Dostoevskij e i simboli della psicoanalisi

Dostoevskij e i simboli della psicoanalisi

Sono molte le definizioni con cui si è tentato di riassumere il significato più profondo della letteratura russa in generale e quella di Dostoevskij in particolare. Le sue opere hanno un modo unico di esprimere la personalità dei suoi personaggi. L’evoluzione intellettuale e le vicende storiche dello scrittore ebbero un peso importante al riguardo. il 23 aprile 1849 fu condannato a morte, ma poco prima della sua esecuzione, grazie a una lettera speciale dello Zar, Dostoevskij fu graziato e mandato a Omsk, in Siberia, per otto anni di lavori forzati. In seguito scrisse: 

…fra i criminali ho riconosciuto finalmente degli uomini… ci sono caratteri profondi, forti, bellissimi, e che felicità cercare l’oro sotto quella rude scorza.

Dostoevskij e i simboli della psicoanalisi

Raskolnikov sale le scale

Fonte foto: test.artforintrovert.ru

La definizione più appropriata riguardo alla sua scrittura sarebbe la cosiddetta “anatomia dell’anima”, con cui l’autore russo descrive le caratteristiche della personalità umana in modo psicoanalitico, usando gli strumenti della numerologia, come ad esempio il numero 13: nei Tarocchi il 13 è il numero associato alla carta della morte; nella numerologia russa si chiama anche “una dozzina del diavolo”. Troviamo tale segno in Delitto e castigo: 13 scale portano alla casa del protagonista Raskolnikovil Principe Mishkin (L’idiota) ha 26/27 anni: secondo Pitagora, il numero 26 rappresenta l’armonia, mentre il 27 l’incertezza e i peccati dell’uomo. Dostoevskij usa diversi simboli anche nella descrizione della casa del protagonista di Delitto e castigo: una piccola “stanzetta” che assomiglia più a un armadio, o meglio a una cassa da morto: “La tappezzeria gialla… la mobilia tutta molto vecchia e di legno giallo”, che rappresenta il disagio e il disturbo mentale di Raskolnikov.

dostoevskij

Nota bene: in russo volgare il manicomio si chiama “La casa Gialla”, a parere del color giallo delle facciate del edificio. Fonte foto:vk.com

Anche il modo in cui il protagonista uccide la donna anziana rappresenta  il “suicidio dell’anima”:

Raskolnikov tirò fuori l’accetta… la lasciò ricadere sul capo della vecchia dalla parte opposta del taglio

Il metodo psicoanalatico

Dostoevskij usa tanto il metodo psicoanalitico – in particolare il sogno, con cui descrive ancora meglio i caratteri dei suoi personaggi. Ad esempio, ne L’idiota il principe Mishkin ha dei sogni profetici;  Ippolit, invece, sogna un mostro che prova a morderlo. Il mostro in questo caso rappresenta l’ “anima nera” – brutale, cattiva anima di una persona atea. Sappiamo bene che Dostoevskij era molto religioso, e di conseguenza non accettò mai il nihilismo e l’ateismo – che furono molto di moda tra i giovani russi di quel periodo. Dostoevskij torna al discorso del nihilismo nella sua opera I demoni, dove, usando il simbolismo cristiano e le allegorie con il “Signore del Male”, descrive alla fine della opera una scena brutale: “I demoni nihilisti bruciano la città, uccidono le persone e impazziscono”.

I cognomi parlanti

Dostoevskij usa tanto un altro metodo per la scrittura significativa: “i cognomi parlanti”. Il cognome del protagonista di Delitto e castigo deriva dalla parola russa “raskol”, che significa “scissione” (cioè la scissione della anima, una malattia mentale); ne L’idiotaMishkin si riferisce a un animale (il topo); Razumikhin, invece, vuol dire “intelligente“. Sigmund Freud, nel suo libro Dostoevskij e parricidio (1928), rappresenta una nota introduttiva al romanzo I fratelli Karamazov. Scriveva: “I fratelli Karamazov è il romanzo più grandioso che sia mai stato scritto”, poi nel suo ultimo libro, Dostoevskij e l’uccisione del padre, analizza il rapporto tra la psicoanalisi e la letteratura. Le opere di Fedor Dostoevskij sono pieni di simboli e allegorie, con le quali lo scrittore russo ci rappresenta tutte le emozioni di un essere umano, esprime come cambia una persona messa in varie situazioni e racconta dei diversi tipi e caratteri umani; ci racconta anche le storie tipiche di una vita comune moderna. Saranno attuali sempre, sia nel Ottocento, che oggi.