Quando si parla di arte si fa riferimento nello specifico a quella visiva. Ci sono tante arti, quella letteraria, quella drammatica, quella cinematografica, ma la Storia dell’arte si riferisce nello specifico alla pittura, la scultura, la videoarte e simili.
Se si fa poi riferimento all’arte contemporanea si pensa a quelle correnti che dalla fine dell’Ottocento hanno puntato sull’innovazione. Arti che non cercavano più una raffigurazione del mondo, perché ormai soppiantate dalle nuove tecnologie fotografiche e video, capaci di rappresentare in maniera esatta il mondo. Così che nell’arte contemporanea ciò che viene posto in risalto è l’interiorità dell’artista. Il suo mondo interiore che finalmente può essere espresso, deformato, a volte realistico nel suo raffigurare un paesaggio onirico.
Se poi pensiamo all’arte contemporanea italiana il campo si restringe ancora.
Paesaggio urbano – Mario Sironi
La prima opera che mi viene in mente è Paesaggio urbano del 1940 di Mario Sironi, conservato alla pinacoteca di Brera. Un dipinto in cui emergono due edifici industriali, divisi da binari. Un’ambientazione periferica da cui traspaiono l’abbandono e una solitudine che pervade l’osservatore, che immedesimandosi sente riempire un vuoto, a tratti confortante perché privilegiato nel contemplare un luogo che ha funzione legata al lavoro. Sembra che Sironi voglia, in questa opera mostrare un sentimento di contingenza. Una natura rovesciata. Un panorama urbano che è l’accettazione di quel che è diventata la nostra stessa terra, funzionale alla nostra produttività.
Piazza d’Italia – Giorgio de Chirico
Di Giorgio de Chirico mi viene in mente, invece Piazza d’Italia del 1952. Anche in quest’opera appare un elemento industriale, nello speficio una ciminiera, accostata sulla linea di un binario su cui cammina un treno. Due uomini che camminano e una statua di Arianna addormentata. Pare che la città rappresentata sia Torino, città che conosco bene in quanto ci vivo. Sembra che quella statua, raffigurante un personaggio noto per essere associato a un mito labirintico, si sia finalmente arresa davanti alla sospensione del tempo. E sembra che questa sospensione avvenga proprio al centro di quel tempo che continua a scorrere, vero labirinto quella Storia che cerca una via di fuga nel movimento, mentre è nella staticità che Arianna ha trovato la sua risposta.
Testa di tigre – Antonio Ligabue
Poi c’è Antonio Ligabue, artista commovente. Di lui mi viene in mente la Testa di tigre del 1956. Non c’è tanto da dire su quest’opera se non un’impressione che mi porta, del tutto soggettiva. Ovvero mi sembra che sia una forma di autoritratto che Ligabue fece. Come a voler comunicare quell’interiorità che lui vedeva tanto soffocata a causa della sua follia. Un artista così geniale e insieme così invalidato dal linguaggio ai gesti. Ligabue è l’essenza dell’arte, come fuoco che non guarda in faccia a nessuno e che costringe a far emergere quella tigre che è insieme un dono e una condanna.
I funerali di Togliatti – Renato Gattuso
Diverso è il caso di Renato Guttuso e la sua rappresentazione de I funerali di Togliatti, del 1972, esposto a Bologna. Bandiere rosse e volti bianchi tra cui si vedono comparire Picasso e Stalin. Un’opera completamente immersa nel contesto storico di lotta. Un artista che ho scoperto da ragazzino in casa di una famiglia “borghese” di Torino che possiede una delle sue opere. Quel che mi ha sempre suscitato questo artista è una lieve antipatia dovuta al pensiero che quelle lotte siano di proprietà dei padroni, e le opere ne sono una metafora materiale. Ciò nonostante, come spesso mi accade, all’antipatia associo anche il fascino.
