È davvero una storia da macchina del tempo ed infinta quella che vi sto per raccontare. Una delle piu’ belle favole che abbia mai letto e soprattutto riscritto, a modo mio. Di un tempo che un po’ ad ognuno di noi, sta facendo paura.
Succede a Bergamo, perché a Bergamo, qualcosa di bello, che faccia rifiorire gli arcobaleni e la speranza doveva accadere. Perché Bergamo, se lo merita. Una lettera fitta di parole d’amore, che fanno piangere e sognare insieme, che riemerge su una strada della città. Chi l’ha lasciata lì, non si sa. Chi l’abbia abbandonata, senza volerlo, per caso o distrazione ci è sconosciuto. Quello che si sa è che è stata riaperta, ancora una volta, sessant’anni dopo la sua spedizione. E salta fuori nel mezzo di una pandemia globale, nella città capoluogo e simbolo della provincia piu’ colpita dalla prima ondata del Covd-19: quella che molti si ricordano per i morti senza funerale, delle paginate ininterrotte di necrologi, della colonna di mezzi militari con a bordo le salme che non ci stavano piu, quella degli striscioni appesi fuori dagli hub Covid ad incoraggiare medici e agli infermieri sempre in prima linea, a far respirare chi non aveva piu’ aria, nè lacrime per piangere. La città dei bigliettini e dei post-it con scritto semplicemente “Andrà tutto bene” perché i bergamaschi, in quelle tre parole, hanno continuato a crederci nonostante tutto. La città dell’infermiera disegnata sulla facciata dell’ospedale Papa Giovanni XXIII e di quello in fiera, generosamente costruito da tantissimi volontari e alpini. Ecco: la lettera d’amore giaceva in terra, su questa terra qui. Quella terra di cui, si è imparato a conoscere troppo poco, e in modo troppo brutale. E invece stavolta, in questa tristezza che vi ho appena ricordato, vi voglio dire che c’è tantissimo altro, per esempio un amore fatto di parole, che dura, nonostante si sia perso tra le strade. Per regalare un po’ di cuore, luce e bellezza, ad una città che ha visto spegnersi tante luci. E tante vite.
Adesso, questa lettera, si trova tra le mani di Alessandra. La quale – a volte il caso – ha pure la passione per la scrittura e per le “cose a terra”.
La data riportata di questa missiva sentimentale e d’amore (ma non troppo sdolcinata) è quella dell’anno 1963. Un anno importante e segnato da tantissimi eventi storici che hanno lasciato un segno in tutto il mondo. Nell’anno in cui muore Papa Giovanni XXIII (pensate la coincidenza? Il Papa di “sotto il monte” in provincia di Bergamo) e viene attentata la vita del presidente degli Stati Uniti d’America John Fitzgerald Kennedy a colpi d’arma da fuoco a Dallas, a novembre, a cavallo tra l’uscita del secondo album dei Beatles e il famoso discorso di Malcom X a nella città piu difficile per odio razziale, Detroit. Accade proprio in quello stesso anno, in quegli stessi sprazzi di vita ed a Bergamo Piero scrive una lettera alla sua adorata moglie Lia. Decide di dedicarle e rinnovarle il suo amore dopo che lei è partita dalla città orobica per raggiungere un’altra città ricca di poesia, musica e storia: Bologna. Sono due neo-sposini. Due persone che hanno scoperto un per sempre che fa sperare anche in chi nell’amore non ci crede piu. Studenti universitari, da quanto si può interendere, e a “solo” 240 km di distanza, il cuore del nostro Piero soffre la lontananza. Una lontananza imposta dagli studi di lei. E cosi scrive:
“Sento la tua mancanza più di quanto pensassi – le scrive -, perché mi sembra che ultimamente ci capissimo più di prima, che fossimo più affiatati”.
Una pagina soltanto scritta fronte e retro. Due facciate ingiallite dal tempo fitte di parole e pensieri delicati e d’amore rivolti a Lia in attesa di riabbracciarla stretta, magari in una stazione ferroviaria, all’ombra di un treno in arrivo nella nebbia di novembre. A febbraio di quest’anno quella lettera firmata, finisce nelle mani giuste. Quelle di una ragazza di 30 anni che sta camminando verso casa di nonna: si chiama Alessandra Giavazzi, bergamasca trasferita per lavoro. Alessandra racconta, il momento del ritrovamento ad un giornale locale così:
“Sono sempre stata attratta da ciò che vedo per terra quando cammino. E’ una curiosità che ho fin da piccola. Quando ho visto quella lettera per un attimo ho pensato a quello che ti insegnano da bambina: mai toccare ciò che è a terra. Ma, avvicinando lo sguardo, la data del timbro era irresistibile”.
Ed ecco che si palesano date, nomi e ricordi di un lontano 10 novembre del 63. Alessandra, decide di aprire la lettera – che è solo richiusa e di sorridere – , dà una sbirciatina fugace, e poi prosegue verso casa della sua nonna.
“L’ho letta insieme a lei.”
Ed è incredibile come un gesto cosi semplice, possa scaturire in qualunque persona, dotata di una sensibilità spigliata, emozioni forti. Leggere l’amore insieme a nonna. Un amore che non si conosce, ma che fa luce, è una delle dichiarazioni piu forti e potenti, mai lette in questo tempo di pandemia. Esattamente, come il ritrovamento, di un amore cosi forte, come quello impresso ad inchiostro su quella lettera.
La lettera scritta da Piero è stata inviata alla dolce metà Lia Previtali. Parole fresche, da innamorati, studenti e sposi.
Siccome non c’è neve lui non andrà a sciare e aspetta lei; “spero tu non sia più triste per l’esame andato male”; “spero che tu non rimanga più di una settimana altrimenti – il tono è scherzoso – te la farei pagare… non ho più la moglie che mi dia la buonanotte e che mi rimbocchi le coperte, è tristissimo non credi?”
Cinquantotto anni dopo la lettera di Piero a Lia finisce lì, abbandonata per strada, per caso. Non si abbandona però l’amore che raccoglie in quel pezzo di carta. Come ci sia finita su quella strada, nel 2021, non è dato saperlo. Si possono solo fare delle ipotesi. Ma sarebbe bello, che venisse restituita a chi l’ha scritta e soprattutto a chi l’ha ricevuta perché per entrambi ha valore inestimabile. Possiamo solo separare che leggendo questi articoli, qualcuno si faccia avanti, cosi come, continuare a credere che Lia e Piero, si diano ancora la buonanotte, con la mano stretta, l’uno nell’altra, ancora, ogni notte.
E ringraziarli per questo bell’esempio d’amore, favola e incanto.
Mi chiamo Alessia, scrivo per difendermi, per proteggermi e per dare una mia visione del mondo, anche se in realtà io, una visuale su tutto quello che accade, non ce l’ho, e probabilmente non l’ho mai avuta. Ho paura di ritrovarmi e preferisco perdermi.
Culturalmente distante dal pensiero comune. Emotivamente sbagliata. Poeticamente scorretta. Fiore di loto, nel sentiero color glicine. Crisantemo all’occorrenza. Ho più paure che scuse. Mi limito a scrivere e leggere la vita. Mi piace abbracciare Biscotto, anche da lontano. Anche se per il mondo di oggi sembra tutto più difficile.
Scrivo per questo magazine da circa un anno. Ho pubblicato anche un libro ( ma non mi va di dire il titolo perché qualcuno penserebbe “pubblicità occulta”). Ho aperto un mio blog personale: “Il Libroletto” dove recensisco libri per passione.