Uomini che odiano le donne ai tempi del Covid-19

Il coronavirus non ferma la violenza sulle donne, ma peggiora ulteriormente la situazione, accelerando e facendo scattare aggressioni più frequentemente o violentemente, arrivando fino all’omicidio. Un femminicidio a settimana dall’inizio dell’emergenza e il crollo delle denunce. Prese a botte, aggredite a coltellate, finite nel mirino di pistole e fucile. Si temeva che la quarantena sarebbe diventata una pericolosissima prigione per molte donne. Nella stragrande maggioranza dei casi, chi commette violenza è una persona che ha le chiavi di casa. Un dato agghiacciante, allarmante che racconta non solo un dato che fa paura, ma anche il fatto che a colpire siano uomini vicini, nella cerchia di parenti e amici, delle nostre madri, sorelle, compagne, amiche.

 

Lorena, Alessandra, Gina, Irina, Irma, Barbara, Viviana, Bruna. Sono i nomi di otto donne uccise. Otto femminicidi da quando è scoppiata l’epidemia, il 21 febbraio, a oggi.

Donne che si sono rifugiate nelle loro dimore per combattere il nemico invisibile ma hanno smesso di vivere per colpa dell’uomo che amavano. Quello che abbiamo registrato negli ultimi due mesi è la conferma di quanto abbiamo sempre sostenuto: in Italia la violenza di genere e il femminicidio sono fenomeni strutturali, non occasionali. In questo periodo hanno trovato una situazione ancora più favorevole.

 

I problemi dei centri antiviolenza durante l’emergenza coronavirus 

 

Le misure di distanziamento sociale – necessarie per contenere il virus e tradotte nei decreti del premier – espongono le donne a rischi incommensurabili. Molte case rifugio non accettano nuovi ingressi, a tutela delle ospiti che già vi sono ricoverate. La ministra Lamorgese e quella alle Pari opportunità hanno indirizzato in queste ore una circolare alle Prefetture. Bisogna far fronte alla necessità che si approntino nuove soluzioni di alloggio. Anche sul versante giudiziario c’è chi si pone il problema. Il capo della Procura di Trento ha emanato una direttiva perché sia il maltrattante ad essere allontanato in caso di abusi, e non la donna che spesso peraltro vive quell’incubo con dei figli minori al seguito. In Italia non ci sono linee guida, ma solo buone prassi; è questo forse il vero limite degli Uffici che amministrano la giustizia.

 

I dati Istat non mentono. La crescita delle richieste soprattutto nel Lazio e in Toscana. Per il Lazio, il tasso di incidenza passa dal 6,8 del 2019 al 12,4 dello stesso periodo del 2020, per la Toscana, dal 4,8 all’8,5 per 100 mila abitanti. Seguono Piemonte (da 5,2 a 6,6), Liguria (da 4,1 a 7,2) e Lombardia (da 4,1 a 6,9). Anche nelle regioni del Sud il tasso di incidenza regionale cresce in misura rilevante: con riferimento all’utenza in generale, in Puglia si passa da 3,2 a 6,0, in Sardegna da 3,9 a 6,6.

Un servizio che può fornire un primo aiuto, una consulenza o anche semplicemente un canale di sfogo è quello fornito dal Telefono Rosa al numero 1522. Una linea telefonica gratuita attiva 24 ore su 24 che raccoglie le richieste d’aiuto di donne vittime di violenza e di stalking. Il servizio telefonico 1522 è disponibile in italiano, inglese, francese, spagnolo e arabo, il tutto con assoluta garanzia di anonimato per proteggere l’incolumità delle vittime di violenza di genere. In alternativa, segnaliamo anche l’indirizzo email del Telefono Rosa per richieste non telefoniche.

 

Tantissime anche le iniziative social che vogliono far sentire le donne meno sole. Chat (sulla pagina facebook del Telefono Rosa) e piattaforme dove condividere la propria esperienza di abuso, chiedere un parere, invocare aiuto o anche semplicemente ascoltare le storie delle altre donne, se è vero che chiudere gli occhi è il primo stadio di ogni forma di violenza.