Fonte foto copertina: youmanist.it
Nel corso dei secoli, le attività considerate normali dalla società, spesso non lo erano se si aveva la (s)fortuna di nascere donna. Una bambina sapeva che, banalmente, non avrebbe indossato i pantaloni, non avrebbe pilotato un aereo, non avrebbe avuto alcun diritto di voto. Eppure, proprio questi limiti hanno spinto il genere femminile a lottare per affermarsi, per far valere i propri diritti, per mostrare al mondo che “anche noi possiamo farlo”.
Amelia Earhart è stata una donna in grado di sovvertire un ordine che mai nessuno aveva osato sfidare, uno spicchio talmente maschilista della società che, all’epoca, era una semplice utopia immaginare una donna all’interno di questo circuito. Amelia sfidò non solo il potere degli uomini, ma anche il cielo.
Nasce nel 1897 in Kansas, ma fin da giovane viaggia molto. Il lavoro del padre, infatti, porta la sua famiglia dapprima in Iowa, poi in Minnesota, dopodiché a Chicago. Una volta adolescente, la donna decide di seguire i corsi per diventare un’infermiera, che la porteranno successivamente a prestare servizio – durante la Grande Guerra – presso un ospedale militare in Canada.
Appena ventitreenne, insieme al padre si reca ad un evento che cambierà le sorti della sua vita: un raduno aeronautico presso il Daugherty Airfield di Long Beach, in California. Qui, al costo di un dollaro, viene accompagnata in un giro turistico della città di Los Angeles sopra un biplano. Resta talmente estasiata da questa esperienza, che da quel momento decide di imparare a pilotare anche lei. Ad appena un anno di distanza, durante il quale prende lezioni di volo, acquista il suo primo biplano, che la porterà a segnare uno dei suoi record femminili: sale, infatti, fino a un altitudine di di 14.000 piedi.
Ma la bacheca dei suoi successi è destinata a riempirsi in fretta. Nell’aprile del 1928, a soli 31 anni, è la prima donna alla quale viene proposto di attraversare l’Atlantico in volo. Sebbene in questa prima missione non è da sola – e le sue mansioni sono relegate a poca cosa – all’arrivo in Galles tutti gli applausi (e lo scalpore) sono per lei.
Immagine tratta da NBC News
Pensate che sia finita qui? Niente di più errato. Tre anni dopo la traversata sull’Atlantico, in sella al suo autogiro Pitcairn PCA-2, stabilisce il record mondiale di altitudine raggiunta, portandosi a ben 5.613 metri dal suolo. L’inizio dell’anno successivo (nel 1932) la vede protagonista di un’impresa che nessun altro prima – ad eccezione di Lindbergh (aviatore statunitense) – era riuscito a portare a termine: la traversata in solitaria dell’Atlantico, portata a compimento in sole quattordici ore e cinquantasei minuti. Ma non basta. Nello stesso anno, Lady Lindy – com’è soprannominata Amelia – è la prima donna ad attraversare in volo gli Stati Uniti senza effettuare scali.
La sua determinazione è ciò che la rende immortale nella Storia e ciò che la porta a essere la prima aviatrice a sorvolare il Pacifico, partendo da Oakland e arrivando a Honolulu.
Il sogno nel cassetto: il giro del mondo
Inizi del 1936. Cosa può desiderare una donna che ha ottenuto primati su primati, dimostrando alla società intera quanto anche le donne possano essere capaci di mansioni fino ad allora destinate solo a uomini? Semplice: può desiderare il mondo, il giro del mondo. Sebbene consapevole di non essere la prima a imbarcarsi in tale iniziativa, la Earhart sceglie tuttavia la rotta più lunga, di ben 47.000 km.
Finanziata dalla Purdue University, nell’estate del 1936 Amelia ottiene il suo personale monoplano bimotore Lockheed L-10 Electra, costruito dalla Lockheed Aircraft Corporation proprio sulla base delle specifiche date dalla donna stessa (sostanzialmente, chiede di apportare consistenti modifiche alla fusoliera, così che il velivolo possa dotarsi di un serbatoio più capiente).
Al momento di scegliere i suoi navigatori, la Earhart nomina il capitano Harry Manning e Fred Noonan, in virtù della sua grande esperienza sia nella navigazione marina che in quella aerea.
Questo suo piano così ambizioso richiede diversi tentativi. Il primo, a causa di svariati malfunzionamenti e addirittura un testacoda in fase di decollo, fallisce e il viaggio si ferma al campo di volo della Marina statunitense a Pearl Harbor: qui il velivolo, avendo subito ingenti danni, viene rispedito via mare alla casa costruttrice, affinché lo ripari.
Mentre l’Electra è in fase di riparazione, Amelia e il marito continuano a raccogliere fondi e a progettare il secondo tentativo, questa volta seguendo la rotta da occidente a oriente. La prima tappa di questo secondo viaggio intorno al globo non viene pubblicizzata: Amelia vola da Oakland (California) a Miami (Florida) e, solo qui, dichiara pubblicamente il suo intento.
