“Bukowski vive a Roma Sud”: recensione e dialogo profondo con l’autore

Ho letto questo libro, e ho chiesto di recensirlo, dopo aver letto alcune frasi postate su Instagram di Giulio Salvioli, l’autore di Bukowski vive a Roma Sud, edito da “Alter Erebus“. Un vera e propria immersione nei suoi pensieri e nelle sue storie. Mondi a tratti filosofici, a tratti sconci, a tratti semplici e capibili e altre volte molto piu’ complessi. Ambientati in una Roma che con i suoi vicoli, i suoi bar e la sue notti, e le sue donne si spoglia e si racconta attraverso le sue pagine, attraverso le sue parole. Io l’ho letto, l’ho sentito e ho respirato la sua stessa aria di libertà; vi consiglio di  ascoltarlo attentamente anche a voi.

 

Quattro domande all’autore

 

Chi è Giulio, l’autore di questo libro?

 

Se per chi sono, si intende che faccio nella vita, tra i vari lavori, principalmente sono un archeologo. frusta di Indiana Jones la uso solo il sabato sera, se una ragazza è consenziente. In concreto, però, faccio assistenza archeologica in cantiere, uno dei lavori più inutili al mondo, quindi preferisco scrivere da sempre, uno degli hobby più inutili al mondo, probabilmente mi piacciono le attività inutili.

 

Fino a quando si poteva, ero operatore didattico, cioè facevo delle visite guidate in qualche monumento. Purtroppo con il Covid ho riniziato a portare le pizze. Quindi di giorno ‘archeologo’ e di notte ‘er porta pizze’: non so se si possa ambire a una vita più bella e appagante. Ma ciò che dà senso a tutto è certamente la scrittura; infatti il cantiere stesso è diventato una delle mie fonti d’ispirazione. Se per ‘Chi è Giulio’ si intende ‘Chi è Giulio profondamente al di là delle cose che fa’, ammetto che la risposta potrebbe essere molto lunga o molto breve. Credo che potrei cambiare idea ogni giorno e quindi dovremmo fare un’intervista al giorno e la cosa diventerebbe noiosissima per voi e io piangerei un po’ di volte e non sarei mai troppo soddisfatto delle mie parole. Quindi preferisco optare per la risposta più sincera di tutte, quella che avrebbe dovuto dare tutte le volte l’Oracolo di Delfi quando gli facevano domande e non sapeva rispondere e lui invece no, subito lì a tirare fuori delle super cazzole infinite. Scelgo il: ‘non lo so’ e aggiungerei, ma so che un pezzo di me si trova nel libro.

 

Chi è Buk (Giulio) nel libro?

 

Come dicevo nel libro, sono io, nel bene e nel male,  ovviamente una parte di me, delle serate a bere, di quelle in solitudine, delle donne, nella concezione della vita, nel modo d’esprimermi, nei voli pindarici della mente. Con Buk non posso proprio paragonarmi, con lui come con altri: è un mio compagno di sbronze e anche un’ispirazione, soprattutto per quanto riguarda la libertà nella scrittura. Per questo ringrazio fortemente la mia casa editrice: non è una cosa comune lasciare così tanta libertà allo scrittore, direi che scrivo con pochi filtri“.

L’amore e il sesso per te sono…

 

Il sesso è fondamentale, sempre e comunque. Tutto è fatto di sesso. Delle volte uso il sesso per parlare di altro, altre volte parlo di altro per ragionare sul sesso, mi piace proprio che siano due vasi comunicanti. Non mi piace quando viene demonizzato come se fosse slegato dal sentimento, sono due cose che si fondono quasi sempre, in qualche modo“. 

 

E non mi piace nemmeno quando viene demonizzato quando è fine a sé stesso, come se l’uomo e la donna fossero privi di questo impulso. C’è un mare di bigotti e moralisti lì fuori: non sono miei amici. Per quanto riguarda l’amore, è difficile dirlo, penso che sia una delle parole più usate a sproposito. Per la maggior parte del tempo penso che non esista o meglio, a furia di fare sesso con una persona diventa amore, banalmente direi. Ma questa la chiamerei infatuazione. Nel profondo credo che ‘l’amore vero’, più completo, sia un insieme di cose che nascono col tempo, che metterò alla rinfusa: essere stupidamente gioiosi quando si sta con l’altra persona, giocare insieme, stima, ascolto, comprensione, complicità, esperienze condivise, accettazione dei difetti, sentirsi sé stessi,  farlo tanto, cazzo, tanto, almeno da giovincelli (poi da vecchi se ne riparla), riuscire a stare in silenzio, parlare di tutto, lasciare la libertà altrui, mandarsi a fanculo e riabbracciarsi o possibilmente scopare, sopportazione, volere il bene dell’altro, essere due individui ben distinti che quando si fondono creano qualcosa di più bello, almeno nell’illusione di un momento o di un periodo. Non sempre le liste spiegano al meglio, ma per essere completo deve essere questo, almeno per me, non facilissimo direi, ma quando succede, sembra facile“.

