Mario Merz e l'Espressione dell'Arte Povera

Mario Merz e l’espressione dell’Arte Povera

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Nel panorama dell’arte del XX secolo, una corrente artistica si è distinta per la sua poetica unica e innovativa, un’arte dalla  prospettiva umile ed essenziale. Stiamo parlando dell’Arte Povera, e tra i suoi protagonisti più illustri c’è senza dubbio Mario Merz, un’artista italiano di fama internazionale la cui opera ha lasciato un’impronta indelebile nel mondo dell’arte concettuale.

Cos’è l’Arte Povera

L’Arte Povera è un movimento artistico nato in Italia ufficialmente nel 1967, quando si tenne la prima mostra alla Galleria La Bertesca di Genova. Esso si proponeva di ridefinire i confini dell’arte, rompendo con le tradizioni artistiche del passato e sperimentando nuove forme di espressione. L’obiettivo primario era quello di esaltare l’essenzialità e la semplicità attraverso l’uso di materiali grezzi e quotidiani, facendo emergere la bellezza dell’ordinario e del precario.

Gli artisti dell’Arte Povera, tra cui Mario Merz, cercavano di sfuggire alla logica consumistica della società moderna e puntavano a valorizzare la natura, la spiritualità e i processi naturali. La scelta di materiali “poveri” come legno, terra, metalli grezzi, tessuti e oggetti di uso comune, simboleggiava un desiderio di ritornare alle radici e di riscoprire l’essenza dell’essere umano e della sua relazione con l’universo.


La Vita e l’Opera di Mario Merz

Mario Merz nacque a Milano nel 1925. Studiò architettura al Politecnico di Milano, la sua carriera artistica non iniziò ufficialmente fino agli anni ’60, quando abbracciò l’Arte Povera. Da quel momento, il suo percorso artistico divenne una costante esplorazione delle tematiche legate alla natura, alla matematica e all’essenza dell’esistenza umana.

Tra i suoi elementi distintivi ci fu sicuramente l’utilizzo dei tubi al neon fino ad allora utilizzati unicamente come illuminazione, ma l’arista ne fece l’elemento principale delle sue opere.

Un altro elemento iconico dell’opera di Merz è la ripetizione del numero “1.” Questo numero rappresenta l’individualità, il principio fondamentale da cui tutto ha origine. La scelta di questa cifra è stata fortemente influenzata dal suo interesse per la matematica e il concetto di sequenza numerica.

Segnalo infatti l’installazione realizzata dall’artista poco prima della sua scomparsa nel 2003, per la metropolitana di Napoli precisamente nella stazione Vanvitelli, rappresentante una grande spiarle in neon blu  posizionata sul soffitto, facente parte delle rappresentazioni geometriche della serie “Fibonacci” proseguendo poi con una serie di animali preistorici seek medesimo materiale posizionati sulla  parete di fondo alla fine delle scale mobili. L’artista interpreta la progressione secondo cui ogni cifra è la somma delle due precedenti come emblema dei processi di crescita del mondo organico.

L’opera di Mario Merz e dell’Arte Povera ha lasciato un segno significativo nella storia dell’arte contemporanea.

Grazie alla sua capacità di trasformare materiali banali in opere d’arte evocative, Merz ha dimostrato che la bellezza e il significato possono emergere anche dall’ordinario. Il suo approccio alla creazione artistica ha ispirato generazioni successive di artisti, che hanno continuato a esplorare il rapporto tra l’uomo e la natura attraverso una lente più umile e rispettosa.

Nonostante la sua morte nel 2003, l’opera di Mario Merz continua a essere ammirata e studiata in tutto il mondo. Le sue installazioni e le sue opere sono state esposte in importanti musei e gallerie, guadagnando il rispetto e l’ammirazione di critici e collezionisti d’arte.


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