I thriller psicologici sono quel genere di film che appassionano, ma poi lasciano i cosiddetti “strascichi”. Riportano alla mente situazioni vissute nel quotidiano, in forma spesso leggera. Tendono a indurre a comparazioni, associazioni paranoiche. In poche parole incasinano la mente. Molto spesso sono una delle principali fonti di suggestione che vanno poi a incasinare anche i rapporti umani. Di quelle che si diffondono in vari contesti relazionali, professionali, famigliari.
Hanno qualcosa di realistico, perché da un lato ci influenzano, ma dall’altro corrispondono alle nostre vite che spesso hanno un po’ thriller. Emozioni che per quanto sono angosciose, sono forti e dunque alla fine “divertono”.
Ammetto di essere un amante di questo genere di film. Perciò riporto qui sette thriller psicologici che credo sconvolgano abbastanza la mente e che consiglio di guardare a chi preserva l’umore adatto.
Strade perdute di David Lynch
Un film uscito alla fine degli anni novanta e pregno dell’estetica di quel decennio. Con quelle colonne sonore di Trent Reznor e Angelo Badalamenti, e addirittura Marilyn Manson. Un film incentrato su un messaggio misterioso (che a tratti ricorda la lettera rubata di Edgar Allan Poe). Il personaggio di Fred è centrale, e lo è anche la narrazione che segue la sua mente, continuamente destabilizzata da video che riprendono la sua casa e successivamente lui a letto con sua moglie morta squartata. Un film che si muove nell’incomprensibile (il marchio di fabbrica di David Lynch). Infatti Fred a un certo punto diventa Pete, incontra una donna che scopre poi essere sua moglie e il caos narrativo piomba in una scena così romantica da essere parodistica, momento altissimo di cinema, e quel pronunciare “non mi avrai mai” di lei.
Old Boy di Park Chan-wook
Un film capolavoro. Parlo di “Old Boy“, visto al cinema, quando uscì nel 2003. All’epoca mi aveva folgorato. L’avevo trovato un film di una poesia inarrivabile. Un uomo che viene rapito e dopo gli anni di prigionia inizia a tessere la sua vendetta, seppure questo particolare rientri proprio nei piani del suo carnefice.
Questo è uno di quei film che mi hanno portato a riflettere sul concetto di vendetta. Un bisogno talmente umano ma spesso controproducente, autodistruttivo. Il protagonista di Old Boy, infatti è un uomo buono che viene immerso nel male e ne diventa vittima proprio nel momento in cui esercita il suo potere.
Spesso i film orientali lasciano una morale, una rimembranza universale dei nostri sentimenti più antichi e del loro portarci al peggio. Sono catartici in questo.
Funny games di Michael Haneke
Non posso poi non tirare in ballo “Funny Games“ di Michael Haneke. Uscito nel 1997 come il sopracitato Strade Perdute. Due ragazzi apparentemente gentili e imbranati che suonano alla porta di una famiglia chiedendo delle uova. A partire dal primo momento in cui uno dei due le fa cadere, iniziano a susseguirsi una serie di reazioni che conducono i due ragazzi a fare una strage collocandosi dalla parte della ragione, quasi giustificandosi moralmente.
Il film, alla fine, dopo la morte di tutta la famiglia, ricomincia con la richiesta delle uova a una famiglia nuova. Haneke spesso ama tirare in ballo tematiche perverse nei suoi film. In questa trovo che più che la dichiarata intenzione di voler sensibilizzare alla violenza come intrattenimento, come si è voluto dire, io vedo proprio il gioco del potere, anche quello istituzionale che obbliga le vite a scelte che le distruggono. Questo è il gioco incorporato dai due ragazzi. Lo shock è quello del gioco che invade la quiete delle vite. Capita a tutti, a ben pensarci.
American Psycho di Mary Harron
Il romanzo di Bret Easton Ellis mi piace quanto il film che ha ispirato. Parlo di “American Psycho”, interpretato dal mitico Christian Bale, nei panni di Patrick Bateman uno yuppie psicopatico, fan dei Genesis ma in particolare di quelli di Phil Collins e convinto sostenitore delle grandi questioni umanitarie, mosso dall’irrefrenabile bisogno di uccidere squartando e torturando le sue vittime. L’ insospettabile personaggio con l’aspetto del belloccio da copertina dietro cui si cela un mostro. Sicuramente la parte in cui parla dei Genesis è un monumento surreale.
Il Silenzio degli innocenti di Jonathan Demme
Il grande classico del genere è “Il silenzio degli innocenti” . Film famoso fino a diventare leggendario. Una Jodie Foster nel pieno della sua carriera e il grande Antony Hopkins nei panni del malvagio Hannibal Lecter psichiatra cannibale, detenuto in carcere e costretto a collaborare nella ricerca di un criminale che si fa chiamare Buffalo Bill. La cosa interessante di questo film è che Buffalo Bill è un personaggio abbastanza marginale. È centrale la figura del dottor Lecter, la sua mente perversa e patologica e le strategie che Clarice Starling (Jodie Foster) trova per comunicare con lui e ottenere informazioni.
Shining di Stanley Kubrik
Ma se proprio vogliamo toccare un classico, fino a diventare banali, credo non possiamo trascurare “Shining” di Kubrick, tratto dal romanzo di Stephen King. Il famoso momento de il mattino ha l’oro in bocca che segna l’avvenuta metamorfosi nella follia del protagonista Jack Torrance scrittore alcolizzato, diventato guardiano di un Hotel dove dieci anni prima il suo predecessore aveva avuto un esaurimento nervoso simile al suo che lo aveva portato a sterminare la sua famiglia. La sua follia è accompagnata da un superpotere che è quello della luccicanza, una forma di telepatia simile a quella che sperimentano tanti schizofrenici. Jack Nicholson nell’interpretare questo personaggio ha superato sé stesso, incarnando un incubo.
Shutter Island di Martin Scorsese
Concluderei menzionando un film che non ho amato ma che mi ha divertito, e che uso come spunto per parlare di un filone di film che è diventato inflazionato, in cui la storia si rivela alla fine mostrando che tutti i personaggi attorno erano allucinazioni e che il protagonista in realtà era pazzo. Parlo di “Shutter Island” diretto da Scorsese e interpretato da Leonardo di Caprio. È un film davvero ben realizzato, seppure quel tipo di trama dopo Fight Club e A beautiful mind è diventata un po’ ricalcata, e sarebbe bene chiuderla lì.
Luca Atzori, laureato in filosofia, ex direttore artistico del Teatro Piccolo Piccolo, Garabato e membro fondatore del Mad Pride di Torino. Drammaturgo, attore, poeta, cantautore. Autore dei libr: Un uomo dagli occhi rotti (Rizomi 2015) Gli Aberranti (Anankelab 2019), Teorema della stupidità (Esemble 2019) Vangelo degli infami (Eretica 2020) e dei dischi Chi si addormenta da solo lenzuola da solo (2017), Mama Roque de Barriera (2019) Insekten (2020) Iperrealismo magico (2020) Almagesto (2021).