È lunedì, la sveglia suona alle sei e, che tu voglia o no, sei obbligato ad alzarti e ad andare al lavoro. Il blue Monday è un trauma universale, ma che ne diresti se il tuo lavoro fosse considerato stravagante o fosse sconosciuto ai più?
Oggi parliamo di Letizia, calabrese d’adozione emiliana, appassionata di letteratura, etimologia e moda.
Il suo mestiere è quello di Product Manager nel settore Moda, che svolge a Milano nell’azienda Sease di Franco e Giacomo Loro Piana.
L’intervista
Ciao Letizia, raccontaci chi sei e il percorso che ti ha portato a diventare Product Manager. Che studi hai fatto, innanzitutto?
“Ciao! Ho studiato tra Bologna e Milano dove ho conseguito la laurea in giurisprudenza e parallelamente il diploma accademico triennale in storia del costume&merceologia, cool hunting e scrittura per il giornalismo di moda.”
In cosa consiste esattamente il tuo lavoro?
“Il mio è un lavoro prevalentemente di progettazione e coordinamento dei processi che portano alla realizzazione del prodotto finito. Funziona così: sulla base delle scelte stilistiche di stagione, mi dedico alla ricerca di materie prime e tecnologie innovative da inserire in collezione. Una volta svolto il lavoro di selezione di materie prime – a livello internazionale – , mi concentro sulla redazione tecnica di prototipia e campionario; qui scatta il lavoro di coordinamento con fornitori, laboratori, modellisti e tecnici. Il processo è concluso quando portiamo a casa il campione definitivo da produrre e presentare al mercato. Si lavora proiettati nel futuro: oggi, per esempio, curo parte della collezione autunno-inverno 2021, che il cliente finale potrà acquistare negli Store il prossimo anno.”
Sei sempre stata interessata al settore della moda?
“Sì. Da bambina organizzavo sfilate di costumi da bagno nel vano scale, obbligando amiche e cugine a sfilare per i parenti. Per simulare le coppe dei bikini usavo le vecchie spalline di nonna, facendo attenzione a scegliere quelle dalla forma più accattivante. Gli indumenti sono il modo più divertente per veicolare se stessi nel mondo.“
Che tipo di formazione è necessaria per ricoprire il ruolo di Product Manager?
“Nel settore tessile è molto importante avere una preparazione in merceologia e nelle varie tecniche di industrializzazione. Altra cosa essenziale, è avere delle spiccate capacità gestionali, schematiche e di sintesi. È un lavoro che richiede il confronto con parecchie figure professionali, dai modellisti, ai confezionisti, ai fornitori, quindi bisogna avere un linguaggio poliedrico ed essenziale per risultare sempre capibili. “
Il tuo mestiere necessita di aggiornamenti in itinere?
“Sì. Necessita di studio continuo e aggiornamenti costanti per stare dietro all’evoluzione del sistema moda e delle sue tecnologie. “
Nel tuo mestiere il lavoro di squadra è importante o conta di più l’ambizione personale?
“Il lavoro di squadra è importantissimo ma l’ambizione personale di molti, soprattutto giovanissimi, tende ad oscurare questo aspetto. La condivisione è uno dei migliori strumenti di professionalizzazione perché, in un modo o nell’altro, arricchisce sia le figure Senior che Junior. Quando un dipartimento è coeso e si transita tutti verso lo stesso obiettivo, si vede…e ti assicuro che fa la differenza. Nei team di giovanissimi dovrebbe esserci più umiltà. “
Con che tipo di clientela hai a che fare abitualmente?
“La nostra clientela di riferimento è quella degli high spender, ovvero persone interessate allo shopping di lusso. Oggi il mondo tessile è pieno di aziende che propongono articoli di qualità ma la vera sfida è impressionare il cliente con la presentazione di capi avanguardisti, con tecnologie di ultima generazione, qualitativi e il più possibile sostenibili. Soprattutto nello sportwear, ad esempio per lo sci, è fondamentale scegliere accessori super performanti: bottoni a pressione, velcri e tecnologie di localizzazione in caso di incidenti. Potrei parlare delle ore a riguardo.”
Cosa consigli a chi vuole intraprendere questo tipo di carriera ma è alle prime armi?
