Non solo bovini, ma Manzoni all’italiana

Bentornati miei cari lettori ad un nuovo appuntamento della rubrica, dove si dissacra l’inestimabile letteratura italiana per farcela stare meno sugli zebedei. Ed oggi, ma anche per la prossima “pasticcotta” letteraria mensile, ci inoltreremo nella vita e negli scritti, del manzo piu manzo di tutti i manzi all’italiana: l’amatissimo Alessandro Manzoni.

Ma chi è costui?

Nonostante, sia uno dei piu’ grandi letterati italiani, è bene rinfrescarci la memoria, su questo bel bovino dalla scrittura romantica ed illuminista!

Alessandro Manzoni, registrato all’anagrafe come Alessandro Francesco Tommaso Antonio Manzoni, perché chiamarsi solo Alessandro sembrava troppo umile, nasce a Milano nel 1785 e muore il 22 maggio del 1873.

Considerato uno dei maggiori romanzieri italiani di tutti i tempi per il suo celeberrimo libro caposaldo della letteratura italiana: “I promessi sposi” (che cosi proprio promessi, a quanto pare non erano!) il nostro caro Manzo ebbe, inoltre, il merito principale di aver gettato le basi per la stesura del romanzo moderno, ma soprattutto per aver dato una visione dell’amore tragico in tutti i sensi. Inoltre è uno dei candidati padri della lingua italiana. Io, invece, della lingua italiana, vorrei capire anche chi è la madre, ma probabilmente il detto “mater semper certa es” per lei non vale. Inoltre il superlativo Alessandro è stato il più alto romanziere sulla scia di quella letteratura moralmente e civilmente impegnata propria dell’Illuminismo del bel paese.

La sua storia fu abbastanza tormentata (e quale scrittore che si rispetti non ha qualche sfiga da riportare su carta?). Il successo e i numerosi riconoscimenti pubblici e accademici (pensate, adorati, fu pure un rinomato senatore del regno d’Italia, una sorta di Rocco Casalino del 1800) si affiancarono ad una complessa serie di problemi psicologici e familiari dovuti sopratutto alle numerose perdite in famiglia (non ci è dato sapere se in casa sua circolasse il caro Giacomino Leopardi con il suo pessimismo cronico). Inoltre, l’agorafobia e la nevrosi lo ridussero in un progressivo isolamento esistenziale. All’epoca se ci fosse stato il Covid-19 per il Manzissimo non sarebbe stato un problema evitare gli assembramenti e l’isolamento sociale. In barba all’isolamento, però, Manzoni non si perse d’animo e dopo aver attaccato “un andrà tutto bene” arcobalenizzato e scoreggiato fuori da un unicorno, ed essersi dato un grattatina alle palle al passaggio di Leopardi, decise di portare tutte le sue energie su carta e penne. E si mise a rompere le uova attraverso una fitta rete epistolare con i piu alti nomi francesi tra filosofi e scrittori. Uno di loro fu un certo Ghoete. Lo conoscete? Se si comunque, sappiatelo: non si legge ne si scrive ” Götze” come l’attaccante tedesco del Psv campione del mondo nel 2014. 

Alcune operette poco conosciute

Nell’800 Manzoni si traferì (per non dire che ci venne madato a calci, perchè probabilmente era un teppistello dalla faccia d’angelo) nel collegio dei Nobili a Milano, ed entrò in contatto con i politici e scrittori rifugiatisi in città. Qui conobbe Foscolo (anche lui in collegio? Chissà che avrà fatto? Forse era stato il fautore delle Bestie di Satana), Monti e Visconti e scoprì le idee illuministe. Gli si accese la lampadina, in pratica. Un coraggioso spirito giacobino e anticlericale (in un collegio, circonadato da suore) animo’ uno dei suoi primi componimenti, il poemetto Del trionfo della libertà, scritto nel 1801. In questi anni compose anche alcuni sonetti come l’Autoritratto, «Vita di Dante» (1802),  Alla Musa (1802) e Alla sua donna (1802), ispirato “all’angelica” Luigina Visconti, per la quale in buon Manzo aveva una super cotta.

Il sonetto per la “sora” Luigina, noto anche come Se pien d’alto disdegno e in me securo, è dedicato, secondo la maggior parte dei critici, alla figlia dei marchesi di San Vito, ed è stata una delle prime pippe giovanili del Manzoni. Questa poesia, richiama molto nei versi una dedica di Ugo Foscolo ad una delle sue fans. Il fascino del tenebroso va sempre un pò ripreso e il nostro Manzo italiano, lo sa bene. Tanto da scrivere questo sonetto, in modo un pò foscoliano.

