Ecco un nuovo articolo per la serie La letteratura del dolore: questa volta tratteremo il tema della perdita e del lutto. Un tipo di lettura un poco diversa da quella trattata in precedenza: quella dedicata ai bambini.
Morte e bambini
In questo ultimo periodo, ognuno di noi ha dovuto fare i conti con moltissime paure e angosce, portate a galla da quello che è stata la pandemia. Un periodo dove molti, grandi e piccini, hanno subìto eventi e perdite davvero traumatiche. Ma la morte esiste e c’è da sempre. Dall’alba dei secoli. Essendo un argomento tabù per i grandi, pensate sia cosi semplice raccontarla ai bambini? Proviamo a scoprirlo insieme.
“La domanda che vola. Educare i bambini alla morte” di Francesco Campione
“Educare alla morte” o comunque saper gestire quello che comporta l’assenza, il lutto, la perdita di qualcuno, non è mai semplice, né per gli adulti né per i più piccini. Questo è da mettere sicuramente in chiaro. Un’emozione che non ha a che fare con qualcosa di bello, che faccia stare bene, e che invece abbia dentro qualsiasi tipo di frustrazione, non è mai di facile gestione. Però esistono delle piccole accortezze e strategie da mettere in atto sia per prevenire che per curare (per quanto sia possibile farlo) il dramma del “vivere una morte”.
“Gli adulti devono sforzarsi di stabilire un equilibrio tra il desiderio di proteggere e l’importanza di raccontare la verità”
La domanda che vola, F. Campione.
Diverse strategie
Nelle situazioni concrete c’è chi ritiene corretto dover preservare i bambini dalla verità traumatica della morte e chi, al contrario, cerca di difendere il loro diritto a sapere e a comprendere le moltitudini di sfaccettature di questo tema. Esiste poi un’altra possibilità, quella di educare l’infante attraverso una ricerca paziente sul mistero della morte. Educatori, professionisti, pedagogisti sono d’accordo nel proseguire attraverso un’ottica parallela: ovvero quella in cui né la favole, né il realismo dei fatti funzionano bene se si propongono in modo separato. Bisogna saperli calibrare entrambi, perché essi sono una miscela di emozioni e materiale creativo per affrontare il futuro, i traumi e le domande più difficili, facendo in modo che il desiderio del bene attraversi il pessimismo della realtà e l’ottimismo delle narrazioni fino ad arrivare ad educare il bambino cercando di limitare lo sviluppo di disturbi affettivi, cognitivi, comportamentali post-traumatici.
Qualche consiglio di lettura
Con le prime domande sul senso della vita, come ad esempio «Mamma ma è vero che un giorno moriremo?», i bambini iniziano a prendere confidenza con i misteri complicati dell’esistenza e della vita umana. Prendiamo atto del fatto che essi cercano sì una risposta, ma in primis ci chiedono solo una cosa: essere al loro livello. A queste domande, però, bisogna saper rispondere, perché distrarli o comunque eludere il problema o la risposta ai quesiti sulla morte, sulla sofferenza e il dolore vuol dire lasciare i bambini soli ed inermi di fronte al loro bisogno di comprendere. E partendo da questo presupposto, sono proprio queste domande a far sì che nasca una letteratura adatta all’infanzia che provi a venire incontro ai genitori e anche agli educatori, nel trovare una risposta che possa preparare il bambino non solo alla morte, ma anche alla vita.
Gli albi illustrati
Alcuni di questi libri vengono detti “albi illustrati”, e sono alleati preziosi fin dai primi anni di vita del bambino. Oltre che essere strumenti molti efficaci perché in grado di amplificare la capacità immaginativa (e quindi la parte dell’astrazione) del bambino, questi libri (cartonai e con illustrazioni molto colorate, a volte pop-up) sono scritti in un linguaggio chiaro e semplice ma soprattutto immediato, per raccontare cose difficili attraverso l’arte. Raccontare qualcosa di brutto attraverso la bellezza di un’immagine ci dà già di per sé un primo presupposto di approccio positivo a qualcosa di estremamente negativo.