 

Riassumerei con: ‘l’amore per me è un/a vera/o amica/o con cui fai anche del sesso, dell’ottimo  sesso possibilmente, fatto ‘de na pizza e na carezza, na pizza e na carezza, due tigri arrapate e due cuccioli de panda’. Ah no, giusto. C’è anche l’amore platonico, che è quando non puoi farlo con lei o con lui, ma vorresti tanto tanto e lo chiami ‘amore’ “.

 

Quanta “strada” ci deve essere in una vita?

 

La ‘strada’ intesa come cantiere, locali, piazze, vie eccetera, è stata fondamentale come ispirazione per il mio libro, e lo è continuamente per tutto ciò che scrivo, per le atmosfere e per i personaggi. Perché in fondo mi piace osservare, mi piace sentire tutto ciò che mi circonda, le persone che passeggiano, il loro modo di parlare, i loro problemi, i loro difetti. Oppure osservare me sulla strada, viaggiare nella mia testa e anche lì creare una ‘strada’. Parliamoci chiaro: nella mia testa, nelle persone, sulla strada c’è lo schifo a volte, direi spesso; siamo pieni di buche come a Roma, e quindi delle volte immagino, altre volte abbraccio la realtà. E nonostante tutto e grazie alla scrittura in questo palcoscenico assurdo e cittadino, fatto di pessimi attori eccezionali e strane comparse, su questa strada, fredda e ruvida, delle volte riesco ancora a commuovermi quando vedo un fiore sporco e profumato che nasce dall’asfalto. E mi metto a scrivere“.

 

Recensione

 

Forse non parlavamo nemmeno la stessa lingua, ma ballavamo lo stesso ballo.

 

C’è una cosa che mi va di dire fuori dai denti, ed è una cosa semplice, ma credo che renda molto bene l’idea: questo libro mi piace. Mi piace perché sa di realtà quando quelle come me guardano sempre il mondo con una vena fin troppo poetica, sognatrice e poco realistica. Ma in fondo, anche quest’autore riesce a trovare la bellezza quasi poetica del marcio di una notte, dentro a un bar nei sotterranei di una Roma notturna. Non credo che Giulio sia la reincarnazione di “zio Buk“, però credo che se dovesse leggere quello che ha scritto una birra (ma anche due) gliel’ha offrirebbe di sicuro. Riguardo alla percezione delle donne, tra queste pagine, mi preme riaprire di nuovo il discorso diretto: “grazie!”. Non hai dato una visione pulita e perfetta di quelle che la realtà descrive, non siamo solo quelle da salvare sempre, anzi non lo siamo proprio per niente. A nostro modo abbiamo anche noi il diritto di dire “mi piace il sesso“, anche se vorremmo essere abbracciate subito dopo. Grazie perché più vado avanti e più penso che la vita, quella bella e quella che fa anche più male sono anche tutte queste cose qui messe insieme.

 

Di Bukowski vive a Roma Sud, inoltre, mi va di spendere due parole anche sul linguaggio utilizzato da Giulio Savoldi. Direttoesplicitolibero, senza mezzi termini, crudo. A volte troppo crudo. Ma quello che conta è soprattutto che abbia una veridicità devastante. Roma è raccontata dal basso, e dal basso si eleva meglio di quella Roma raccontata ne La grande bellezza.

 

 

Disegno di Giulio Archidiacono

 

È tra le vie di Trastevere e sotto la pioggia battente che nascono le storie di Giulio Salvioli, quelle di Murvo, Stronzo e Gino. Quelle che se le racconti sai che ci sono, che esitono. E sai che le cose brutte, magari, al momento le maledici, ma poi le ringrazi perché ti fanno diventare quello che sei. Ed è dentro questa Roma così vera e sporca d’amoresesso, birra, donne, amici e bar, discorsi filosofici da ubriachi, di uomini che sudano lavorando, “gli eroi arancioni” che le anime perse e dannate si ritrovano. Magari ebbri di una vita che costa e che fa male, filosofi di notte, tra le braccia di una prostituta che chiede solo amore

 

“Tu vieni e muori, lei rinasce.”

 

E poi c’è l’amore, quello bello, quello che non fa sconti, quello che non è solo sesso ma è anche quello. C’è un elogio alla libertà delle donne. Perché anche alle donne piace il sesso, e non ne hanno sempre paura. Una dimensione vera, in un racconto che sa rivelarsi poetico, nonostante tutto. Un Tropico del Cancro di Miller all’italiana. Sapete, quando suona e vibra la corda della realtà, anche la più brutalmente bella ti si aspre un po’ anche il cuore. Perché ce l’ho anche io uno più maledetto di Bukowski attaccato alla realtà più cruda. Però quando gli accarezzo la testa e lui chiude gli occhi tranquillo, capisco che la poesia non è tutta lì, ma una buona parte d’amore e di realtà ce la devi pure mettere ce la devi mettere anche quando smadonni se piove e inciampi sui san pietrini.

 

Si ringrazia “Alter Erebus” per avermi concesso la copia gratuta del libro, e anche Giulio, che oltre ad avermi fatto capire come mai i “nonnetti” guardano con tanta ammirazioni quelli che lavorano nei cantieri, ci ha messo tutta quest’anima bella che si ritrova per rispondermi e scrivere. Un grande capolavoro.