Per questa seconda missione, solo Noonan viene scelto come membro dell’equipaggio. Da Miami, dopo diversi stop in Sud America, in Africa, nel subcontinente indiano e nell’Asia sudorientale, raggiungono finalmente la Nuova Guinea nel giugno del 1937. Hanno percorso 35.000 km e restano “soltanto” gli 11.000 km di volo sopra l’Oceano Pacifico.
Immagine tratta da The New York Times
Tuttavia, il volo che parte il 2 luglio 1937 da Lae sarà l’ultimo per l’aviatrice e il suo accompagnatore. La destinazione prescelta è l’Howland, una striscia di terra piatta larga 500 metri e alta tre, distante 4.113 km dal loro punto di partenza. Lì, ad attenderli per comunicare con loro via radio c’è il cutter della Guardia costiera statunitense Itasca.
Tuttavia, una catena di incomprensioni e mal funzionamenti del sistema di comunicazione via radio, non permette alla pilota di individuare il punto di atterraggio, complice anche il buio della notte e le ombre delle nuvole riflesse sull’oceano, molto simili alla lingua di terra che è stata scelta come punto di atterraggio.
Le registrazioni delle trasmissioni radio che sono arrivate fino a noi, riportano i seguenti messaggi della Earhart:
Dovremmo essere sopra di voi, ma non riusciamo a vedervi — ma il carburante si sta esaurendo. Non siamo riusciti a raggiungervi via radio. Stiamo volando a 1 000 piedi.
– ore 7:42 del 2 luglio
Siamo sulla linea 157 337. Ripeteremo questo messaggio. Ripeteremo questo messaggio a 6210 kHz. Attendete
– ore 8:43, ultima trasmissione conosciuta
Dopodiché, il nulla. L’aereo di Amelia e Fred scompare misteriosamente dalle rotte, lasciando dietro di sé il mondo intero sconvolto e un fitto alone di mistero su ciò che effettivamente è successo quella fatidica notte. Addirittura, è il Presidente Roosvelt a mobilitare la flotta americana nelle ricerche, impiegando ben nove navi e sessantasei aerei per una spesa di circa quattro milioni di dollari. Sebbene queste forze spianate non si diano per vinte, le ricerche vengono abbandonate dopo una decina di giorni e dopo aver scandagliato ben 250.000 miglia quadrate di oceano.
Svariate sono le operazioni di ricerca e soccorso che si sono susseguite, anche da parte del marito di Amelia partito appositamente dagli Stati Uniti, tuttavia nessuna dà mai esito positivo. Altrettanto varie sono le congetture e le teorie che ruotano attorno al caso della Earhart: tra le più accreditate vi è l’ipotesi che, esaurendo il carburante, Amelia abbia tentato un ammaraggio di emergenza, ma che, poi, entrambi siano annegati nelle acque oceaniche. Un’altra – sostenuta anche dalla madre della pilota – è che l’aereo sia finito nelle Isole della Fenice, a 560 km a sud-est dell’isola di Howland. Un’altra ancora, e decisamente più bizzarra, vuole che Amelia sia stata fatta prigioniera dai giapponesi, che la ritennero una spia, e poi giustiziata.
Il ritrovamento di alcuni resti
È il 2012 quando viene comunicata al mondo la scoperta di alcune parti di un relitto aereo, presumibilmente riconducibile all’Electra di Amelia. Il team di ricercatori che ha effettuato il ritrovamento, ha girato un video subacqueo nelle acque antistanti l’isola di Nikumaroro. Nelle riprese appare una distesa di frammenti che sembrano essere parti del velivolo dell’aviatrice statunitense scomparsa nel 1937.
Sempre nella stessa zona, nel 1940 l’ufficiale e pilota britannico Gerald Gallagher riporta ai suoi superiori di aver rinvenuto lo scheletro di una donna. Basandosi su questo precedente ritrovamento, il team di ricerca ha ipotizzato che i due possano aver volato per le successive due ore e mezzo mantenendo la stessa rotta, arrivando proprio sull’isola di Nikumaroro.
Purtroppo, però, le ossa rinvenute da Gallagher, dopo essere state inviate alle Figi ed esaminate dagli antropologi forensi, col tempo sono andate perse e non sono state mai più ritrovate.
Solo nel 2018, grazie ad una nuova analisi pubblicata sulla rivista Forensic Anthropology, si è riusciti a stabilire che i resti rinvenuti nel 1940 appartengono all’aviatrice americana. Tuttavia, non avendo i resti materiali a disposizione, lo studio condotto ha potuto basarsi unicamente su misure ricavate da fotografie: per questo motivo, la sua validità è stata messa in dubbio.
Ciò che è certo, però, è che grazie ad Amelia Earhart, questa donna tanto determinata quanto impavida, le donne sono riuscite a penetrare una corazza storica della società, da sempre fossilizzata su stereotipi maschilisti. Amelia è la prova che forza di volontà e impegno ripagano sempre, portandoci sempre più in alto; e chi, meglio di lei, lo sapeva.
Laureata in Finanza e Mercati, sono da sempre appassionata di arte e letteratura. Uno dei miei migliori difetti: divoratrice (e compratrice) compulsiva di libri – soprattutto rosa! Nel 2021 esce il mio romanzo di esordio, “Ho provato a non amarti”.