Fonte foto: Il Fatto Quotidiano
Recentemente, il Financial Times Weekend Magazine ha svelato un interessante scambio di email tra la scrittrice Elena Ferrante e l’attivista serba naturalizzata statunitense Marina Abramovic. Il contenuto parrebbe rivelare informazioni inedite su entrambe.
Elena Ferrante e Marina Abramovic: chi sono?
Lo so, dirlo potrebbe apparire ridondante. Ma, per quei pochi che non sanno di chi stiamo parlando, facciamo un breve sunto della vita di queste due brillanti artiste.
Elena Ferrante è solo uno pseudonimo: non sappiamo quale autrice (o autore?) si celi dietro questo nome. Definita dal settimanale Time come una delle cento persone più influenti al mondo, vanta tra le sue opere i romanzi L’amore molesto, I giorni dell’abbandono, La figlia oscura e la famosissima saga de L’amica geniale. Dai suoi libri, letti in tutto il mondo, sono stati tratti film e serie tv.
Marina Abramovic, è invece (come lei stessa si definisce) la “nonna della performance art”. Ha iniziato a organizzare sessioni di arte performativa negli anni Sessanta e da allora non si è più fermata. Si tratta di installazioni interattive in cui il pubblico è invitato a intervenire e a divenire parte dell’opera d’arte stessa. Tra le più note, ricordiamo quella del 2010 al MoMa di New York, in cui per 736 ore è stata seduta su una sedia ad osservare i visitatori che decidevano di sedersi di fronte a lei, e quella che ha avuto luogo a Milano nel 2012, in cui l’artista ha deciso di giocare con luci e ombre, invitando i presenti a entrare nel mondo del silenzio da lei creato e a rimanere completamente da soli con sé stessi.
Lo scambio
Il dialogo tra le due donne è avvenuto digitalmente con uno scopo: probabilmente Elena Ferrante ha ritenuto questo come l’unico metodo sicuro per mantenere il suo anonimato. La scrittrice ha evidenziato una similitudine tra il modus operandi di Abramovic e il suo. Entrambe, infatti, usano il corpo per comunicare: la prima utilizza la propria fisicità per manifestarsi e l’altra ha deciso di farla scomparire per mettere in rilievo i propri scritti. Le parole riportate dal giornale sono stata proprio queste:
“In The Artist is present, con ancor più forza che in altre performance, rendi Marina Abramovic, l’artista, l’opera stessa. Voglio dire che anche il corpo, con le sue esperienze, è materia prima tanto quanto la pietra, il legno, la carta, l’inchiostro. L’importante è come viene lavorato quel materiale poeticamente, come lo inventiamo, come ne diventiamo l’autore. Il resto è industria delle celebrità, marketing, successo, dettagli biografici e autobiografici.”
Abramovic sembra essere d’accordo e sostiene:
“Sono sempre io al centro del mio lavoro e inizio sempre da me stessa perché è ciò che conosco meglio. Il mio corpo è il mio universo ed è l’inizio di tutto quanto. La performig art può essere radicale se ti apri a scelte audaci come del resto hai fatto tu con la tua scrittura e la tua decisione di non apparire in pubblico. Posso chiederti perché?”
La domanda dell’artista rappresenta il quesito che tutti noi amanti della letteratura ci siamo posti almeno una volta: perché Elena Ferrante non vuole mostrarsi in pubblico? È una mera operazione commerciale o c’è dell’altro? Lei risponde con una rivelazione inedita:
“Da ragazza mi reputavo impresentabile. Mi vergognavo di tutto, soprattutto di voler scrivere. Scrivere mi sembrava un atto di orgoglio, come dovessi rivendicare di trattenere il mondo dentro me stessa. Ma la passione che avevo era forte e mi sono allenata a vivere da persona timida separandola radicalmente dai momenti in cui il corpo si abbandonava all’impeto della scrittura. Più netta era questa separazione, più libera mi sentivo. È stato poi il successo a complicare le cose. Le persone a me vicine mi dicevano ‘goditi il successo’, altrimenti se non ti diverti perché scrivi? Lo spettacolo della celebrità mi ha tentato, ma alla fine si è affermata in me la convinzione che il mio vero corpo, capace di andare oltre i margini consentiti con l’energia necessaria, è scrivere. Il mio io che scrive è lì. Il resto è significativo solo nella mia vita privata. Dovessi espormi, diventerei un personaggio, una finzione pubblica che condizionerebbe anche la finzione della mia scrittura.”
Personalmente, quando assisto a uno scambio di contenuti tra due menti brillanti come queste mi sento sempre un po’ emozionata: cosa sarebbe la nostra vita senza l’arte?
Giornalista, lettrice professionista, editor. Ho incanalato la mia passione per la scrittura a scuola e da allora non mi sono più fermata. Ho studiato Scrittura e Giornalismo culturale e, periodicamente, partecipo a corsi di tecnica narrativa per tenermi aggiornata.
Abito in Calabria e la posizione invidiabile di Ardore, il mio paese, mi fa iniziare la giornata con l’ottimismo di chi si ritrova la salsedine tra i capelli tutto l’anno.