La vita travagliata di Tina Modotti (1896-1942) non le ha impedito di ricercare attraverso la fotografia la vita reale e la voglia di libertà, di uguaglianza e di valori umani che da sempre hanno caratterizzato il suo lavoro e la sua sensibilità.
Da Udine, sua città natale, all’Austria, la Russia, sino al Messico postrivoluzionario, passando per gli Stati Uniti dove avrà anche alcune fortunate parti in tre film nella nascente industria hollywoodiana. Ma lo spirito ribelle e anticonformista di Tina la porterà a rifiutare le regole del mondo cinematografico e l’incontro con il fotografo Edward Weston (1886-1958), di cui sarà musa e amante, farà sbocciare in lei la vera vocazione: utilizzare la fotografia quale denuncia sociale e appassionata ricerca della libertà non solo espressiva.
La infastidiva sentire la parola “arte” riferita ai suoi scatti fotografici, si definiva solo una fotografa ed era la realtà che la interessava principalmente, la realtà pura e semplice, senza trucchi o sessioni di posa. Come l’esistenza del popolo messicano, da lei tanto ritratto, umile e fiero, le sue istanze e la lotta politica portata avanti anche tra mille difficoltà di vita. Ma l’intensità, la capacità di cogliere espressioni e situazioni e la professionalità che ha manifestato nelle sue opere, le hanno valso, anche se per certi versi tardivo, il giusto riconoscimento quale una delle maggiori professioniste dell’obbiettivo e dell’attivismo politico della prima metà del secolo scorso.
La mostra
Le sale di Palazzo Pallavicini a Bologna ospitano ora, sino al 16 febbraio 2025, una grande esposizione dedicata a Tina Modotti. Circa 120 opere e vari documenti, articolati in sei sezioni che raccontano le vicende umane e professionali di questa donna indipendente e originale.
La mostra è organizzata e realizzata da Chiara Campagnoli, Deborah Petroni e Rubens Fogacci della Pallavicini s.r.l., unitamente al Comitato Tina Modotti, ed è curata da Francesca Bogliolo.
Dopo aver seguito studi artistici si interessa appassionatamente ad approfondire i meccanismi e l’evolversi della storia dell’arte contemporanea.
Proprio in qualità di critico d’arte e corrispondente, negli anni ’80 e ’90, ha firmato saggi e recensioni per alcuni dei maggiori periodici del settore, tra i quali: Terzoocchio delle edizioni Bora di Bologna, Flash Art di Milano Julier di Trieste ed il genovese ExArte .
Inoltre affiancherà attivamente come consulente la famosa galleria d’Arte avanguardistica Fluxia durante tutto il periodo della sua esistenza.
Ha partecipato all’organizzazione di numerosi eventi, tra i quali l’anniversario del centenario dell’Istituto d’Arte di Chiavari e la commemorazione del trentennale della morte del poeta Camillo Sbarbaro a S. Margherita L.
Nel 2010 pubblica il suo primo romanzo: “La strana faccenda di via Beatrice D’Este”, un giallo fantasioso e “intimista”.
Nel 2018 pubblica il fantasy storico “Tiwanaku La Leggenda” ispirato alla storia ed alle leggende delle Ande pre-incaiche.
Attualmente collabora con alcuni blog e riviste on-line come “Chili di libri, “Accademia della scrittura”,
“Emozioni imperfette”, “L’artefatto”,” Read il magazine” e “Hermes Magazine” occupandosi ancora di critica d’arte e di recensioni letterarie.