per la patria e il desiderio di un’Italia unita, tanto che, quando conobbe Mazzini, decise di imbracciare le armi, prendendo parte ad alcuni degli eventi più significativi del movimento risorgimentale. Quando fu scritto “Il Canto degli Italiani”, tra l’8 e il 10 settembre 1847, Mameli aveva solo vent’anni e aveva preso parte alla cacciata degli austriaci.
Provate per un momento a chiudere gli occhi, immaginate un ragazzo di vent’anni, che ha visto gli orrori della guerra, che ha preso parte alla storia, ma ancora non lo sa, che davanti ad una vittoria così importante, come la cacciata degli austriaci, sente che un piccolo passo verso il sogno di un’Italia unita si compie e la possibilità di un futuro migliore sembra più concreta e vera. Sentite l’amore per la terra natia? L’orgoglio e la speranza che vi si muovono dentro? Ecco! È con questo spirito che è stato scritto il nostro inno, con questo ardore, con questa speranza nel cuore. Mameli morirà un anno dopo per le ferite riportate in battaglia a soli 21 anni.
Ma qual è la storia del nostro inno?
Diviso in sei strofe e un ritornello, fu musicato da Michele Novaro, amico di Mameli, che rimase molto colpito dall’ardore delle parole. Dopo L’Unità d’Italia, però, l’inno scelto per rappresentare la nazione fu “La marcia reale“, legata ai Savoia e, per tanto, restò l’inno italiano fino a quando, dopo il secondo conflitto mondiale, i Savoia vennero mandati in esito e il 2 giugno 1946, anno in cui L’Italia divenne una repubblica, fu scelto, come inno provvisorio, proprio “L’inno di Mameli”.
Fino agli anni ’70 c’era ancora la volontà di cambiarlo, “Va’ pensiero” era fra le papabili e la si riteneva qualitativamente superiore a “Il Canto degli Italiani”. Fu però il Presidente della Repubblica Carlo Arzeglio Ciampi, in carica dal 1999 al 2006, a spingere per la valorizzazione e l’ufficializzazione dell’inno, dopo di lui, anche Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella, suoi successori, non abbandonarono questa battaglia e, finalmente, nel 2017, quello di Mameli è diventato ufficialmente il nostro inno.
La storia
“Il Canto degli Italiani” racconta la nostra storia, racconta quanto l’Unità d’Italia sia stata voluta, desiderata e di quanto sia stato fatto per ottenerla. Racconta il desiderio di libertà, di valori e ideali, con una forza e un impeto che nel corso dei secoli non si è mai affievolito, del desiderio di libertà che mai si è perduto, nè davanti all’ingombrante dominazione straniera, nè davanti al crudele fascismo.
Ancora oggi, quest’inno non voluto, che tardi ha trovato la sua ufficializzazione, parla di noi, del popolo che siamo stati, della nostra tempra, di ciò che uniti come popolo siamo capaci di fare. Ancora oggi è capace di descriverci e in esso la nostra identità di popolo trova il suo riflesso. Nel tempo il nostro inno, mai ha perso il sapore dolce dell’amor patrio, l’ardore di chi lo ha scritto e tutte le sue speranze, ancora oggi ci fa sentire forte la combattività di un popolo che sente la voglia e il bisogno di essere uno, libero e fa sentire forte il suo coraggio.
Mameli ha lasciato la sua impronta, che mai è sbiadita e, a tutt’oggi, l’inno, il suo inno, ci fa sentire ancora parte di qualcosa di grande, ci fa sentire ancora una nazione, ci fa sentire che c’è qualcosa in cui credere.
“[…]Noi siamo da secoli
Calpesti, derisi,
Perché non siam popolo,
Perché siam divisi.
Raccolgaci un’unica
Bandiera, una speme[…]”