“La Farfalla d’Ombra”: il primo romanzo di Yali Ou Ametistha

La Farfalla d’Ombra è il romanzo di esordio di Yali Ou Ametistha. Edito lo scorso maggio da I.D.E.A. (Immagina Di Essere Altro), viene catalogato come horror fiction, ma se si ha la pazienza di scremare nell’oceano di aggettivi e nomi leziosi, si può trovare una trama che tocca un tema decisamente contemporaneo e privo di merletti.

La protagonista, di nome Yalihta, sembra un’esile fanciulla dai capelli vermigli, gli occhi neri e la pelle diafana, ma ciò che appare è profondamente diverso da ciò che è. Infatti la forza di Yalihta si manifesta dalle prime pagine, quando la ragazza si sottrae a un matrimonio di convenienza organizzato a tavolino dalla sua famiglia, fuggendo senza ripensamenti e venendo ferita quasi mortalmente. Il suo spirito è diverso, capace di osservare e di cogliere quelle sfumature che mettono a nudo la natura di chi la circonda e lei non manca mai di dire con sincerità, spesso inquisitoria, che cosa pensa. Sceglie di vivere una vita fatta di persone vere, appartenenti a classi sociali profondamente diverse purché capaci di essere persone carnali, vere e per questo anche detestabili. Scopre in questo modo la sua passione per il rum e per il vagare senza una reale meta, la necessità di sentirsi libera, e sembra essere una donna capace di scegliere.

Il dramma di essere stata cresciuta come donna in un sistema patriarcale la porta a percorre una vita da donna indipendente in tutto, tranne che dall’avere relazioni tossiche e restrittive sempre più morbose ed edulcoranti. Per ben cinquecento pagine Yalihta prova a salvarsi da se stessa ed è lei che di suo pugno elenca quella serie di insegnamenti sbagliati, destinati a rovinarle la vita, mentre si lascia trasportare dalla nostalgia fraterna: “Mi mancava il primo uomo che non mi aveva mai trattata come facevano tutti gli altri, e cioè come l’appendice del maschio, la potenziale canestra atta a contenere gli eredi, un essere privo di intelletto e sicuramente povero di parola. Le donne erano questo e molto meno ancora”.

Ci si trova davanti a situazioni paradossali che portano tanto la protagonista quanto i suoi compagni all’insoddisfazione poiché se è vero che questi sembrano ottenere ciò che vogliono, la mutilazione della tenacia porta ad un Yalihta incompletaL’essere se stessi solo a metà, se si rimane intrappolati, è un concetto che viene suggerito tanto al lettore quanto alla protagonista molte volte, ma credo che il modo più giusto per esprimere questa sensazione sia attraverso le parole dell’autrice: “Trovai al centro della sala che occupava quasi tutto il piano: i resti di un’enorme carrozza, pareva la carcassa di un antico mostro sconfitto. Con ancora la portiera attaccata alle cerniere, spiccava nel suo blu lacca incrostato. Anche i sedili, all’interno, erano del medesimo colore. L’altro fianco invece mancava quasi completamente”.

Sono queste le significative parole che Yali Ou Ametistha sceglie per descrivere una zona della casa di Yalihta e che, trasportati dalla lettura, portano ad aprire una piccola finestra di introspezione verso noi stessi. Devo però ammettere di avere detestato Yalihta praticamente per tutto il romanzo: tutte le sue esperienza sentimentali la portano a vivere una dimensione di sudditanza e di subordinazione all’uomo che venera, e più questo si rivela essere enigmatico e prevaricatore più la sua ubbidienza diventa devozionale. Detestabile anche il modo in cui riesce a farti innamorare con lei di ogni sfumatura dei compagni, dai quali si lascia attraversare perché descritti in modo così impeccabile da rendere quasi palpabile quel fascino ipnotico e conturbante delle anime misteriose.

In conclusione direi che ci sono due modi per leggere questo romanzo: il primo è una lettura all’acqua di rose per provare l’ebrezza di immedesimarsi in una donna tormentata che nel cuore brama di diventare una vampiraL’altro è quello di confronto con una donna che incarna: la fragilità, i sogni, la forza e ciò che ha paura di desiderare. Con un femminile che ancora oggi si trova a lottare contro ciò che è e ciò che il mondo vuole che sia.