“A chi mi contatta chiedendomi informazioni di questo tipo, rispondo sempre in modo un po’ crudo ma realista: chi ha volontà di entrare a far parte del fashion system deve essere consapevole che andrà a scoperchiare il vaso di Pandora. Il percorso è lungo ma soprattutto in salita, esattamente come nel film Il diavolo veste Prada, che è talmente realistico da far venire i brividi. Credo tanto nella perseveranza di noi giovani e penso che lavorando costantemente e con serietà, chiunque possa raggiungere i propri obiettivi. Mi sento un po’ anziana zia ma racconto sempre di quando, dopo qualche mese di stage, tornando nel mio hotel sui Navigli, mi sedetti su un micro tavolo a bere della camomilla per cena. Non avevo fame, ero avvilita e sconfortata. Mi sono fatta tante domande, ed ho pensato seriamente di mollare. Sentivo quel mondo troppo distante dalla mia anima e dalla mia sensibilità. Andai a letto con una nube sul petto da far invidia alle peggiori giornate praghesi. La mattina dopo mi guardai allo specchio e mi dissi “Decidi: lascia tutto o fai qualcosa per diventare chi vorresti essere ma senza piegarti mai a questo sistema ammalato”. Mi diressi verso la cartoleria e acquistai la mia prima agenda ufficiale per gli appunti, ci feci incidere sopra “be a nice human” in modo che, nelle serate più difficili, in chiusura della giornata lavorativa, avessi un unico remainder: prima di ogni sogno, prima di ogni desiderio, ricorda di rimanere un buon umano. Tutto questo per dire che il mio consiglio è semplicemente di impegnarsi al massimo ma senza rinunciare mai ai propri valori, alla propria identità. “
Secondo te, l’industria italiana della moda è in crisi o è ancora in grado di influenzare il resto del mondo?
“L’industria italiana della moda è un fiore all’occhiello nel mondo ed è certamente un’ influenza positiva per ogni altro paese. Basti pensare all’impegno ambientale di cui si sono fatte carico molte delle nostre imprese: delle 80 aziende che in tutto il mondo hanno aderito alla campagna Detox di Greenpeace – per eliminare elementi tossici e inquinanti negli abiti –, 58 sono italiane. Per dire… 1/3 di tutto il valore aggiunto del settore fashion in Unione Europea è prodotto da noi italiani, abbiamo davvero moltissimi punti di forza. Potremmo fare grandi cose se avessimo maggiori agevolazioni e supporto. L’eccellenza fa parte della tradizionalità italiana, in tanti altri settori, soprattutto quello artigianale.”
Se tornassi indietro, rifaresti questo lavoro?
“Sì, assolutamente! Non cambierei nulla del mio percorso, tantomeno l’azienda. Mi è stata data una grande possibilità di formazione.”
La pandemia attualmente in corso ha influito negativamente sul tuo lavoro?
“Purtroppo sì. Partecipiamo regolarmente a riunioni numerose. Abbiamo ridotto al minimo gli incontri con i fornitori e la cosa molto molto invalidante sarà dover rinunciare alle fiere.”
La tua azienda è attenta alla tutela dell’ambiente?
“Sì, e ne sono molto felice. L’obiettivo principale di Sease è sempre stato creare consapevolezza nel cliente proponendo capi a ridotto impatto ambientale senza compromettere qualità e performance. Quando si tratta di scegliere nuovi fornitori, cerco sempre di individuare partners che condividano un forte impegno verso la sostenibilità e l’innovazione, così da poter garantire al marchio materia prima derivante da processi etici. “
Cosa fate nello specifico per promuovere lo sviluppo sostenibile?
“Cerchiamo di favorire sempre le fibre naturali rispetto quelle sintetiche: lana, lino, seta, cotone, questo perché oltre a non essere nocive per la pelle sono anche biodegradabili. Il lino per esempio, nelle fasi di crescita, assorbe 14 di acqua e usa 17 di composti chimici rispetto il cotone. Utilizziamo tessuti di nylon Petro-free e ricavati da bottiglie di plastica raccolte negli oceani.”
L’azienda Sease è un marchio outwear ideato dai fratelli Franco e Giacomo Loro Piana. Per maggiori informazioni, è possibile visitare il sito.
Giornalista, lettrice professionista, editor. Ho incanalato la mia passione per la scrittura a scuola e da allora non mi sono più fermata. Ho studiato Scrittura e Giornalismo culturale e, periodicamente, partecipo a corsi di tecnica narrativa per tenermi aggiornata.
Abito in Calabria e la posizione invidiabile di Ardore, il mio paese, mi fa iniziare la giornata con l’ottimismo di chi si ritrova la salsedine tra i capelli tutto l’anno.