Il personaggio urlante – Enrico Baj
Ma un artista che sempre ho scoperto da giovanissimo e mi ha esaltato è Enrico Baj. L’ho scoperto leggendo una poesia di Edoardo Sanguineti a lui dedicata. Il personaggio urlante del 1964, è fuori da ogni cronologia. È oltre le ideologie. Sembra un mostro, un mutante. Sembra una maschera africana. Il suo sguardo è proiettato verso un futuro apocalittico. È un “ultimo uomo”. C’è del mistico in quest’opera. Ma c’è anche del concreto. Niente di fantasmagorico. È un sogno patafisico, una fantascienza primitiva. È un ritorno al rupestre. È parietale.
Le attese – Lucio Fontana
E poi non hanno data le attese di Lucio Fontana. Le “attese” rappresentano uno spazio che si apre alla creazione, e non il creato come qualcosa di determinato. Caravaggio, ad esempio, portava il proprio sguardo sulle situazioni più abiette, portandole al raccoglimento della rappresentazione, tramite la luce che segna la traccia. Si potrebbe dire che le “attese” di Fontana siano una versione contemporanea delle opere di Caravaggio, in quanto in esse la luce sola si mostra, portando l’occhio a prestare lo sguardo alla realtà come irregolare, vivente, ma non più mediata nel rappresentato.
Charlie don’t surf – Maurizio Cattelan
Maurizio Cattelan è uno degli artisti più contemporanei, e insieme uno dei più bistrattati. Viene criticato per il suo essere emblematico di quell’arte cialtrona che provoca per fare i soldi. E devo dire che è un artista che io adoro. Quando al Castello di Rivoli ho visto Charlie don’t surf del 1997, sono rimasto davvero colpito dall’esattezza con cui il personaggio (che ha i tratti simili a quelli dell’artista) seduto sul banco con le mani conficcate da matite, si stagli nella stanza in un punto esatto che ti porta a pensare che sia reale. Un artista che con le sue sculture iperrealistiche e il senso di spavento che trasmettono, dimostra che ancora la nostra attenzione può essere richiamata da una scelta visiva. Perché quella di Cattelan è arte visiva, a tutti gli effetti. È l’arte visiva che si poggia nello spazio e nel tempo. E che vibra nella critica di chi crede che l’artista abbia un ruolo morale contro il mercato. Cattelan riesce a infastidirmi solo quando si giustifica sostenendo che la sua arte protesta e blabla. Meglio guardare le sue opere che sono più sincere.
Maseratirundum – Luca Pancrazzi
Di Luca Pancrazzi trovo molto interessante l’opera chiamata Maseratirundum del 2005. Una vera e propria Maserati ricoperta di pezzi di vetro. Un richiamo all’inorganico che cresce come un muschio organico sulla superficie dell’inorganica automobile. Ma anche bella per il suo semplice effetto visivo. Infatti la Maserati sembra dipinta, sbiadita come in una foto. Un dipinto mobile. La promessa di un’arte che si muove nella nostra realtà. In questo simile a Cattelan.
Cosimo Cavallo
E voglio concludere con un omaggio a un artista a cui voglio davvero bene. Una persona che è un amico e si chiama Cosimo Cavallo. Un artista conosciuto a Torino, ma anche nel resto d’Italia e di cui le opere sono esposte a New York. Tutti lo conoscono perché anni fa gridava per la strada, in preda a una strana follia che ho avuto modo di raccontare in un’opera a lui dedicata intitolata Un uomo dagli occhi rotti del 2014. I suoi volti disegnati a biro, i pianeti, gli alieni sono ormai entrati nell’immaginario di tutti noi torinesi. Per fortuna Cosimo ora sta molto meglio e vive in una comunità e io spero tanto che il suo nome resti come esempio di vero artista italiano contemporaneo.
Luca Atzori, laureato in filosofia, ex direttore artistico del Teatro Piccolo Piccolo, Garabato e membro fondatore del Mad Pride di Torino. Drammaturgo, attore, poeta, cantautore. Autore dei libr: Un uomo dagli occhi rotti (Rizomi 2015) Gli Aberranti (Anankelab 2019), Teorema della stupidità (Esemble 2019) Vangelo degli infami (Eretica 2020) e dei dischi Chi si addormenta da solo lenzuola da solo (2017), Mama Roque de Barriera (2019) Insekten (2020) Iperrealismo magico (2020) Almagesto (2021).