Fonte foto: turismo.it
Benvenuti ad un nuovo appuntamento di storie di pasta. Questa volta ci sposteremo nella Langhe, in Piemonte, per conoscere meglio gli agnolotti, una forma di pasta fresca famosa per il suo ripieno. Quest’ultimo può essere di diversi tipi, dalle verdure alla carne, per soddisfare tutti i palati.
Esistono poi gli agnolotti pavesi i quali si differenziano da quelli piemontesi per il ripieno a base di stufato. La farcitura viene racchiusa da due sfoglie di pasta all’uovo, dando forma ad una sorta di quadrato. Molto conosciuti sono anche gli agnolotti del plin (plin, in piemontese, significa “pizzicotto”): originari del Monferrato, sono così chiamati per via del pizzicotto che viene loro dato per chiuderli. Di forma più piccola rispetto a quelli classici, la loro farcia è a base di riso, carne magra di vitello e spinaci.
Un pò di storia
Gli agnolotti, come già accennato, sono tipici della tradizione piemontese e anticamente, per la farcitura, venivano utilizzati gli avanzi del giorno precedente. Per non buttare nulla, i piemontesi erano soliti riempirli con carne arrosto avanzata e verdure, oppure formaggio: proprio per questo non ne esiste una versione sola. Ma perché si chiamano così? Dovete sapere che vi sono almeno due spiegazioni, ma nessuna è ancora del tutto certa. La prima di queste è che abbiano preso il nome da Angiolino, il cuoco che, secondo la leggenda popolare, li cucinò per la prima volta. La seconda spiegazione invece dice che il loro nome derivi dal dialetto “anolòt“, che indica lo strumento che in antichità si utilizzava per dare loro forma.
Come gustarli al meglio
Ma eccoci arrivati alla parte più interessante e golosa del nostro articolo: come condire gli agnolotti. Non essendoci un’unica farcitura, come potete ben immaginare, si possono accompagnare in diversi modi, dal sugo arrosto al ragù di carne o in brodo di carne. Molto buoni anche con burro, salvia e una spolverata di Grana Padano o, se preferite, Parmigiano Reggiano. Per gli amanti del vino, infine, sono consigliati anche imbevuti in esso, come si mangiano nell’Alto Monferrato. Ecco come prepararli.
Ingredienti per 4 persone
- 400 gr di farina
- 300 gr di fesa di manzo
- 5 cucchiai di olio extravergine di oliva
- 1 bottiglia di dolcetto
- 1 cipolla
- 1 carota
- 1 gambo di sedano
- 1 rametto di salvia
- 50 gr di petto di pollo
- 50 gr di coniglio
- 50 gr di salsiccia
- 5 uova
- 100 gr di parmigiano
- 100 gr di salsa di pomodoro
- noce moscata q.b.
- sale q.b.
Amalgamiamo farina, 3 uova, 2 cucchiai di acqua e un pizzico di sale, fino a ottenere un impasto omogeneo e lasciamo poi riposare per 30 minuti. Infariniamo il manzo e rosoliamolo in una padella con 3 cucchiai di olio per 5 minuti circa. Puliamo e tritiamo la cipolla, la carota e il sedano e lasciamolo ammorbidire nello stesso olio; dopo 5 minuti, rimettiamo la carne con la salvia e il rosmarino lavati con cura. Facciamo cuocere per 2 ore e 30 minuti, aggiungendo, via via, tutto il vino.
Una volta finita la cottura, tritiamo il manzo e dividiamolo in due parti. Rosoliamo nell’olio extravergine rimasto il pollo e il coniglio, tritiamoli appena cotti e uniamoli a metà del manzo con la salsiccia sbriciolata.
In una ciotola amalgamiamo la carne mista con le uova rimaste, metà parmigiano grattugiato, un pizzico di noce moscata e di sale.
Stendiamo la pasta in due sfoglie sottili e appoggiamo, sulla prima striscia, delle palline di impasto a distanza regolare. Copriamo con l’altra sfoglia e, con la rotella, ritagliamo dei ravioli quadrati, stando attenti a premere bene i bordi. Uniamo ora al manzo tritato rimasto il sugo di cottura del brasato e la salsa di pomodoro, e condiamo gli agnolotti fatti cuocere in acqua salata per 10 minuti. Aggiungiamo per finire il parmigiano rimasto.
Buon appetito!
Sono quella che in prima elementare si annoiava mentre la maestra spiegava le lettere dell’alfabeto ai suoi compagni di classe, perché le conosceva già da almeno un anno. Sin da quei tempi, durante i temi in classe sarei stata capace di riempire con pensieri e parole dieci fogli protocollo. Scrivere per me è un’esigenza, la mia costante, una delle poche cose che mi fanno realmente sentire giusta in questo mondo, insieme alla gentilezza e ai miei sorrisi. Trentatré anni, diplomata come tecnico dei servizi sociali e qualificata assistente di studio odontoiatrico, ho cambiato diverse volte strada, ma il bisogno di scrivere mi ha sempre seguito come se fosse la mia ombra.