Nato in Columbia, cittadino del mondo, Oscar Murillo, classe 1986, pone il suo approccio al fare arte nel segno della denuncia delle disuguaglianze, delle iniquità della nostra società e del disagio sociologico che comportano.
Ma le sue opere, sia pittoriche che tridimensionali o performance, sono ben lontane dall’essere didascaliche o meramente di denuncia. Egli opera valorizzando il fattore umano, coinvolgendo e includendo nel suo lavoro sia le persone che contribuiscono alla loro creazione, sia gli spettatori i quali spesso sono chiamati a interagire con le realizzazioni in mostra.
Le tele e gli studenti
Uno degli più fruttuosi esperimenti posto in essere da Murillo dal 2013 consiste nell’aver fornito tele grezze a studenti di scuole di tutto il mondo, in corso da più di un decennio, che ha oltre 100.000 bambini, dando loro la possibilità di esprimersi, disegnando o facendo scarabocchi su di esse per un periodo di circa sei mesi. Successivamente le tele vengono esposte in pubblico lasciando che i visitatori le possano guardare e sfogliare.
Il racconto che ne deriva è uno spaccato socioculturale della creatività non finalizzata, del linguaggio analogico di quello spaccato di società compresa fra l’infanzia e l’adolescenza nella nostra epoca. Non quindi il risultato del pensiero cosciente ma l’atto impulsivo e irrazionale delle menti e delle mani che lo hanno realizzato. Libera espressività lasciata fluire nelle migliaia di gesti che gli studenti hanno compiuto senza pensare al risultato.
Qualcuno potrebbe obbiettare come tutto questo non possa essere definito “Arte” in quanto non rientra nei canoni specifici della realizzazione artistica e non è stato compiuto da una persona definita, appunto, “artista” in particolare. Però se analizzato sia dal punto di vista semantico che dall’accezione dell’Arte come mezzo di presa di coscienza (da parte di chi guarda oltre che da quella di chi realizza), l’operazione di Murillo possiede a tutti gli effetti le prerogative di ciò che chiamiamo Arte. Questa sua ricerca si focalizza sugli impulsi che qualificano inconsciamente la spinta a esprimersi senza alcun motivo utilitaristico. E, nello stesso tempo, con la sua esposizione, immerge lo spettatore dentro le sensazioni emotive che la hanno generata. Quindi risponde appieno alle prerogative dell’Estetica, ovvero: della percezione sensibile.
Dopo aver seguito studi artistici si interessa appassionatamente ad approfondire i meccanismi e l’evolversi della storia dell’arte contemporanea.
Proprio in qualità di critico d’arte e corrispondente, negli anni ’80 e ’90, ha firmato saggi e recensioni per alcuni dei maggiori periodici del settore, tra i quali: Terzoocchio delle edizioni Bora di Bologna, Flash Art di Milano Julier di Trieste ed il genovese ExArte .
Inoltre affiancherà attivamente come consulente la famosa galleria d’Arte avanguardistica Fluxia durante tutto il periodo della sua esistenza.
Ha partecipato all’organizzazione di numerosi eventi, tra i quali l’anniversario del centenario dell’Istituto d’Arte di Chiavari e la commemorazione del trentennale della morte del poeta Camillo Sbarbaro a S. Margherita L.
Nel 2010 pubblica il suo primo romanzo: “La strana faccenda di via Beatrice D’Este”, un giallo fantasioso e “intimista”.
Nel 2018 pubblica il fantasy storico “Tiwanaku La Leggenda” ispirato alla storia ed alle leggende delle Ande pre-incaiche.
Attualmente collabora con alcuni blog e riviste on-line come “Chili di libri, “Accademia della scrittura”,
“Emozioni imperfette”, “L’artefatto”,” Read il magazine” e “Hermes Magazine” occupandosi ancora di critica d’arte e di recensioni letterarie.