“È tempo di andare” di Kim Sena
Fonte foto: IBS
È tempo di andare è uno splendido e delicatissimo albo illustrato che parla di perdita, di separazione, di mancanza, di tempo passato e di tempo che scorre attraverso una storia di tenerezza infinita. Mia e Lucy, rispettivamente una bimba e una civetta, sono inseparabili da tantissimo tempo: precisamente da quando Mia, trovando Lucy a terra con un’ala spezzata, ha deciso di prendersene cura. Non conosciamo l’arco di tempo in cui le due sono rimaste insieme, ma siamo certi che il loro legame sia davvero speciale. Ed è con una dolcezza inarrivabile che Kim Sena può mostrarci attraverso la sua penna e la sua matita il fiorire e lo sfiorire di questo dolce racconto. La bellezza delle immagini, davvero oniriche e suggestive, evoca anche l’importanza del ricordo, ancor prima che diventi tale.
Un albo che mi ha colpito particolarmente, anche perché i protagonisti sono di una semplicità assoluta, ma emanano attraverso le immagini una purezza d’animo che pare respirarti accanto, mentre sfogli il libro che sorprende per l’intensità emotiva pazzesca accogliendo il lettore a braccia aperte. A tessere il filo di ogni relazione che viviamo per ricondurci a loro, sono i ricordi, la certezza di poterli rievocare in qualunque momento, e di trovarvi rifugio e abbraccio quando serve. Sia Mia che Lucy (la sua piccola amica civetta) infatti si promettono di guardare la luna e dedicarsi un pensiero ogni sera, sapendo che è ricambiato.
Altri albi
E’ tempo di andare non è il solo albo illustrato che si dimostra in grado di raccontare in modo facile, incisivo e suggestivo in modo positivo il dolore e la morte ce ne sono molti altri. Ecco qualche nome e nota a riguardo:
L’anatra, la morte ed il tulipano, per esempio, è un cartonato che dà una personificazione molto reale e quasi buffa alla morte nonostante la sua profondità nel descrivere una storia difficile ma che ha da insegnarci davvero tanto.
Certe anatre dicono che si diventa angeli e si sta seduti sulle nuvole
e si può guardare la terra dall’alto.”
“Possibile” disse la Morte, e si mise seduta.
“In ogni caso le ali ce le hai già”.
Il paradiso di Anna, che racconta la storia di una bimba dai capelli rossi che perde la madre e decide di scoprire a modo suo, come può essere il luogo dove (si trova?) la mamma adesso. Oppure Beniamino, che cerca di dare un senso alla sofferenza della perdita di un fratellino appena nato al bimbo che resta.
Spero che questo articolo possa farvi riflettere su quanto sia importante improntare un’educazione semplice che racconti non solo il bello della vita, ma anche le cose che spesso, senza preavviso, ci travolgono. Non si è mai pronti, soprattutto da bambini, però magari noi “grandi” possiamo fare qualcosa perché si sappia accettare il dolore, senza che si trasformi in angoscia e paura. Magari leggendo. Magari concentrandoci su quello che resta. Su quello che è stato. E su ciò che nonostante l’assenza, sia stato, è e sarà sempre e comunque “vita”.
Mi chiamo Alessia, scrivo per difendermi, per proteggermi e per dare una mia visione del mondo, anche se in realtà io, una visuale su tutto quello che accade, non ce l’ho, e probabilmente non l’ho mai avuta. Ho paura di ritrovarmi e preferisco perdermi.
Culturalmente distante dal pensiero comune. Emotivamente sbagliata. Poeticamente scorretta. Fiore di loto, nel sentiero color glicine. Crisantemo all’occorrenza. Ho più paure che scuse. Mi limito a scrivere e leggere la vita. Mi piace abbracciare Biscotto, anche da lontano. Anche se per il mondo di oggi sembra tutto più difficile.
Scrivo per questo magazine da circa un anno. Ho pubblicato anche un libro ( ma non mi va di dire il titolo perché qualcuno penserebbe “pubblicità occulta”). Ho aperto un mio blog personale: “Il Libroletto” dove recensisco libri per passione.