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Il 25 maggio 1938 nasceva Raymond Clevie Carver.
C’è una certa letteratura americana che descrivendo fatti del tutto ordinari e quotidiani, è riuscita a far emergere le verità del nostro presente. È quella che infatti possiamo collocare nel panorama contemporaneo. Un genere di letteratura dove le parole si limitano a raccontare, eludendo il caos emotivo dell’autore, bandendo le proiezioni. Parole che vanno seguendo un filo necessario. Il minimalismo, quella corrente che sorgeva alla fine degli anni ‘70 ed esplodeva nella seconda metà degli ‘80, contraddistinta da una scrittura essenziale, pulita, dove le parole si stendevano sul silenzio della carta bianca. Quella corrente detta anche “nuova generazione perduta”, dalla quale sono sorti grandi autori, il più importante fra i quali è Raymond Carver.
L’incontro con lo stile di Carver
Ricordo che il primo libro che lessi di Carver fu Da dove sto chiamando pubblicato nel 1988, anno della sua morte. Una sorta di auto-antologia, dal sapore testamentario, dove sono raccolti i racconti che maggiormente esprimono la poetica dell’autore. Quel tipo di scrittura è stato per certi versi imposto come il modello che un aspirante scrittore dovrebbe seguire. Ricercare sempre l’essenzialità, mai essere prolissi, evitare la ridondanza, descrivere quel che è necessario e evocare nell’insieme l’emozione quasi a generare con quella sottrazione, un canale di lettura iperrealistico, senza appannaggi.
Una certa critica letteraria si è opposta a questo modello, definendolo uno standard imposto. Per certi versi bisogna ammettere che il fenomeno delle scuole di scrittura è stato molto imbevuto di quei principi.
Chi era, dunque, Raymond Carver?
C’è da dire però che Carver non può essere limitato al minimalismo. Forse questi nomi che si danno alle correnti rischiano di diventare riduttivi. Scoprire uno scrittore invece significa andare a fondo anche nella contestualizzazione. Chi era infatti Raymond Carver? Di sicuro sappiamo che il 25 maggio si festeggiava il suo compleanno, e che quindi diventa oggi data commemorativa d’inizio della sua esistenza. Se si guardano le sue foto, appare un volto da persona tutto sommato normale. Una persona sposata e con due figli. Formatosi tra Università e scuole di scrittura creativa (le prime di quelle che avrebbero poi successivamente spopolato). Proveniente da famiglia umili origini, dunque abituato a lavorare per vivere pur coltivando in maniera seria e devota le sue passioni. Iniziò nel 1969, quindi trentunenne, a fare della scrittura la principale attività. Si può dire che il minimalismo possa vedere il suo antesignano in Hernest Hemingway autore che infatti era molto amato da Carver.
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Si sa, però, che la vita di uno scrittore non è mai facile. Soprattutto per quanto riguarda la questione economica. Infatti per quanto il suo nome stesse diventando importante a livello mondiale, la sua condizione monetaria non era delle più rosee. Motivo per cui spesso dovette richiedere sussidi di disoccupazione o piegarsi a vari lavoretti occasionali.
L’alcolismo
La cosa che ho sempre trovato buffa di Carver è che diventò alcolista tardi, oltre i quarant’anni, proprio quando era ormai consolidata la sua età adulta, ormai padre da anni. Pare che fosse stata quasi una scelta. Non si capisce bene il motivo. Forse vedeva nell’alcol uno strumento utile a rafforzare il suo potere creativo e dare quindi maggiore prestigio alla sua arte. Anche se pare che quello stile di vita gli costò l’abbandono dell’Università dove veniva chiamato talvolta come visiting lecturer. Divenne inoltre violento con la moglie, naufragò dunque il suo matrimonio. Pare che però dopo il 1977, anno in cui si disintossicò, potè riconciliarsi con la moglie e da lì puntare finalmente al successo che arrivò negli anni ‘80.
Un successo vissuto brevemente, visto che morì nel 1988 a causa di una brutta malattia.
Il ribollire emotivo dell’autore
Ho sempre reputato Carver come uno degli scrittori più interessanti della contemporaneità, proprio per quel suo essere contro-istintivo e al contempo ispirato. Di un’ispirazione quasi medianica. Come se quelle parole estremamente chiare e definite, fossero il frutto di un ribollire emotivo che per scelta l’autore decideva di non riportare sullo scritto. La vita dell’autore è distillata molto finemente nei suoi racconti. Quelli che Carver preferiva a qualsiasi romanzo a cui si dovesse dedicare troppo tempo per la lettura. Racconti sempre brevi ma che al proprio interno presentano mondi. Parole che raccontano quel che non sono capaci di fare pagine e pagine. Una scrittura disciplinata e che trae godimento nella sua abnegazione.
Luca Atzori, laureato in filosofia, ex direttore artistico del Teatro Piccolo Piccolo, Garabato e membro fondatore del Mad Pride di Torino. Drammaturgo, attore, poeta, cantautore. Autore dei libr: Un uomo dagli occhi rotti (Rizomi 2015) Gli Aberranti (Anankelab 2019), Teorema della stupidità (Esemble 2019) Vangelo degli infami (Eretica 2020) e dei dischi Chi si addormenta da solo lenzuola da solo (2017), Mama Roque de Barriera (2019) Insekten (2020) Iperrealismo magico (2020) Almagesto (2021).