Manzoni ebbe una vita travagliata sin dal momento in cui emise il suo primo vagito fuori dalla patonza dela madre Giulia Beccaria, che non era cosi certa sulla paternità del Don Pietro Manzoni, che all’epoca aveva avuto una tresca con un tale di nome Giovanni Verri che da rumors e fonti certe doveva essere il procreatore genetico della mente del piu’ grande romanziere italiano. Il piccolo Alessandro, trascorse i primi anni di vita prevalentemente nella casa di campagna Costa di Galbiate (che non era proprio un atollo in provicia di Milano) e, dato che la madre si doveva dividere tra faccende domestiche e soddisfare mille e mille amati era tenuto a balia da Caterina Panzeri, una contadinella del luogo. La vita di Manzoni fu un percorso rurale ben assegnato, non fosse nato a Milano sicuramente sarebbe andato a spargere concime nelle valli bergamasche e invece…. passò alcuni periodi alla villa rustica di Caleotto, di proprietà della famiglia paterna, dimora da nobil contandino in cui amerà tornare da adulto e che venderà, non senza aver pianto tutte le lacrime del mondo. 

Passò gran parte della sua infanzia e prima adolescenza girovagando di collegio in collegio, dove fu bullizzato brutalmente, sia da insegnanti che non capivano il suo genio, che da compagni che probabilmente non erano cosi intelligenti e sentendosi valer meno, come tutti gli stronzi, facevano i gradassoni. Poco male, perchè dopo aver passato gran parte della sua adolescenza in questi centri di deturpati mentali passò la seconda della sua vita ormai da adulto prendendosi cura del padre illeggittimo, ma fece anche il salto della quaglia nell’elitè milanese, infatti la sua capacita da scrittore lo portò a trascorrere buona parte del suo tempo divertendosi al gioco d’azzardo, frequentando l’ambiente illuministico dell’aristocrazia e dell’alta borghesia milanese (un vero machoman!).

E fu proprio in quella sua “trasgressione” che conobbe la Luigina. Durò poco perchè dopo un soggiorno a Venezia presso il cugino Giovanni Manzoni, ebbe modo di conoscere in prodondità la nobildonna Isabella Teotochi Albrizzi, a suo tempo musa del Foscolo, ma ben lieta di divenirlo anche per quel piacione del Manzo. Non è chiaro il vero motivo del soggiorno veneziano del poeta, molti dicono che fosse stato il padre a volerlo allontanare dallo spendere soldi, ogni sera giocando d’azzardo. Per noi di Hermes, il motivo del prolungato soggiorno era Isabella. 

La redenzione la ottene però solo dopo aver sposato Enrichetta, la sua (famossisima?) consorte, per la quale face anche una supplica per redimenrsi dalle sue bigonellerie, di prima di lei e dopo di lei (praticmante aveva chiesto scusa gia prima di restare vedovo, per essersi risposato una seconda volta).

Non è ben chiara la sua posizione religiosa, sicuramente era una persona buona, ma che si avvaleva anche del senso di realtà storica nel quale era immerso, per poter fare poi le sue riflessioni in merito.

Manzoni mori il 22 maggio, del 1873. ll giorno stesso della sua morte il Comune di Milano decise di intitolare allo scrittore scomparso la via del Giardino, nei pressi della quale lo scrittore aveva vissuto. Alla mattina del 23 maggio erano murate le targhe di marmo con la nuova intitolazione Via Alessandro Manzoni in sostituzione delle vecchie riportanti Via del Giardino. Un anno dopo la sua scomparsa, Giuseppe Verdi, diresse la messa da requiem, per ornorane il suo ricordo. La mattina del 22 maggio 1883, a dieci anni esatti dalla morte, in presenza del Duca di Genova e di una rappresentanza parlamentare, con una cerimonia aperta al pubblico, la salma fu tolta dal Colombario e tumulata nel famedio del Cimitero monumentale di Milano, in una tomba di granito rossa.

Manzoni scrisse parecchio, scrisse anche opere teatrali, si fece carico di un ampio bagaglio culturale non solo italiano, ma anche europeo, visse giornate importanti e ricche di storia in una Milano in pieno risorgimento, e condensare tutta la sua ricchezza poetica in un articolo cosi blasfemo mi pare davvero troppo. Sappiate che però ebbe tanti dolori, vide morire i figli avuti da Enrichetta, la prima moglie, eppure nonostante ci furono anni di silenzio e di grande riflessione, dettati anche dall’avanzare dell’età, fu davvero uno scrittore di tutto punto. Uno di quelli che ha scritto non per essere ricordato, ma perchè aveva bisogno di ricordare. Il dramma della vita di Manzoni, lo vedremo anche nelle caricature che vi presenterò (per farvi riderere e riflettere) nel prossimo articolo dove analizzeremo due opere di grande spessore: I promessi sposi (e i suoi buffi personaggi) e Il 5 Maggio.